I numeri parlano chiaro: le donne continuano ad essere ampiamente sottorappresentate nelle posizioni di leadership aziendale. In Italia, nel 2024 – guardando alle grandi società quotate in Borsa – solo il 2,9% degli amministratori delegati è donna, a fronte di una media europea del 7,8%.
E le disparità restano enormi anche tra i direttori d’azienda: il nostro Paese si colloca nelle posizioni di coda della graduatoria Ue, con il 15,6% dei dirigenti donna contro una media del 22,7%. L’unica nota positiva viene dai Cda delle aziende quotate, dove grazie agli interventi normativi si è consolidato l’equilibrio di genere (e qui il valore italiano sulla presenza femminile nel 2023 supera quello europeo, attestandosi sul 43,1% a fronte del 34,2%). A fotografare la situazione è il rapporto Cnel-Istat ‘Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità’, presentato a Roma.
Meno del 30% delle imprese è guidato da donne
Nonostante l’occupazione femminile sia in crescita – l’incremento nel periodo 2008-2024 è di 6,4 punti – negli ultimi anni questo dato positivo ha riguardato soprattutto le professioni già tradizionalmente svolte dalle donne, cioè quelle legate ad attività domestiche, ricreative e culturali. Il settore dell’imprenditoria racconta un’altra storia: quasi 7 imprese su 10 sono di proprietà maschile (il 69,6%), mentre quelle paritarie rappresentano una componente del tutto residuale che si attesta sull’1,6%.
Le imprese femminili sono poi mediamente più giovani: il 41,6% ha al massimo 5 anni di vita, a fronte del 34% di quelle degli uomini. E rispetti ai colleghi sono più giovani anche le imprenditrici: una cospicua componente under 35 abbassa l’età media a 49 anni contro i 52 di quella maschile. Guardando ai settori di attività economica, meno di un’impresa su cinque del comparto Industria (19,2%) è a guida femminile, mentre si arriva a un terzo nel comparto dei Servizi (33,2%).
Il soffitto di cristallo non si è ancora frantumato
Che si guardi alle posizioni di rappresentanza politica e ai vertici delle istituzioni o alle posizioni apicali del contesto lavorativo – sia pubblico che privato – quella del soffitto di cristallo continua ad essere una realtà. La presenza di donne competenti nelle diverse professioni sta infatti crescendo, ma a questo non segue riconoscimento sufficiente nei luoghi decisionali. E così non si raggiungono le posizioni di vertice, dando luogo a una segregazione, appunto, verticale.
Nonostante l’Italia sia uno dei pochi Paesi europei con un presidente del Consiglio donna – così come la leader del principale partito d’opposizione – solo una quota minoritaria dei seggi in Parlamento è al femminile. Nel 2023, le parlamentari italiani erano il 33,6%: un valore in linea con la media Ue27 del 33,2%, ma lontano da quella dei Paesi nordici.
E si pone su livelli ancora più bassi la presenza femminile nelle funzioni governative: 29,7% a fronte del 35,2% della media europea. Se tra i magistrati ordinari le donne rappresentano invece la maggioranza (58,6% a marzo 2024), e tra i magistrati con ruoli semidirettivi la composizione di genere si aggira intorno all’area della perfetta parità (con il 46,4% di donne), le cose cambiano, e di molto, tra i magistrati con ruoli direttivi, dove le donne si fermano al 28,8%. E lo stesso può dirsi del settore sanità.
La distanza con l’Europa
Sebbene quella legata al tasso di crescita dell’occupazione femminile generale sia una dinamica positiva per le donne italiane – le occupate sono in tutto 10 milioni – guardando ai dati europei rimane poco di cui gioire. Il divario è ampio.
Nel terzo trimestre del 2024 il tasso di occupazione delle donne in Italia risulta infatti inferiore di 12,6 punti alla media Ue e rimanene il più basso tra i Ventisette. Peraltro, la distanza dalla maggior parte dei Paesi è alta: in quattro l’indicatore è oltre venti punti superiore a quello italiano, dai Paesi Bassi (+25,2 punti) alla Finlandia (+20,1 punti); in dodici è maggiore di almeno quindici punti; in altri sei di almeno dieci punti e, infine, in Spagna è di 8 punti più elevato. Meno distanti soltanto la Romania e la Grecia.