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Taylor Swift: analisi di un successo ben costruito

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Velasco25 Articolo

Se mi aveste detto che un giorno non solo sarei diventato un fan di Taylor Swift, ma avrei anche scritto un libro su di lei, mi sarei messo a ridere. Nel 2006, quando Swift ha pubblicato il suo album di debutto, ero un ventitreenne laureato in studi cinematografici, ossessionato dai Radiohead e dai film d’autore europei. Una cantante country-pop adolescente che suonava in arene piene di ragazze urlanti? Non solo non rientrava nei miei gusti, ma mi sembrava molto al di fuori di ciò che fino a quel momento avevo considerato musica “seria”.

Questo scetticismo non era immotivato. L’inizio della carriera di Swift è stato costellato di momenti in cui la sua popolarità e il suo successo sono stati visti come immeritati. Il più famoso sostenitore di questa opinione è stato Kanye West che ha interrotto il suo discorso ai VMA 2009 per dire: “Beyoncé ha fatto uno dei migliori video di tutti i tempi”. Traduzione: Swift non era abbastanza brava.

Dopo aver vinto il premio per l’album dell’anno ai Grammy 2010, la sua performance traballante con Stevie Nicks ha riacceso le critiche. “Regala una performance vocale incredibilmente misera”, ha scritto il Washington Post, “e poi vince comunque il più importante Grammy del 2010”.

Anche ora, all’apice della popolarità, le vecchie critiche non sono scomparse. Un video che la ritrae mentre balla goffamente sul palco è diventato di recente virale, accumulando oltre 17 milioni di visualizzazioni. La didascalia: “Non avevo mai capito quanto Taylor Swift fosse una pessima ballerina”.

Per me è stato difficile conciliare il successo di Swift con ciò che ho visto in superficie. Non ha doti fisiche di spicco, come la voce potente e il talento di Adele, o ancora la capacità di ballare come Beyoncé. Come ha fatto a diventare una delle artiste di maggior successo di tutti i tempi? Parte della risposta sta nel modo in cui funziona il successo nella musica, o in qualsiasi mercato culturale. Non è proporzionale o equo. Segue quella che gli esperti chiamano legge di potenza: un piccolo numero di persone cattura una quota sproporzionata di attenzione, influenza e ricavi.

Questo è particolarmente evidente nel caso di Swift. Nel 2023, lei da sola rappresentava l’1,7% dell’intero mercato della musica registrata negli Stati Uniti, una cifra sbalorditiva che sarebbe ancora più alta se includesse i ricavi dell’Eras Tour e le vendite del merchandising.

L’esperto Albert-László Barabási ha spiegato queste grandi differenze di successo nel suo libro ‘The Formula’: “La valuta del successo può variare, ma ciò che è universale è che non esiste un limite massimo alla quantità di successo che una superstar può guadagnare. È illimitato”. In altre parole: il talento è finito, ma la popolarità è infinita.

Ecco perché le discussioni su chi ‘merita’ il successo spesso non colgono il punto. In uno studio ampiamente citato, i ricercatori hanno creato un mercato musicale fittizio in cui alcuni utenti potevano vedere il conteggio dei download e altri no. Il gruppo esposto ai segnali sociali ha prodotto risultati imprevedibili. Alcune canzoni mediocri sono diventate dei successi. Altre grandi hanno fatto fiasco. La conclusione? I mercati musicali non sono meritocratici: l’influenza sociale altera tutto.

Se l’influenza sociale gioca un ruolo fondamentale nel successo di una superstar o di qualsiasi prodotto, sarebbe facile sminuire i successi di Swift considerandoli il risultato di fattori al di fuori del suo controllo. Ma sarebbe anche ingenuo. Quando ho iniziato a guardale la sua carriera attraverso una lente strategica, ho iniziato a vedere ciò che molti dei suoi fan hanno già capito: Swift non lascia nulla al caso, ma costruisce. Ed è proprio questo che la rende non solo un’artista eccezionale, ma anche un’abile stratega commerciale.

