Dall’omelia pronunciata nella prima messa nella Sistina, emergono alcuni elementi utili a comprendere quale sarà la cifra del pontificato di Leone XIV. La centralità di Gesù Cristo, l’unità della Chiesa. Il primo pontefice statunitense nella storia bimillenaria della Chiesa, l’uomo che si è definito “un figlio di Agostino”, con un’esperienza ventennale da missionario in Perù, ha davanti a sé il compito di ritrovare l’unità di una Chiesa che, negli ultimi anni, ha sfiorato il rischio di un nuovo scisma, soprattutto ad opera di quell’ala conservatrice che, nella figura di Robert Francis Prevost, ha individuato probabilmente un ponte tra l’ortodossia dottrinale e la necessità di un dialogo con le aree più remote del mondo. Prevost non è Donald Trump ma è forse riduttivo definirlo un “anti trumpiano”: certamente le sue posizioni sull’immigrazione divergono dall’attuale amministrazione Usa ma su temi fondamentali come la difesa della famiglia naturale, l’inizio e la fine dell’esistenza ci sarà una sostanziale unità di vedute. Non è mistero che il calo delle donazioni alla Chiesa, negli anni di Papa Francesco, sia stata legata soprattutto al malcontento dei grandi donatori d’oltreoceano, portatori di una visione conservatrice e testimoni di una fede vissuta secondo i dogmi tradizionali della Chiesa. A Papa Leone XIV, dunque, si chiede di tornare a Cristo e al messaggio del Vangelo, in un’Europa dove la secolarizzazione somiglia sempre più alla scristianizzazione c’è enorme bisogno di recuperare la dimensione trascendentale e mistica della fede. La ricerca dell’oltre e la cura dell’anima, piuttosto che le campagne ambientaliste o lgbt.
Nell’omelia pronunciata stamane, Papa Leone XIV ha ripreso una domanda di Gesù nel testo evangelico: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. E qui Leone XIV dispiega il senso di una Chiesa in missione. C’è anzitutto “la risposta del mondo” che “considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso”. E c’è la riposta della “gente comune” per la quale “il Nazareno non è un ciarlatano: è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste, come altri grandi profeti della storia di Israele”. Sono due atteggiamenti tipici della contemporaneità, ha spiegato il Pontefice: “Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere”.
Leone XIV si riferisce soprattutto all’Occidente, culla del cristianesimo e oggi, per paradosso, esposto al rischio della evaporazione del sacro: “Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito”. Eppure, “proprio per questo sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco”.
Nell’Occidente delle chiese deserte e della crisi delle vocazioni, la Chiesa deve tornare a un messaggio forte, per “camminare insieme, senza paura”, come ha scandito ieri Papa Leone XIV davanti alla piazza gremita di San Pietro. La sinodalità deve accompagnarsi alla necessità di ridare centralità al messaggio di Cristo, perché l’esistenza umana non è soltanto corpo e materia. Serve una Chiesa capace di conquistare i cuori dei fedeli, di alimentare l’orgoglio di essere cristiani, senza cedimenti. Del resto, che senso avrebbe una Chiesa che piace più ai non credenti che ai credenti? Mai come nei tempi che viviamo, emerge evidente la superiorità della civiltà giudaico cristiana che ha saputo costruire una società che rispetta donne e bambini, che predica la pace e non la guerra, che esercita la tolleranza in ogni parte del mondo. Non è così per tutti: pensiamo ai cristiani perseguitati in tante regioni del mondo, alla furia fondamentalista dell’Islam che sgozza gli infedeli, alle minoranze oppresse dai regimi che si fanno Stato. In un mondo multipolare la Chiesa, con la sua diplomazia, potrà svolgere un ruolo fondamentale per costruire ponti di dialogo dove oggi dominano le guerre e i conflitti. La Cina non potrà non essere coinvolta in questo sforzo ecumenico e diplomatico, ma su basi diverse da quelle che hanno portato, con Papa Francesco, alla firma di un accordo di cui, ancora oggi, il testo resta segreto. Insomma, per Papa Leone XIV sarà una missione imponente ma, come pastore di un gregge di un miliardo e quattrocento milioni di cattolici, difficilmente potrà sentirsi solo.