Vinitaly 2025 sfida i dazi americani e rilancia, con oltre 4mila aziende, operatori da 140 Paesi, 18 padiglioni e 1200 top buyer accreditati. Tra questi, 3mila operatori e 120 top buyer statunitensi nonostante il 20% d’imposta applicato da Trump anche sui vini.
“Mettiamo a disposizione delle organizzazioni la piattaforma di Vinitaly per facilitare eventuali accordi diretti tra imprese, associazioni italiane e importatori-distributori del nostro primo mercato di destinazione extra Ue”, ha detto ad Ansa Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere all’ufficializzazione del balzello e alla vigilia della 57esima edizione della rassegna, in programma a Verona dal 6 al 9 aprile con due focus: attese del mercato e tecnologie 0.0.
Esordisce inoltre Vinitaly Tourism, spazio dedicato all’enoturismo con 64 cantine italiane e tour operator nazionali e internazionali.
Dati e difficoltà
Il vigneto Italia (Osservatorio Uiv-Vinitaly 2025) misura 670mila ettari, con un consumo annuo di 22-23 milioni di ettolitri per 29,4 milioni di consumatori, un fatturato di 14,5 miliardi che con l’indotto diventano 31 e 45,2 di impatto diretto e indiretto.
Ancora: secondo l’Istat, il vino italiano nel 2024 ha avuto 3,06 miliardi di euro di vendite in valore e 8,1 miliardi di euro di export.
Nel complesso, però, si registra un calo nei volumi di vendita annuo dell’1,5% e una situazione delicata al di là dei dazi americani, che comunque stravolgono un mercato verso gli States da 1,9 miliardi di euro di esportazioni annue, di gran lunga il principale per le cantine nostrane.
Cambiamenti climatici, crisi dei consumi e ridotto potere d’acquisto delle famiglie ma anche le mutate abitudini conviviali degli italiani e il dilagante salutismo hanno portato a un calo di consumatori complessivo in Italia del 21% in trent’anni (dati Iwsr). Si preferiscono nell’ordine rossi (1,1 miliardi di litri consumati), bianchi (751 milioni), spumanti (347 milioni, però fondamentali nell’export) e rosati (122 milioni), ma si beve sempre meno: dal 2019 al 2024 -18% i rossi, -6,4% i bianchi.
Sostegno comunitario
Per garantire al settore “competitività, resilienza e forza economica vitale nei decenni a venire”, lo scorso 28 marzo la Commissione Europea ha presentato il Pacchetto Vino, fondato su sette misure: Prevenzione delle eccedenze, Flessibilità d’impianto, Sostegno climatico, Regole di marketing chiare, Etichettatura armonizzata, Potenziamento dell’enoturismo ed Estensione delle campagne promozionali finanziate dall’Ue.
In generale, la parola d’ordine è flessibilità, per permettere ai produttori di eventualmente derogare a norme generali e tarare la produzione su situazioni ed esigenze specifiche.
Illustrando il Pacchetto, al vaglio di Consiglio e Parlamento europeo, il commissario CE per l’Agricoltura Christophe Hansen ha ribadito la centralità culturale ed economica del settore e scongiurato la temuta dicitura “nuoce gravemente alla salute” sulle etichette.
Il futuro è verde
Segnali positivi arrivano inoltre proprio da Vinitaly e in particolare da “Focus sui giovani: i consumatori under 44 di oggi e di domani in Italia e negli Stati Uniti”, ricerca dell’Osservatorio Uiv su base Iwsr.
Secondo l’analisi, non è vero che ai giovani non piace il vino, anzi: la quota di chi in Italia beve abitualmente due o più bicchieri è maggiore tra loro che tra gli over 44, e millennials (28-44 anni) e GenZ (fino ai 27) addirittura contrastano il calo delle vendite poiché il 14% ha aumentato il consumo nell’ultimo anno e soltanto due su 10 si dichiarano astemi, contro i 3 su 10 degli over. Infine, le nuove generazioni rappresentano la metà di coloro che acquistano le etichette di alta gamma. Dati incoraggianti per il futuro del vino, al di là dei dazi americani.