Intervista a Fortunato Costantino, direttore Risorse Umane, Legal & Corporate Affairs presso Q8
Per la rubrica di Fortune Italia con Digit’Ed, intervistiamo Fortunato Costantino, che coniuga il ruolo di direttore in Q8 con quello di docente in Ese di Teoria generale della sostenibilità Esg e dell’innovazione sociale e di direttore del dipartimento SustAInability in Enia. Il suo è un approccio di integrazione che unisce il pensiero filosofico con l’esplorazione dell’innovazione digitale, la struttura dell’organizzazione con la ricerca della valorizzazione del potenziale umano. Pensiero che si ritrova nella sua ultima pubblicazione: “L’insegnamento di Sophìa”.
Siamo in contesto globale che si presenta con crescente variabilità e complessità: quali a tuo avviso le sfide per le organizzazioni e quale l’approccio maggiormente efficace per viverle?
Oggi viviamo in tempi estremamente convulsi, caratterizzati da una crescente complessità e da fenomeni globali che stanno profondamente ridisegnando i modelli sociali, economici e politici.
I paradigmi su cui tradizionalmente si fondavano la società e l’economia sono messi in discussione. Tutto cambia molto rapidamente, a causa di crisi geopolitiche e polarizzazioni tra potenze come Stati Uniti e Cina, con un’Europa che mostra le sue fragilità e necessità di ridefinire la propria identità e ruolo strategico. Questa incertezza impone alle imprese una nuova ricerca in termini di sicurezza, sopravvivenza e competitività.
Tuttavia, l’eccessiva regolamentazione, specialmente in Europa, rischia di soffocare l’agilità richiesta per affrontare le sfide critiche dei tempi correnti, come nel caso dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie avanzate che tendono ad evolvere più rapidamente dei quadri normativi.
In questo scenario, la resilienza organizzativa diventa un imperativo che riguarda ogni livello dell’impresa, non solo il top management. La capacità di adattamento passa attraverso un nuovo paradigma di competenze: non bastano più solo quelle tecniche o specialistiche. Occorre dunque integrare percorsi formativi per l’acquisizione di skill comportamentali, come il pensiero critico e sistemico, che diano agli individui la capacità di leggere le complessità dei fenomeni del mondo esterno e cogliere le relazioni significative tra essi e l’ecosistema aziendale.
La formazione deve quindi evolversi, integrando le competenze Stem con elementi umanistici e trasversali, superando il modello esclusivamente tecnico. Ma questa trasformazione è prima di tutto culturale: è necessario ripensare i valori, le ambizioni e gli scopi aziendali, perché solo con un cambiamento profondo e condiviso si possono generare comportamenti coerenti e resilienti. Viviamo in una “versione beta” permanente della società: non esiste più una forma definitiva delle organizzazioni e dei modelli sociali ed economici.
La nuova normalità è l’evoluzione continua. In questo contesto, il pensiero critico e sistemico diventano strumenti essenziali per reagire con prontezza e visione ai cambiamenti imprevedibili che ci circondano.
L’organizzazione del lavoro tradizionale, come l’abbiamo ereditata dal management scientifico, appare in crisi. Su cosa fondare un suo rinnovamento?
Di fronte ad una realtà in continua trasformazione, l’organizzazione del lavoro deve reinventarsi per favorire l’innovazione e il benessere. Un primo passo cruciale è creare ambienti psicologicamente sicuri, in cui le persone si sentano libere di esprimersi senza il timore di commettere errori. Questo sbloccherebbe il potenziale creativo dell’individuo, favorendo la condivisione di idee innovative.
Tuttavia, tale libertà non può esistere senza una trasformazione della leadership. I modelli gerarchici tradizionali non sono più efficaci. Occorre promuovere una leadership inclusiva e trasformativa, in cui i dipendenti diventino parte attiva della strategia aziendale. Questo comporta il riconoscimento del valore dell’unicità di ciascuno, incentivando ascolto attivo, gentilezza ed empatia.
La gentilezza, intesa come rispetto autentico e umiltà relazionale, diventa una virtù organizzativa chiave. L’umiltà, dal latino humilitas, rappresenta la consapevolezza del proprio limite verso il basso, che consente di comprendere gli ostacoli allo sviluppo personale e professionale, ma che al tempo stesso apre senza definizioni a priori sul potenziale umano. Contrastare le dinamiche narcisistiche è essenziale per costruire un contesto virtuoso, in cui la valorizzazione dell’altro sia reale.
Questo approccio definisce l’organizzazione socialmente sostenibile, una declinazione concreta del paradigma Esg. Si tratta di un passaggio dal capitalismo degli azionisti a quello degli stakeholder, in cui l’impresa non deve solo generare profitto ma anche creare valore sociale, stimolando dinamiche di comunità e senso di appartenenza.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è pervasivo: quali le sfide per la cosiddetta funzione HR?
Nel mondo HR, assistiamo a una proliferazione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, spesso adottate in modo acritico, il cui utilizzo è dettato dalla moda piuttosto che dalla reale utilità. Questa corsa all’adozione rischia di trascurare una valutazione critica sulla pertinenza delle soluzioni e sul loro impatto nell’organizzazione.
Un criterio essenziale di scelta deve essere la selettività: quali benefici concreti e sostenibili queste tecnologie apporterebbero all’organizzazione e alle persone? L’automazione può essere utile per liberare tempo da attività ripetitive e permettere ai dipendenti di concentrarsi su compiti a maggiore valore aggiunto, ma non può sostituire la dimensione umana, intangibile, che nasce dal coinvolgimento autentico.
Inoltre, l’iperconnessione digitale porta con sé rischi per la salute psicofisica, riducendo gli spazi di vita privata e favorendo il fenomeno del work-life blending, in cui i confini tra lavoro e vita personale si dissolvono. A questo proposito, il Parlamento europeo ha già riconosciuto il valore del diritto alla disconnessione, ma resta ancora molto da fare.
La tecnologia deve essere al servizio dell’essere umano e non viceversa. Occorre promuovere un equilibrio etico, che rispetti il bisogno di espressione, tempo, cura e sviluppo personale. Il rapporto tra tecnologia, lavoro e società ha una valenza persino costituzionale, come espresso dall’articolo 2 della nostra Costituzione, che riconosce l’importanza di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo integrale della persona.
Serve dunque un approccio integrato e responsabile, che sappia bilanciare innovazione ed etica, ed eviti di sacrificare la complessità dell’essere umano a discapito dell’efficienza tecnologica.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)