L’istinto strategico di Taylor Swift era evidente fin dall’inizio della sua carriera. Si è rivolta deliberatamente a un pubblico che la musica country aveva ampiamente trascurato – le ragazze adolescenti – e ha insistito per scrivere le sue canzoni, infondendo in quello che faceva un’autenticità che è risultata profonda per giovani ascoltatori spesso respinti dalla cultura generale. Questa strategia ha giocato un ruolo fondamentale nella sua ascesa. Offriva un prodotto su misura per le esigenze, le emozioni e le esperienze di un pubblico poco servito. E poiché nessun altro artista faceva quello che faceva lei, i suoi fan hanno risposto con notevole fervore e fedeltà.

La popstar ha anche dimostrato quello che un professore di economia direbbe essere una notevole comprensione del “lavoro da fare” per i suoi fan. Sviluppata da Clay Christensen, professore di economia di fama mondiale e padrino dell’innovazione dirompente, la teoria del “job-to-be-done” sostiene che quando compriamo qualcosa, la stiamo “assumendo” perché svolga un lavoro per noi. Non si tratta del prodotto fisico, ma di ciò che dobbiamo realizzare.

Quando i fan si rivolgono a Taylor Swift, non cercano solo una colonna sonora. La ingaggiano per farsi aiutare a superare le rotture, a celebrare l’amicizia, ad affrontare la solitudine o a sentirsi potenti. La sua musica – e l’esperienza più ampia che la circonda – risponde a esigenze emotive che la maggior parte delle popstar non prende nemmeno in considerazione.

Scoprire il lavoro da svolgere per i clienti può sembrare semplice, ma soddisfarne i bisogni emotivi è complesso. Innanzitutto, è necessario un prodotto che risponda a tali esigenze. E qui si capisce perché la voce sobria di Swift è perfettamente adatta a questo lavoro. Non si limita a cantare i suoi testi, ma li abita, dando vita a ogni sillaba. Le sottigliezze della sua voce, che sia incrinata dal dolore del cuore o raspante per la sfida, fanno sembrare le sue canzoni intime e dolorosamente oneste. Per gli ascoltatori disposti a lasciarsi andare, può sembrare di ricevere in affidamento un segreto profondamente personale.

Ma Swift non si limita solo a fare il “prodotto” nel modo giusto. Progetta esperienze coinvolgenti intorno ad esso. Fin dall’inizio, ha coltivato un fandom che sembra non dormire mai, sostenendone l’attenzione non solo con le canzoni, ma con un universo narrativo che premia la lettura attenta e l’impegno costante.

Sui social media, i fan di Swift analizzano i dettagli personali, a volte troppo specifici, dei suoi testi come gli studiosi analizzano “The Waste Land” di T.S. Eliot e scrutano ogni post e ogni outfit con l’intensità di chi insegue un caso irrisolto su Reddit.

Questo livello di coinvolgimento approfondisce il legame emotivo con i superfan e, grazie ad algoritmi personalizzati, attira anche gli ascoltatori occasionali. Il risultato è una comunità autosufficiente incentrata su Taylor Swift: la sua musica, la sua persona, la sua storia in evoluzione.

Non si tratta solo di marketing intelligente. Swift crea prodotti ed esperienze così in sintonia con la vita interiore dei suoi fan che, come potrebbero dire Christensen e i suoi coautori, è improbabile che vengano copiati o addirittura compresi da altri. La sua forza più grande non è l’estensione vocale o il talento nella danza. È la sua comprensione di ciò che fa sì che le persone si interessino alla musica e la sua capacità di trasmetterlo, ancora e ancora, in modi che sembrano personali e reali.

In un’economia in cui l’attenzione è scarsa, Taylor Swift ha costruito uno dei marchi più resistenti al mondo creando costantemente valore per il suo pubblico. Ciò che dimostra meglio di chiunque altro è che la risonanza emotiva non è un bonus: è il prodotto. E capire questo mi ha trasformato da scettico a superfan.


Le opinioni espresse nei commenti di Fortune.com sono esclusivamente quelle degli autori e non riflettono necessariamente le opinioni e le convinzioni della testata. L’autore del commento, Kevin Evers, è senior editor alla Harvard Business Review ed autore del libro ‘There’s Nothing Like This: The Strategic Genius of Taylor Swift’. 

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