Il mantenimento dei tributi verso la Cina, potrebbe avere conseguenze negative per Hollywood: il colosso asiatico potrebbe applicare meccanismi di difesa e boicottare i prodotti americani con effetti negativi per gli investimenti statunitensi, imax in primis
Il settore audiovisivo è caratterizzato dal commercio di beni immateriali, ossia i diritti di sfruttamento delle opere prodotte, e questo potrebbe far pensare che i dazi introdotti dal Governo USA, applicandosi sulle importazioni di beni materiali, non avranno impatti significativi sul comparto. Questo è vero soltanto ad una analisi molto superficiale. Infatti, le misure protezionistiche USA avranno degli effetti significativi sull’economia americana che non potranno non determinare un effetto domino sull’economia mondiale. E difficilmente il settore audiovisivo potrà uscirne indenne. Le ragioni sono diverse. Anzitutto, un rallentamento dell’economia USA determinerà una riduzione degli investimenti complessivi.
Storicamente i primi investimenti a subire tagli sono quelli nella pubblicità ed ormai molti player mondiali dell’audiovisivo hanno nei ricavi pubblicitari una fonte rilevante di entrate. Non solo per le reti televisive ma anche per altri operatori, come Netflix, che rappresentano investitori imprescindibili per il settore. Basti pensare che le entrate pubblicitarie del colosso USA sono state di 10,2 miliardi di dollari nel 2024 (26% del totale ricavi) e che per Disney i ricavi da advertising hanno sfiorato i 12 miliardi di dollari.
Non è difficile immaginare che, se calano i ricavi pubblicitari, caleranno anche gli investimenti. A ciò si aggiunga un altro effetto, che sembra sottovalutato: il deprezzamento del dollaro sull’euro. Il biglietto verde ha perso il 10% in poco tempo sull’euro ed il trend non sembra destinato ad invertirsi, almeno nel breve-medio periodo. Questo significa che per un investitore USA l’acquisto di diritti da fornitori UE, e quindi anche italiani, sarà più oneroso. Anche a parità di budget (previsione, come detto, ottimistica se non addirittura utopistica) questo significa che si compreranno meno “titoli” oppure la medesima quantità ma con un costo medio inferiore. Ma i possibili effetti non sono finiti qui, perché i maggiori costi connessi all’apprezzamento dell’euro sul dollaro potranno impattare negativamente sulla propensione dei produttori americani ad investire in Europa. Senza contare gli effetti di una moral suasion del Governo USA verso i colossi dell’entertainment a spendere i budget nel suolo americano. Ciò significa che esiste il rischio di una contrazione delle produzioni USA in Italia, probabilmente non per quelle già programmate per il 2025 ma ragionevolmente per quelle che ancora non hanno avuto il green light definitivo.
L’esistenza del tax credit sicuramente aiuta ma il suo effetto è stato ormai interiorizzato nei budget di produzione. Lo stop dei dazi commerciali USA per 90 giorni (Cina esclusa), comunicato recentemente da Trump, può essere un elemento di stabilizzazione, almeno parziale, ma solo se non avrà un respiro di così breve periodo.