Il costo del denaro scende ancora: il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Banca centrale europea. Le posizioni di Francoforte e Washington si disallineano, dopo che la Fed americana ha deciso di non tagliare i tassi. Una decisione che il Presidente Usa Donald Trump non ha gradito.
I tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2,75%, al 2,90% e al 3,15%, con effetto dal 5 febbraio.
La decisione di ridurre il tasso sui depositi, sottolinea la banca centrale “scaturisce dalla valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria”.
Bce, in arrivo altri tagli
La mossa della Bce, nell’ottica dell’allentamento monetario iniziato qualche mese fa, era ampiamente attesa. La previsione degli analisti è di altri tagli fino a giugno, motivati da una parte dall’inflazione in discesa e dall’altra dalle preoccupazioni per la crescita economica. “La BCE potrebbe dover prolungare il proprio ciclo di tagli fino alla seconda metà dell’anno qualora le prospettive di crescita dovessero ulteriormente deteriorarsi”, dice Simon Dangoor, Head of Fixed Income Macro strategies di Goldman Sachs Asset Management.
Le preoccupazioni sul Pil
Non è escluso che oltre a prolungare il periodo di allentamento Francoforte possa decidere anche di aumentare l’entità dei singoli tagli, optando per il mezzo punto percentuale nelle prossime riunioni e facendo fronte a una crescita economica sempre più lenta: secondo l’Eurostat il Pil dell’Eurozona è cresciuto dello 0,7% nel 2024, con una crescita zero nel quarto trimestre.
Secondo le stime provvisorie dell’Istat per l’Italia, che esce dal 2024 con un +0,5% di Pil (dimezzato rispetto alle aspettative contenute nel Psb del Governo) che non è cresciuto negli ultimi 6 mesi dell’anno, la variazione acquisita per il 2025 sarà nulla. Numeri preoccupanti anche per l’Europa, che non è cresciuta negli ultimi tre mesi dell’anno e che vede i suoi giganti in difficoltà, come la Germania: il 2024 è un anno di recessione come lo era stato il 2023.
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L’inflazione secondo la Bce
Secondo la banca centrale il processo disinflazionistico è ben avviato.
“L’inflazione ha continuato a evolvere sostanzialmente in linea con le proiezioni dei nostri esperti e dovrebbe tornare all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine nel corso dell’anno. Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo”.
Per la Bce l’inflazione interna resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo. La crescita delle retribuzioni si sta però moderando secondo le attese e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione.
I riflessi sui mutui
Le recenti riduzioni dei tassi di interesse decise dal Consiglio direttivo rendono gradualmente meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie. “Al tempo stesso, le condizioni di finanziamento continuano a essere rigide, anche perché la politica monetaria rimane restrittiva e i passati rialzi dei tassi di interesse si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere”; alcuni prestiti in scadenza sono quindi rinnovati a tassi più elevati.
Le conseguenze sulla crescita
L’economia sta ancora affrontando circostanze avverse, ma l’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti della politica monetaria restrittiva dovrebbero sostenere una crescita della domanda nel corso nel tempo.
Le prossime decisioni
Sulle prossime mosse della Bce, Francoforte ripete la classica formula dell’approccio “guidato dai dati”, in base al quale le decisioni vengono adottate a ogni riunione.