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Metano, 24 Paesi aderiscono al programma anti emissioni

La riduzione delle emissioni di metano entra sempre più a pieno titolo nella lotta ai cambiamenti climatici. Ventiquattro nuovi Paesi hanno annunciato la loro adesione al Global Methane Pledge, l’iniziativa dell’Unione Europea e degli Stati Uniti in preparazione della Conferenza Onu di novembre sul riscaldamento globale. Un impegno “per la riduzione da qui al 2030 delle emissioni” di uno dei gas maggiormente responsabile delle alterazioni del clima. Arrivano così a 30 gli Stati sottoscrittori che insieme rappresentano “il 60% dell’economia globale”. Un traguardo di rilievo, forse nemmeno l’ultimo, che segna progressivamente un’aumentata consapevolezza sui danni del metano e su quanto le sue emissioni incidano sulle temperature.

Finora la politica si è concentrata prevalentemente sulla C02, ma è la riduzione delle emissioni di metano la strategia più conveniente per intervenire sul riscaldamento della Terra. Lo dicono le più importanti associazioni ambientaliste: il metano “ha 84 volte più potenziale di riscaldamento globale in un periodo di 20 anni rispetto alla CO2”, denuncia da tempo Greenpeace. Sulla stessa linea sono i promotori del Global Methane Pledge. Presenti in teleconferenza al vertice odierno il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, capo negoziazione sul clima per Bruxelles, e l’inviato speciale del presidente Usa, John Kerry. Con la direttrice esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, Inger Andersen, hanno ribadito quanto sia importante insistere su un abbassamento rapido delle emissioni di questo gas per mantenere a portata di mano l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi Celsius.

L’Unione Europea oggi ha anche aggiunto un tassello: la riduzione riguarderà anche “le importazioni”. A darne notizia lo stesso Timmermans delineando un quadro più completo sulle prossime mosse dell’Europa. Poiché “la maggior parte delle emissioni di metano avviene fuori dall’Ue”, ha fatto sapere, la Commissione è pronta a proporre “una legislazione per ridurre anche quelle che avvengono fuori” del Vecchio Continente e che importiamo”. Per sapere in cosa consiste esattamente la proposta bisognerà attendere. Quello che sembra assodato è l’orientamento di Bruxelles e Washington che guidano – in vista della Cop 26 in Scozia – uno schieramento sempre più ampio che vuole standard più rigidi sul noto idrocarburo, a partire dalle tecnologie usate per quantificarne i livelli nell’atmosfera.

Tra i nuovi sostenitori del Global Methane Pledge ci sono Francia, Germania, Canada, Israele, Giappone, Giordania e Svezia. Tra i primi firmatari figurano Stati Uniti, Italia, Messico, Regno Unito, Argentina, Indonesia. I 30 Paesi che hanno aderito fino ad oggi rappresentano il 30 % delle emissioni globali di metano. Una coalizione di peso che tuttavia dovrà anche affrontare uno dei temi più scottanti che riguarda il settore in maggior misura responsabile delle emissioni: stiamo parlando delle produzioni in ambito alimentare. Sul banco degli imputati ci sarebbe la rapida crescita dell’agricoltura industriale e del consumo eccessivo di carne e latticini. Il comparto agricolo risulta responsabile del 40% delle emissioni globali di metano, mentre nel settore zootecnico si registra un aumento del 70% da sessanta anni a questa parte e si stima che potrebbero crescere ulteriormente. Il tema è centrale. Per trovare soluzioni e consentire un taglio risolutivo che consenta il perseguimento degli obiettivi sul clima non si possono perdere di vista le cause principali del problema. Sarebbe un errore in partenza.

Annamaria Graziano

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