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Una fusione nucleare tutta europea nel 2031: intervista al Ceo (italiano) di Proxima Fusion

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Velasco25 Articolo

Qualche mese fa, in un famoso articolo del Financial Times, Ian Hogarth (capo dell’Ai safety institute dell’Uk e investitore di venture capital) si è chiesto se l’Europa sarà mai in grado di produrre un’azienda da un trilione di dollari, al pari delle Big Tech Usa. In quell’articolo veniva citata direttamente Proxima Fusion, la startup tedesca (che preferisce definirsi europea, e nella quale Hogarth ha investito 7 mln) che punta alla fusione nucleare commerciale in pochi anni. È stata fondata da due italiani, due tedeschi e un britannico. Il Ceo è uno degli italiani: Francesco Sciortino.

Gli chiediamo se, come Gene Wilder in Frankenstein Junior, abbia mai strillato “Si-può-fare!” mentre lavorava alla sua creatura. “Si può fare, di sicuro!”, risponde ridendo. “Ma far partire un’azienda come questa non prevede un piano dettagliato decennale. Il partito comunista cinese riesce a fare piani per 5 anni. Dire che noi riusciamo a farlo per 10 sarebbe arroganza oltre i limiti dell’accettabile”.

Eppure mesi prima di fondare Proxima, Sciortino sapeva già che la strada scelta per la fusione nucleare era quella giusta. Ne è profondamente convinto anche mentre lo intervistiamo: l’ingegnere italiano (che si è formato tra Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Mit, Imperial college di Londra e Max Planck institute) pensa di avere un mano la risposta ai problemi energetici dell’umanità.

Il reattore per la fusione nucleare di Proxima Fusion

L’azienda, spin-out del Max Planck Institute for Plasma Physics, sta lavorando a un reattore a fusione nucleare basato su stellarator. Il loro approccio è stato descritto in uno studio peer-reviewed pubblicato su Fusion Engineering and Design, e ha mostrato che un reattore commerciale per la fusione nucleare effettivamente si potrebbe fare in tempi brevi. Era questa la prima grande tappa della storia di Proxima Fusion. Dopo questo studio, dice Sciortino, “nessuno dovrebbe avere più il dubbio che la strada giusta verso la fusione sono gli stellarator”, e non quindi i tokamak, come quelli usati nel progetto Iter in Francia.

Stellaris, il reattore al centro dello studio, si basa sui risultati record dell’esperimento di ricerca Wendelstein 7-X (W7-X) in Germania, il prototipo di stellarator QI più avanzato al mondo, diretto dal Max Planck Institute for Plasma Physics (IPP) e frutto di un finanziamento di oltre 1,3 miliardi di euro da parte del governo federale tedesco e dell’Unione Europea. Prima di sviluppare il primo stellarator commerciale in grado di produrre energia netta in operazione continua, l’obiettivo è realizzare entro il 2031 una macchina sperimentale chiamata Alpha, il primo passo verso una centrale a fusione operativa.

Ora però rimangono parecchie sfide ingegneristiche (e finanziarie) da affrontare.

L’intervista a Francesco Sciortino

Per voi si avvicina un nuovo fundraising: lo farete entro fine anno? Che cifra avete in mente?

Purtroppo non posso condividere tutti i dettagli, ma posso dirti che entro quest’anno saremo nel ‘prossimo ordine di grandezza’ dal punto di vista del capitale raccolto.

Quindi sommando i vecchi round con il prossimo, entriamo nell’ordine delle centinaia di milioni?

Sì.

La trillion dollar company europea sarete voi?

Ci contiamo (ride, ndr). Ma non è un vero obiettivo creare quel tipo di azienda, è una ‘vanity metric’. L’importante è cosa costruiamo con quello che raccogliamo e quale impatto avrà. L’obiettivo più ragionevole per l’Europa è avere varie aziende europee sopra i 100 miliardi. Al momento credo che Spotify sia la prima compagnia venture capital-backed ad aver superato quella cifra. Ma la nostra missione è ben diversa: creare energia illimitata e pulita con la fusione. Se riusciamo a fare quello di cui stiamo parlando, traguardi del genere non sono così importanti, e non sono neanche così complessi. Parliamo della prossima fase dell’evoluzione umana, e questa non è una cosa quantificabile. Per ora, comunque, testa bassa e andiamo avanti. Ci concentriamo sul lavoro.

Proxima Fusion, la roadmap

Qual è il vostro percorso finanziario al 2031, anno chiave della vostra roadmap ?

Il progetto Alpha è una macchina che produce energia netta in steady state, con la capacità di operazione continua e dove testare tutte le tecnologie che verranno poi impiegate in un reattore un po’ più grande. Puntiamo a rendere operativo Alpha entro fine 2031. Per arrivarci serve circa un miliardo, in parte soldi pubblici e in parte privati (questo è in fase di determinazione). La componente chiave è un magnete che costa circa 50 milioni. Stiamo già lavorando a piena velocità su questo, non stiamo aspettando ulteriori fondi. Il magnete è la chiave di tutto.

