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Una politica pubblica efficace genera benefici per tutti

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Velasco25 Articolo

Monica Gibellini (Johnson & Johnson Innovative Medicine) parla del ruolo strategico dell’industria farmaceutica.

L’industria farmaceutica italiana è un’eccellenza a livello europeo e mondiale eppure si confronta, spesso, con politiche di tagli lineari. Ne abbiamo parlato con Monica Gibellini, Government affairs, policy & patient engagement director di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.

Cosa vuol dire fare l’attività di Government affairs in ambito farmaceutico?

Mi occupo di Government affairs da oltre 15 anni e ho avuto l’opportunità di affrontare il tema delle relazioni istituzionali in diversi settori convincendomi, nel tempo, di un approccio ‘data-driven’ e basato sull’informazione.

Ritengo, infatti, che il settore delle politiche pubbliche rifletta perfettamente il principio della terza legge di Newton: a ogni azione corrisponde una reazione. Una politica pubblica ben strutturata genera stabilità e benefici per cittadini e imprese nel lungo periodo. Per questo è essenziale disporre di un ampio ventaglio di informazioni che includano anche i punti di vista dell’industria, per valutare appieno le ricadute delle scelte adottate.

Un esempio concreto di una buona politica pubblica in ambito sanitario in Italia è stata l’istituzione del Fondo per i farmaci innovativi. Nato come misura straordinaria per garantire l’accesso rapido e la sostenibilità economica alle nuove terapie per l’epatite C, è divenuto un meccanismo strutturato che ha consentito al nostro Paese di posizionarsi tra quelli con il più alto accesso all’innovazione farmaceutica in Europa.

Nel 2024, il comparto farmaceutico ha generato un valore di 56 miliardi di euro, di cui 54 miliardi derivati dall’export, pari a circa 2,5% del Pil nazionale, un dato che equivale all’intero export agroalimentare del Paese.

Questo evidenzia l’importanza strategica del settore, che si distingue per due principali direttrici di crescita: una economica, contribuendo all’economia nazionale con investimenti, occupazione e indotto; l’altra legata alla salute pubblica, migliorando la qualità e l’aspettativa di vita dei cittadini.

Ciononostante, il settore è spesso soggetto a tagli lineari e, dalla mia esperienza, credo derivi da una visione ancora assistenzialistica della sanità, considerata ancora troppo spesso come un costo anziché un investimento strategico.

Noi di Johnson & Johnson Innovative Medicine crediamo fermamente nel valore strategico del nostro Paese: lo scorso anno abbiamo presentato un piano di investimenti da 580 milioni di euro per i prossimi 5 anni, di cui 125 destinati al plant di Latina. Tuttavia, la sostenibilità degli investimenti dipende dalle condizioni che il sistema offre. Le scelte di oggi influenzeranno la competitività del settore nei prossimi 10-15 anni.

A proposito di spending review, il payback continua a rappresentare una criticità per il settore.

È ormai una realtà consolidata da oltre un decennio e rappresenta una sfida significativa. La necessità di dimostrare costantemente il valore del settore farmaceutico diventa cruciale, non solo per evitare misure di austerità come il payback farmaceutico, introdotto nel 2012 come misura emergenziale sulla spesa ospedaliera in un periodo di forte crisi economica, ma anche per garantire una sostenibilità del sistema che tenga conto dei reali fabbisogni di salute.

Un aspetto importante riguarda il meccanismo dei tetti di spesa, che impatta soprattutto la spesa farmaceutica ospedaliera – dove si concentrano i farmaci maggiormente innovativi – e dalla cui applicazione deriva il meccanismo del payback. In questo canale il mercato è molto rigido e la domanda è determinata dall’andamento del fabbisogno assistenziale, senza alcuna capacità di incidenza da parte delle aziende. In un contesto simile, risulta difficile comprendere la logica di un sistema che continua a imporre oneri sempre più insostenibili per l’industria.

I dati sono chiari, nell’arco temporale che va dal 2022 al 2026 il peso a carico delle aziende farmaceutiche si stima possa più che raddoppiare: nel 2022 si parlava di 1,2 miliardi di euro da ripianare per il settore, oggi le proiezioni di Farmindustria stimano che entro il 2026 questa cifra raggiungerà i 2,8 miliardi di euro. Questo dato evidenzia come lo stanziamento per la spesa farmaceutica ospedaliera sia del tutto inadeguato rispetto ai bisogni di salute della popolazione. Se il budget fosse correttamente dimensionato, non si registrerebbero scostamenti di questa portata.

