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Casa, ora è un’emergenza: si muove la Ue (ma servirà?)

La Commissione europea tiene una conferenza stampa sulla sua iniziativa per l'edilizia popolare
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Partiamo dai numeri per inquadrare quello che sta avvenendo. In media i prezzi delle abitazioni in Europa sono aumentati del 48% e gli affitti del 22% tra il 2010 e il 2023, segnala un recente rapporto del Comitato delle Regioni dell’Ue. Le grandi città e le aree turistiche sono state particolarmente colpite anche per il fenomeno Airbnb. Il 10,6% degli europei che vivono nelle città deve far fronte a costi eccessivi legati alla casa (che rappresentano oltre il 40% del loro reddito).

In Italia la situazione non è migliore. Secondo i dati pubblicati nel 2023 dall’Istituto scenari immobiliari, circa il 10% delle famiglie spende almeno il 40% del proprio reddito in affitto. Se guardiamo ai nuclei che affittano bilocali la spesa incide addirittura per il 52%, con picchi del 60% in città come Milano.

C’è una scarsissima offerta di alloggi a canone calmierato per i giovani e dunque non c’è altra soluzione che la condivisione di appartamenti spesso vecchi dove la coabitazione spesso si fa pesante. L’Ance, l’associazione dei costruttori, amplia il ragionamento all’acquisto, segnalando che circa 10 milioni di famiglie non riescono a comprare a causa di prezzi ormai non più alla portata.

Dice l’eurodeputata del Pd, Irene Tinagli, a capo della commissione Ue sull’emergenza abitativa, che “è difficile conciliare l’idea che tutto il problema stia in un’esplosione di fabbisogno delle famiglie, quando stiamo osservando un rilevante calo demografico e proprio mentre ogni anno vengono avviati e realizzati centinaia di migliaia di progetti residenziali. Il problema è che il mercato dell’edilizia residenziale non segue più le dinamiche demografiche della società: non siamo più di fronte a un mercato in cui la casa risponde ai bisogni di famiglie e comunità, ma sempre più a logiche proprie di altri mercati”.

Il mercato turistico, che prima si basava solo su l’offerta alberghiera, è entrato in modo massiccio nel settore immobiliare alterandone logiche e prezzi. Così come la crescente mobilità di lavoratori e studenti, non trovando una risposta adeguata e mirata negli studentati o nei pensionati, ha trasformato molti appartamenti in dormitori dove si affitta “il posto letto” con logiche e prezzi del tutto diversi da quelli del mercato tradizionale.

Dunque, che fine hanno fatte tutte le proposte di housing sociale circolate negli anni ed evidentemente rimaste nel cassetto?

L’edilizia sociale privata si rivolge a coloro i quali non sono abbastanza poveri da chiedere l’assegnazione di case popolari (ex Iacp, il cui settore è sostanzialmente fermo da anni anche per un complicato meccanismo di ripartizione delle risorse tra Stato centrale e Regioni) ma neanche così abbienti da poter accedere ai prezzi del mercato libero. In Europa è una formula rodata. In Inghilterra lo Stato contribuisce per circa 10 miliardi di euro all’anno. Qui da noi è ancora in uno stato embrionale.

Ad ogni modo il canone medio dell’housing sociale (e la formula della locazione si sta trasformando nel modello preponderante, dicono gli esperti) a Milano si aggira intorno ai 700 euro per un trilocale di 70-75 metri quadri, un prezzo economico per il mercato degli affitti milanese.

Ai costi (e ai potenziali ricavi, che per gli investitori si aggirano attorno a un rendimento del 3% più l’inflazione) di realizzazione hanno contribuito finora solo le fondazioni di origini bancaria (come Cariplo), ma anche le casse previdenziali, le compagnie assicurative.

Una sorta di edilizia low cost, che però si differenzia dall’edilizia popolare pura per la sua declinazione welfare. S’immagini un condominio in cui il collante sociale è garantito da una serie di servizi legati alla cura della persona (dalla baby-sitter per i bambini alla badante per gli anziani), in cui i condomini possano persino aiutarsi l’un l’altro offrendo servizi legati alla cura della persona. Fanta-società?

La Commissione europea ha riconosciuto la necessità di affrontare l’aumento dei prezzi delle abitazioni e dovrebbe presentare il piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili all’inizio del 2026.

L’introduzione di nuove priorità nel prossimo bilancio pluriennale dell’Ue dovrebbe essere accompagnata da adeguati finanziamenti europei. La Bei dovrebbe essere coinvolta. Basterà?

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