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Perché è (quasi) impossibile spiare un Conclave

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Velasco25 Articolo

Nessuna fuga di informazioni riservate, nessun problema di sicurezza: il fortino fisico e informatico creato attorno a San Pietro anche stavolta sta reggendo e il Conclave che deciderà il successore di Papa Francesco procede senza intoppi, con le prime due fumate nere ampiamente nei pronostici. Tra i lasciti dell’ultimo pontefice al Vaticano, d’altronde, c’è anche un apparato di sicurezza informatica rafforzato. Insieme alle consuete blindatissime modalità del Conclave, il ‘bunker’ costruito per proteggere l’Extra Omnes pronunciato il 7 maggio sembra uno dei più impenetrabili al mondo.

Ma sarebbe comunque possibile ‘hackerare’, o spiare, un Conclave? In un mondo dove dilagano deepfake (a volte diffusi persino dalla Casa Bianca, come nel caso di Donald Trump vestito da pontefice), ransomware e spionaggio, l’elezione del 267esimo pontefice è ancora al sicuro?

Il Conclave e la votazione più sicura al mondo

Secondo Mauro Conti, professore di cybersecurity dell’Università di Padova, se si parla di attacchi cyber tradizionali, quella del Papa è “probabilmente una delle elezioni più sicure al mondo”.

A partire dalle telecomunicazioni: dei dispositivi chiamati jammer disturbano le frequenze di eventuali telefonini sfuggiti ai controlli. “Se ci fosse un jammer adesso nel mio edificio, non riuscirei a fare questa telefonata”, spiega il professore mentre lo intervistiamo. E poi c’è il metodo di votazione stesso, il meno tecnologico del mondo: “Sono questi i metodi da usare se non vuoi essere spiato. Appena introduci una tecnologia al procedimento, il rischio sale”.

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L’apparato di sicurezza (e segretezza) del Conclave

Il concetto è ben chiaro ai piani alti della sicurezza vaticana. Tra pellicole anti droni e anti laser alle finestre, caccia alle microspie e ovviamente il ritiro di dispositivi digitali in grado di comunicare con l’esterno, il Vaticano ha pensato a tutto, anche a quello che succede fuori dal Conclave.

L’Extra omnes, nel 2025, vale anche per chiunque cerchi di infiltrarsi nelle comunicazioni della Santa Sede, con un piano di sicurezza informatica che prevede trasmissioni criptate tra i vari dicasteri (affidate a server nascosti nella Biblioteca apostolica vaticana) e un sistema radio altrettanto ermetico.

Dall’inizio del Conclave gli impianti di trasmissione delle telecomunicazioni presenti nella Città del Vaticano sono stati disattivati: dalla chiusura della porta del Perugino alle 15 del 7 maggio anche molte delle persone che vivono e lavorano nella Città del Vaticano sono senza la copertura garantita dai ripetitori.

L’attenzione della Santa Sede alla sicurezza informatica si deve alle lezioni del passato e alle anche alle decisioni di Papa Francesco: dal 2019 a guidare la Gendarmeria è Gianluca Gauzzi Broccoletti, scelto dal pontefice dopo una carriera nella sicurezza della Santa Sede, per la quale ha sviluppato l’attuale infrastruttura di sicurezza e networking, e successore di Domenico Giani, che si era dimesso dopo che alcune informazioni relative a un’indagine su reati finanziari erano trapelate all’esterno della Santa Sede. Negli ultimi anni le misure di sicurezza del Vaticano sono aumentate, adeguandosi alle nuove tecnologie.

Oltre ai ‘leak’ di informazioni, tra le lezioni del passato ci sono anche gli attacchi hacker, come quello del 2020 da parte del gruppo RedDelta che, secondo quanto riportato all’epoca, avvenne durante i negoziati tra il Vaticano e Pechino sulla nomina dei vescovi in Cina.

