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L’Italia ha bisogno di un welfare di precisione

L’Italia ha bisogno di un “welfare di precisione”. L’intuizione era già contenuta nell’ultimo Rapporto “Welfare, Italia”. E’ diventata più evidente nella terza edizione dell’indagine, che verrà presentata in autunno, ma di cui sono state fornite anticipazioni nei giorni scorsi in un seminario riservato organizzato dai promotori dell’iniziativa: il gruppo Unipol e The European House Ambrosetti.

Veronica de Romanis, l’economista che fa parte del think tank, ha sviluppato il concetto: “Welfare di precisione vuol dire un sistema di protezione sociale che arriva a chi ne ha veramente bisogno”. Nel mirino della de Romanis la mancata occasione del Mes (argomento scomparso, forse troppo rapidamente dall’agenda politica e mediatica) così come l’inefficiente processo avviato con il Reddito di cittadinanza (vista la crescita del tasso di famiglie in povertà) o l’inutile e dannoso blocco dei licenziamenti.

E’ toccato a Lorenzo Tavazzi, partner di The European House Ambrosetti, illustrare le anticipazioni della terza edizione del Rapporto “Welfare, Italia”. Ci sono 5 buone e urgenti ragioni per mettere il welfare al centro dell’agenda politica del Paese: “Innanzitutto il welfare vale il 66,5% della spesa pubblica italiana con dinamiche crescenti e tensioni sulle diverse componenti – ha spiegato Tavazzi – in secondo luogo l’Italia è stretta in una doppia tenaglia demografica di invecchiamento e bassa natalità che frena il potenziale di crescita e mina la sostenibilità futura; terzo: il mercato del lavoro presenta criticità strutturali, che vanno dalla disoccupazione giovanile alla partecipazione femminile alle politiche attive non efficaci; quarto punto: il sistema di welfare nazionale mostra marcate disomogeneità territoriali. Infine la pandemia Covid-19 ha indotto conseguenze significative sulla capacità di sviluppo dell’Italia, già reduce da 20 anni di bassa crescita con impatti diretti per il sistema del welfare”.

Qualche numero: quei due terzi di spesa pubblica (66,5%) che vanno al welfare valgono in assoluto poco meno di 570 miliardi di euro. E si compongono di spesa sanitaria, previdenza, politiche sociali e istruzione. Tra le più evidenti criticità ci sono le politiche attive per il lavoro, che si sono rivelate poco efficaci. Anche perché il rapporto tra spesa per le politiche passive (la pura protezione: dalla Cig all’indennità di disoccupazione) e politiche attive è pari a 0,24. Nell’ultimo anno solo il 2,2% dei nuovi assunti ha trovato lavoro tramite i Centri per l’impiego. E solo il 52% dei lavoratori italiani partecipa a corsi di aggiornamento permanente delle competenze, contro il 72% nei Paesi Bassi e il 63% in Svezia.

Anche quest’anno viene riproposto il “Welfare Index Italia”, un indice elaborato dal think tank di “Welfare Italia” che si propone di misurare lo spread di welfare che c’è nel Paese. Una sola è la Repubblica, ma nelle venti regioni le cose vanno assai diversamente circa le politiche di welfare (dalla sanità alle politiche sociali fino alla formazione). La conferma di due Italie contrapposte. L’indicatore più alto (il massimo teorico è 100 punti) è nelle province autonome di Trento e Bolzano (rispettivamente l’index segnala 83,4 e 80,5 punti), seguite da Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. In fondo, manco a dirlo, Calabria (55,2 punti), Campania e Basilicata.

Sono state individuate tre grandi dinamiche di cambiamento e due sfide che impatteranno il modello di welfare. Le dinamiche di cambiamento sono la trasformazione delle modalità di vita-lavoro (smart working e non solo), l’accelerazione della trasformazione digitale, la crescente complementarietà pubblico-privato. Le sfide? Il superamento necessario del dualismo nel mondo del lavoro e la resistenza alle marginalizzazioni territoriali.

Il sistema di strumenti, servizi e interventi finalizzati ad offrire ai cittadini le migliori e le più moderne risposte universalistiche di protezione sociale devono abilitare alle condizioni di piena autorealizzazione e proattività dell’individuo, garantendo la tenuta sociale del Paese e la protezione di coloro che necessitano di tutele attraverso strumenti mirati e precisi, verso un modello di welfare di precisione.

Per “Welfare, Italia” ci sono quattro grandi temi di sviluppo del sistema di welfare nazionale, a cui il Pnrr è chiamato a rispondere: assicurare quella maggiore precisione della spesa sociale, diretta verso il fruitori meno tutelati; potenziare quella complementarietà pubblico-privato per favorire la sostenibilità e la copertura universalistica del welfare; integrazione digitale come porta di accesso unica e integrata per tutti i bisogni di welfare del cittadino; rafforzamento degli investimenti nelle politiche attive e nel mondo del lavoro.

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