Quali sono le tempistiche per il magnete?

Entro fine 2027 dimostreremo la realizzabilità di questo magnete superconduttore ad alta temperatura, Hts. La sperimentazione consiste nel farlo andare a piena potenza. Stiamo lavorando nei nostri laboratori a Monaco inaugurato la settimana scorsa e al Paul Scherrer Institute  in Svizzera, uno dei gruppi chiave sulla ricerca sui magneti per il Cern.

 

“Non puoi fregare i tuoi compagni di squadra”

Quanto del vostro lavoro attuale è software e quanto hardware?

Al momento è 50-50, ma l’hardware diventerà sempre più visibile: al momento il mondo non vede esattamente tutto quello che stiamo costruendo e questo è normale per un’azienda privata. Abbiamo un approccio di “simulation-driven engineering”: tutta la nostra ingegneria viene prima simulata e interconnessa su cloud. Per questo contiamo di chiudere sul design più rapidamente di chiunque altro. Abbiamo investito per un anno si questo sistema di metodi di simulazione integrati. Uno dei miei cofondatori, Martin, viene da Google e da Google X, e ha portato un modo di lavorare per disegnare hardware con simulazioni integrate applicandole al problema di hardware probabilmente più complesso al mondo (e più importante per l’umanità), in cui una piccola differenza può risultare in differenze sostanziali di costo, di tempi di costruzione e così via.

Quanti siete oggi? Quanto è difficile attrarre i talenti necessari?

Siamo partiti in 5, oggi siamo 75. La sfida principale non è economica, ma trovare le persone giuste, le persone con eccellenza tecnica e allineamento culturale sulla missione della startup. Possiamo andare molto più veloci quando le persone si capiscono, quando non c’è arroganza. Siamo più severi di Mit e Harvard, abbiamo un tasso di accettazione inferiore allo 0.5%. Accettiamo meno di una candidatura su 200, e forse dopo il paper ancora meno. Ai dipendenti però offriamo equity, questo sì, per creare un senso di co-ownership. Non si può andare a costruire un qualcosa così complesso, un viaggio così lungo, pensando di fregare i propri compagni di squadra.

I finanziamenti

Qual è il rapporto tra finanziamenti pubblici e privati in Proxima fusion?

Anche qui siamo circa al 50-50. Abbiamo raccolto 7 milioni e mezzo in un round di pre-seed, poi 20 milioni in Seed. Poi abbiamo ricevuto un grant di 10 milioni per lavorare con il Max Planck dal governo tedesco e successivamente altri fondi, come i 15 milioni di investimento più 2,5 di grant dall’European innovation council. Siamo tra i 30 e i 40 mln di fondi pubblici.

In questo momento sulla fusione nucleare in Europa ci sono due approcci principali: quello tramite stellarator, come il vostro, e quello tramite tokamak, come nel caso di Iter in Francia. A differenza dei tokamak gli stellarator sarebbero più stabili e potenzialmente in grado di operare in modalità continua, senza interruzioni. ITER, un esperimento sulla fusione gigantesco ma che ha subito diversi ritardi, è un concorrente dei progetti privati?

ITER è un progetto di pace, nato da un accordo tra Reagan e Gorbaciov, e ottimizzato per la cooperazione internazionale, non per essere veloce o economico. Noi stiamo costruendo qualcosa di diverso: vogliamo portare la fusione commerciale il prima possibile. Non credo dovrebbe essere una sorpresa se le startup vanno più veloce di Iter. Sfruttiamo però le conoscenze e la supply chain sviluppate da ITER: chi produce materiali per l’interno della camera a vuoto di uno stellarator o di un tokamak è stato finanziato da contratti con Iter e progetti pubblici. La fusione è in quel gap tra pubblico e privato in cui stiamo cercando di accelerare con queste partnership pubblico privato. Bisogna sfruttare il fatto che l’Europa ha questa ricchezza di ricerca pubblica, altrimenti dobbiamo reinventare tutto da zero.

Il ruolo dell’Italia

Tra i nomi principali del settore in Italia ci sono Simic, Ansaldo Nucleare, Malacalza…

Diciamo che ci conosciamo tutti, non lavoriamo necessariamente con tutti.

Simic, i ‘meccanici’ italiani della fusione nucleare

Quanto c’è di italiano nella tua storia e in quella di Proxima Fusion?

Credo che i tedeschi abbiano superato gli italiani in numero solo recentemente, abbiamo da sempre una forte presenza italiana. Ma ci consideriamo una compagnia pienamente europea. Tra i cofondatori ci sono due italiani, due tedeschi e un britannico. E la nostra supply chain è ben suddivisa tra Germania, Francia e Italia. E proprio l’Italia è tra i migliori nella meccanica della fusione, le aziende che hai menzionato sono molto forti. Proxima non è un’impresa solo tedesca, è europea. Siamo partiti in Germania per partire dall’istituto nazionale tedesco con focus su stellarator, ma la nostra identità è europea, e lo sarà per sempre. Quindi quando qualcuno chiede, ma andrete negli Stati Uniti? Scapperete a San Francisco?’, a risposta è banale: che cosa andiamo a fare a San Francisco? Non siamo una compagnia di software, stiamo costruendo cose basate su una supply chain, su delle partnership con istituti pubblici. Non siamo esattamente il tipo di startup che cerca di rincorrere i soldi. Però chiaramente cerchiamo investitori negli Stati Uniti. Ma Proxima resterà in Europa fino all’ultimo dei suoi giorni.