Nel 2024 abbiamo commissionato due studi: uno economico e uno giuridico. Il primo, realizzato da Pwc, ha analizzato l’impatto economico del payback sul settore farmaceutico in Italia dimostrando che, tra il 2013 e il 2023, il settore ha versato, nelle varie forme di payback, 19,2 miliardi di euro al Servizio sanitario nazionale. Se il payback venisse considerato alla stregua di una tassa, il tax rate effettivo medio del settore farmaceutico sarebbe del 78%, contro il 24% di altri settori comparabili. Questo dato evidenzia quanto sia difficile attrarre e sostenere investimenti nel nostro Paese in un contesto così gravoso.

Parallelamente, l’analisi giuridica realizzata dal professor Siclari, ordinario di Diritto dell’economia alla Sapienza, ha evidenziato che il settore farmaceutico non è responsabile degli sforamenti di spesa, in quanto la domanda di farmaci è per lo più inelastica. Tuttavia, è chiamato a coprire il disavanzo generato dalle scelte di budget pubbliche, impedendo di pianificare investimenti razionali a lungo termine.

Servirebbe, innanzitutto, un’adeguata riallocazione delle risorse per garantire che il budget per la spesa farmaceutica ospedaliera sia in linea con i reali bisogni di salute e, per assicurare la prevedibilità e tutelare le aspettative delle aziende, introdurre un tetto massimo al ripiano a carico delle aziende, nell’attesa di realizzare una più ampia riforma della governance della spesa farmaceutica. Crediamo sia un passo necessario affinché il settore farmaceutico possa continuare a essere un motore di crescita per l’Italia.

Il 2025 potrebbe segnare una svolta nelle politiche sanitarie dell’Ue. Quali sono le vostre aspettative?

Le aspettative sono positive. Il Report Draghi e la Bussola della competitività, recentemente rilasciata dalla Commissione europea, lasciano ben sperare in un possibile cambio di rotta da parte dell’Ue nei confronti dell’industria farmaceutica e della scienza in generale.

Draghi individua tre ambiti strategici per il futuro dell’Europa: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza. Il settore farmaceutico gioca un ruolo chiave in ciascuno di questi ambiti per rilevanza industriale e impatto sulla salute pubblica.

A livello globale, è il quarto per vendite nette e il terzo per profitti complessivi, mentre in Europa contribuisce per il 5% al valore aggiunto del comparto manifatturiero, il che dimostra la sua importanza strategica. Tuttavia, questa leadership è minacciata da dati preoccupanti: nel 2023, la Cina ha superato l’Europa nel numero di nuove molecole lanciate nel mercato mondiale, mentre gli Usa mantengono la loro leadership nel settore. Inoltre, alcune scelte dell’Ue contrastano con le raccomandazioni del Report Draghi.

La proposta della nuova legislazione farmaceutica europea rischia di compromettere la protezione brevettuale, riducendola di circa la metà rispetto agli standard internazionali rendendo l’Ue meno attrattiva per gli investimenti in innovazione e R&S e la Direttiva europea sulle acque reflue urbane, in vigore da gennaio, attribuisce il 92% della responsabilità dell’inquinamento ai settori farmaceutico e cosmetico, imponendo costi imprevisti alle aziende.

Questi elementi evidenziano la complessità del rapporto tra politiche industriali e regolamentazione pubblica; in questo è cruciale il ruolo del Government affairs per consentire che il principio di azione e reazione non sfoci nel principio d’inerzia.

Monica Gibellini

GA&P and Patient Engagement Director di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia dal 2022. Nasce a Rho in provincia di Milano per poi trasferirsi a Roma nel corso della sua carriera. Madre di due bambini, si laurea cum laude con una tesi sul sistema sanitario in Scienze politiche, è esperta di relazioni istituzionali.

Durante il suo percorso, accresce le sue competenze in realtà multinazionali di primaria rilevanza per il panorama italiano. Nell’ambito della sua carriera trova spazio anche un’esperienza nel settore pubblico sia a livello regionale che nazionale. Dal 2016 è anche faculty member della 24ore Business School per i Master Executive e Full Time di Lobbying e Public Affairs.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)

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