L’analisi Usa della sicurezza Vaticana

In questi giorni un articolo dell’Asis (l’associazione dei professionisti della sicurezza americana) cita il report di una società specializzata, Flashpoint, che avrebbe studiato la gestione della sicurezza vaticana senza identificare “alcuna minaccia fisica o informatica specifica o credibile per il Conclave”.

Nonostante questo il rischio attacchi c’è, secondo la società, considerando che le tensioni geopolitiche attuali aumentano le probabilità “di attacchi di lupi solitari che prendono di mira i raduni pubblici”, un’eventualità naturalmente considerata dalle misure di sicurezza predisposte da forze dell’ordine italiane e vaticane. “La divisione di sicurezza informatica del Vaticano ha potenziato la schermatura digitale… per rilevare e neutralizzare le minacce prima che si manifestino”, secondo il report. Scovare tutti i dispositivi in una determinata area, spiega Conti, non è in ogni caso un compito facile, considerato che una microspia può essere murata in una parete anni prima che occorra metterla in funzione.

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Il pericolo principale: l’elemento umano

Detto che grazie all’apparato di sicurezza e segretezza vaticana pc e telefonini dovrebbero essere fuori dall’equazione, di cosa bisognerebbe preoccuparsi? Come potrebbe essere spiato un Conclave?

Un aspetto considerato per situazioni di questo tipo è la potenziale presenza di microspie installate in precedenza, spiega Conti, ma anche il semplice coinvolgimento di addetti ai lavori, infermieri e cuochi nei preparativi e nelle operazioni che ruotano intorno all’elezione di un papa.

Non è un caso se tutte le persone coinvolte hanno dovuto prestare giuramento di riservatezza nella Cappella Paolina. Come nella cybersecurity tradizionale, il pericolo maggiore sembra sempre il fattore umano, dice il professore.

Per quanto riguarda dispositivi di registrazione va ricordato che per influenzare le elezioni o semplicemente danneggiare la reputazione del Vaticano non serve necessariamente poter seguire i lavori del Conclave in diretta: basterebbe essere in grado di registrare cosa succede, per rivelare tutti i dettagli in seguito. Per questo tra le attività di sicurezza è stata prevista anche la ‘bonifica’ da eventuali microspie mentre l’uso di jammer elimina o quasi la possibilità di avere un’informazione ‘dal vivo’ all’esterno della Cappella Sistina.

Le minacce meno conosciute

Tra le minacce da tenere in considerazione Conti ricorda dispositivi come i laser microphones (i dispositivi usano un raggio laser per rilevare le vibrazioni sonore in un oggetto, anche se distante) e la compromissione degli impianti più tradizionali. Senza contare le tecnologie più dispendiose, il cui utilizzo sembra un’ipotesi quasi fantascientifica, come quelle satellitari.

Ci sono poi possibilità aperte da quelli che, per ora, rimangono solo studi scientifici: nel 2014 i ricercatori del MIT, di Microsoft e di Adobe hanno sviluppato un algoritmo in grado di ricostruire un segnale audio analizzando le vibrazioni minime degli oggetti raffigurati in un video. In una serie di esperimenti, sono stati in grado di recuperare delle conversazioni solo grazie alle vibrazioni di un sacchetto di patatine fotografato da metri di distanza attraverso un vetro insonorizzato.

“In linea di principio anche i normali impianti di illuminazione possono essere vulnerabili, soprattutto nel caso ci sia un controllo remoto sulle luci e sui led installati”. Anche l’impianto di de-umidificazione o di condizionamento potrebbe essere un punto di accesso per un malintenzionato, spiega il professore, che nei suoi lavori studia anche i meccanismi di ‘inferenza’ che possono essere utilizzati dai malintenzionati. Con la tecnologia laser, spiega il professore, è possibile ‘origliare’ a che da grandi distanze. Uno studio del 2021 parla della possibilità di intercettare i segnali acustici da 200 metri di distanza.

Nonostante in Vaticano si sia pensato a tutto insomma, l’ultima barriera di sicurezza sembra, per la 267esima volta, la riservatezza dei cardinali.

Cybersecurity, il professore italiano che guida la difesa contro hacker e disinformazione

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