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Supercomputer, la squadra italiana del progetto Dare per costruire i chip europei

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L’Europa può costruirsi i suoi supercomputer da sola? Può, quindi, produrre chip per il supercalcolo e per l’intelligenza artificiale? Secondo Bruxelles sì, tanto che sulla scommessa della sua autonomia digitale (chiamata Dare – Digital Autonomy with RISC-V in Europe) ha puntato 240 milioni di euro coinvolgendo 38 partner in Europa.

La squadra di Dare (che è parte dell’iniziativa per i supercomputer europei, l’EuroHPC Joint Undertaking) è composta da diverse aziende e università italiane. Queste ultime sono coordinate per la parte software da Marco Aldinucci, professore dell’Università di Torino specializzato in calcolo parallelo e principal investigator nel progetto Dare per ICSC, il Centro nazionale di ricerca in Hpc, big data e quantum computing.

Nonostante l’Europa abbia i propri supercomputer (tra cui quelli di Bologna, sede di una delle principali AI Factory del continente) le tecnologie che assembliamo sono sempre di fornitori extra europei.

L’investimento serve a colmare quel buco (anche se da solo non sarà sufficiente) e a definire una roadmap per i supercomputer ‘post exascale’ europei, la generazione successiva alle macchine più potenti oggi presenti sul pianeta. I 240 milioni copriranno i primi tre anni del progetto. Ma dopo un primo checkpoint, è previsto che si arrivi a sei, con l’Ue che dovrà a quel punto decidere se rifinanziare.

“La maggior parte di questi fondi sarà destinata all’industria, in particolare per la realizzazione fisica dei chip, che comporta costi significativi, anche legati alla stampa e alla produzione dei processori. Ma sarà fondamentale preparare l’intero ecosistema: dal sistema operativo all’ambiente di sviluppo, fino all’interazione con le università italiane ed europee. Una volta realizzato un chip, serve tutto l’ambiente software e operativo per farlo funzionare”, dice il professore.

Supercomputer – le quote delle performance del super calcolo tradizionale elaborate dalla classifica Top 500, che non comprende però le macchine costruite per l’intelligenza artificiale. L’Italia è terza al mondo. Grafico di Niccolò Iacovelli, dati Top500

I tre chiplet per supercomputer

Ruota tutto intorno a 3 tipi di chiplet, un piccolo chip integrato che svolge una funzione specifica all’interno di un processore. Invece di realizzare un singolo chip monolitico (tutto in un unico pezzo), l’architettura a chiplet divide il progetto in componenti più piccoli, il che permette di abbattere i costi.

Il primo chiplet, un general purpose processor (Gpp), è per il supercalcolo ‘tradizionale’. Gli altri due sono per l’AI: un Vector accelerator (Vec) per calcoli Hpc di alta precisione e applicazioni nella convergenza tra supercalcolo e AI, e un AIpu (AI processing unit). Ottimizzato per l’inferenza AI (la fase in cui i modelli fanno previsioni) quest’ultimo sarà sviluppato da Axelera AI, la società a guida italiana partecipata da Cdp Venture Capital che in tre anni ha raccolto 200 mln di euro. Di questi, 61 mln sono arrivati proprio nell’ambito del progetto Dare.

Come avverrà la produzione dei chip? L’obiettivo è costruire una filiera completamente europea, “per garantire il controllo totale della catena produttiva”.

In un momento storico segnato da tensioni geopolitiche e dalla centralità dei dati, costruire un’autonomia digitale è cruciale, anche se nel caso del progetto Dare non sarà immediata. Fra tre anni i chip non saranno ancora pronti per la produzione di massa ma ci saranno i primi prototipi da cui ottenere “feedback significativi”, spiega il professore.

Per produrre i chip e il software verrà utilizzato il RISC-V, uno standard open source per processori, che consente a chiunque di usarlo o modificarlo senza dover pagare licenze o chiedere autorizzazioni.

“Con i modelli proprietari tradizionali, per realizzare un processore serve una licenza e il fornitore può anche decidere di non concederla o imporre condizioni restrittive”, dice Aldinucci. Insomma, uno standard aperto potrebbe avere vantaggi economici enormi. Permetterebbe di tagliare i costi normalmente necessari per l’acquisto delle licenze relative ai processori, e anche di fare ricerca con più libertà.

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Come funziona il progetto per i supercomputer Made in Europe

Ci sarà una fase di “freeze delle specifiche” dei sistemi, prevista attorno alla metà del progetto Dare, per fissare una versione stabile del chiplet da inviare in stampa – un processo lungo che può durare anche un anno. “Per avere un chip pronto al terzo anno, bisogna concludere la progettazione intorno al mese 18“, spiega Aldinucci.

Dopo questa fase, si avvia la verifica tramite simulatori e prototipi, per apportare eventuali piccole correzioni prima della vera produzione. Nel frattempo, si comincia già a lavorare alla versione successiva, in un processo di co-progettazione hardware-software che rende il sistema più solido e compatibile fin da subito.

“L’hardware deve essere potente, ma è il software a fare la differenza. È fondamentale che le applicazioni esistenti funzionino senza problemi anche con questi nuovi chip. Quando usano un programma, gli utenti finali vogliono aprire Word o Excel e che tutto funzioni come prima”, senza farsi domande sul processore che stanno usando, spiega Aldinucci.

Sistemi più sicuri

Il progetto ha anche un risvolto legato alla sicurezza e alla difesa. Avere il controllo totale della filiera significa poter garantire che i chip “non abbiano backdoor, non trasmettano dati all’esterno e non possano essere attivati o disattivati da remoto. Questo è essenziale per applicazioni critiche”, dice Aldinucci.

Quanto margine c’è per migliorare rispetto ai sistemi tradizionali extra europei? In generale, superare i processori migliori sotto il profilo dell’efficienza energetica (uno dei temi chiave nello sviluppo di supercomputer) è difficile.

Tuttavia, il progetto punta alla specializzazione, dice Aldinucci: “Un po’ quello che è successo quando i telefonini hanno iniziato a contare i passi anche da spenti. Tenerli sempre accesi avrebbe consumato troppa batteria, quindi si è introdotto un componente specializzato che fa solo quello, consumando pochissimo. Questo è il concetto: realizzare componenti specializzati, super efficienti, per compiti mirati”.

I partner italiani di Dare

L’iniziativa europea da 240 milioni di euro cGoinvolge 38 partner. Ecco la squadra italiana

Le aziende coinvolte sono Axelera AI, E4 Computer Engineering e Leonardo.

Tra le università e gli enti di ricerca figurano Cineca, Università di Bologna, Università di Torino, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Università Sapienza di Roma, Infn, Icsc, Università di Pisa, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste. L’iniziativa europea è coordinata dal Barcelona Supercomputing Center.

L’obiettivo è arrivare a una vera roadmap per i supercomputer post-exascale europei, cioè una nuova generazione di supercomputer progettati, costruiti e ottimizzati in Europa.

 

 

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)

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