Con quali istituti pubblici collaborate? La parte di ricerca e sviluppo è ‘finita’?

Principalmente con il Max Planck Institute per la fisica dei plasmi, il Paul Scherrer Institute per i magneti, e la UK Atomic Energy Authority, l’istituto di fusione britannico, per l’ingegneria degli stellarator. Abbiamo anche buone interazioni con altri laboratori nazionali europei.

C’è anche Enea?

Con Enea ci conosciamo molto bene.

Francesco Sciortino, Ceo di Proxima Fusion, è originario di Viterbo, con una laurea in fisica conseguita a Londra e un dottorato al MIT di Boston.
Francesco Sciortino, Ceo di Proxima Fusion, è originario di Viterbo, con una laurea in fisica conseguita a Londra e un dottorato al MIT di Boston. Nella foto in evidenza insieme a lui ci sono Lucio Milanese (COO), Martin Kubie (proveniente da Google-X), Jonathan Schilling e Jorrit Lion.

Cosa serve all’Europa

Perché una authority in Uk?

Semplicemente perché sanno come lavorare con le startup. Non credo che ci sia nessun altro in Europa che lavora come loro, anzi il loro approccio al settore privato spesso non viene considerato consono a un ente di ricerca, perché loro cercano con forza le startup. Ma è proprio quello che serve. Poche chiacchiere, tanti fatti.

Questo è quell’anello di giunzione mancante tra università e imprese? Qual è il problema culturale in Europa riguardo ricerca e innovazione?

C’è una tendenza a lamentarsi piuttosto che agire, ce lo ha ricordato il report Draghi. I laboratori nazionali devono trovare nuovi modi di contribuire alla competitività, non solo attraverso pubblicazioni. Non vogliamo creare startup senza senso, servono campioni per competere con americani e cinesi. I ricercatori che lavorano solo nel pubblico vanno benissimo, anche mio padre era un ricercatore Enea. Non è che possiamo tutti andare nelle startup. Dobbiamo riconoscere quali ricerche devono avere un impatto sulla commercializzazione, altrimenti rischiamo di essere sempre più colonizzati tecnologicamente.

L’approccio open source

Una ricerca che abbia impatto quindi: per questo avete scelto l’approccio open source?

Crediamo che la scienza non possa essere privatizzata, serve un processo di peer review e apertura sulla parte di ricerca e sviluppo. Abbiamo rilasciato un codice chiamato VMEC++ che sta avendo un ottimo impatto nel settore, dopo un mese è il codice più utilizzato per fli stellarator. L’ingegneria invece deve essere più attentamente controllata perché costruisce il valore dell’azienda.

Quali sono le sfide più grandi che affrontate?

I magneti e la tecnologia legata al trizio sono le sfide principali. Stiamo affrontando direttamente la sfida dei magneti, mentre per il trizio contiamo su vari partner nell’ecosistema. Non è vero che la stiamo sottovalutando: per andare a fare una centrale a fusione commerciale sarà fondamentale che tutto l’ecosistema ci lavori. Non abbiamo interesse a fare tutto da soli.

Il ruolo della fusione nucleare

Quale sarà il ruolo della fusione nucleare nel mix energetico europeo?

Negli anni ’30 avremo la prima centrale dimostrativa. L’obiettivo è avere un impatto sostanziale entro il 2045-2050, costruendo centinaia di centrali. Non possiamo illudere nessuno che riusciremo a costruire molte centrali già negli anni ’30.

Quanto costerà la prima centrale? Qual è il vostro obiettivo di costo per kilowattora?

La stima viene fatta dai nostri codici, e per il momento va precisato che è solo un obiettivo. Ma il nostro target è 5 centesimi per kilowattora in operazione continua, che sarebbe molto attraente. Ma è un obiettivo, ripeto, non una stima certa. La realizzazione di Alpha richiederà circa un miliardo, quella della prima centrale commerciale richiederà tra i 3 e i 5 miliardi di euro, con l’obiettivo di produrre energia a un costo inferiore ai 5 centesimi per kWh in modalità baseload.

Che ruolo ha l’intelligenza artificiale nel vostro lavoro?

Stiamo utilizzando l’AI per disegnare Alpha. Abbiamo un investimento sostanziale in questo campo e siamo anche finanziati dal governo tedesco per l’AI applicata all’ingegneria della fusione. L’intelligenza artificiale sta anche spingendo la richiesta di più potenza computazionale, evidenziando la necessità di nuove fonti di energia come la fusione. Sappiamo qual è la direzione, dobbiamo abbiamo bisogno della fusione per dare potenza nei prossimi 5 anni, 10 anni.

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