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Confindustria, crescita stimata del Pil +0,4% nel 2023

Carlo Bonomi, Fortune Italia

“Crescita modesta”. Sono le parole che il centro studi di Confindustria usa per stimare il Pil 2023. Una crescita dello 0,4%, “in netto rallentamento rispetto alla media del 2022” ma comunque “più favorevole di quanto ipotizzato appena qualche mese fa” quando si prevedeva una crescita zero. Questo miglioramento, ragionano a Viale dell’Astronomia, è “esclusivamente legato alla migliore dinamica nella seconda metà del 2022. Escludendo il trascinamento per quest’anno si conferma una crescita piatta”. Per il 2024 “invece, grazie al rientro dell’inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale, si registrerà una dinamica migliore anche in Italia (+1,2%)”.

E’ già pari al +0,4% – è l’analisi del Centro studi di Confindustria – “la variazione acquisita per il 2023, ovvero quella che si avrebbe se i quattro trimestri registrassero una crescita nulla”. È così “grazie soprattutto all’ottima performance del secondo trimestre 2022 e alla buona tenuta osservata nel terzo”: così la crescita nello scorso anno “non ha risentito in modo particolare della riduzione del quarto trimestre (-0,1%), meno negativa del previsto” e “trasmette all’anno appena iniziato una eredità positiva”. Con “il prezzo dell’energia ancora alto” e “l’inflazione ancora alta”, i “tassi al rialzo” sono un freno all’economia”, in uno “scenario internazionale complicato quest’anno”.

Il quadro delineato dalle ‘previsioni di primavera’ degli economisti di via dell’Astronomia “esclude nuovi significativi impatti economici della pandemia in Italia e nel mondo ed assume che le conseguenze economiche della guerra in Ucraina siano già scontate da famiglie, imprese e mercati finanziari”.

Avverte tuttavia che “tra i rischi, oltre a quelli connessi alla corretta calibrazione della politica monetaria, c’è la possibilità di un aumento dell’instabilità finanziaria che può coinvolgere, come emerso di recente, la solidità delle banche a livello internazionale (dopo gli episodi in Usa e Svizzera) e i mercati immobiliari che potrebbero risentire più del previsto dell’aumento dei tassi, come ci ricorda la crisi dei mutui subprime del 2008″.

L’Inflazione è “alta ma in calo”: la stima nelle ‘previsioni di primavera’ di Confindustria è che scenda al +6,3% in media nel 2023 ed al +2,3% in media nel 2024. Con “l’energia in calo e gli alimentari no”. Sulla crescita la sintesi è: “calo a inizio 2023 e poi ripartenza lenta”. Il primo trimestre 2023 è visto ancora in contrazione, “poco più ampia di quella di fine 2022”. Nel secondo e terzo trimestre 2023 “invece è probabile un rimbalzo statistico”.

Ed a partire dal terzo trimestre, l’inflazione attesa in calo – e nonostante il rialzo dei tassi – “favorirebbe una dinamica positiva del Pil” fino alla fine del 2024, “con un profilo moderato ma superiore alla media storica pre-crisi” grazie anche a investimenti e riforme del Pnrr. Tra i principali rischi dello scenario previsto restano “anzitutto la politica monetaria” ma anche “la dinamica dei prezzi al consumo”. Sul delicatissimo fronte dell’occupazione c’è un “input di lavoro a ritmo smorzato”: il dato statistico delle ‘Ula’, unità di lavoro equivalenti a tempo pieno, è atteso pari alla crescita economica nel 2023 (+0,4%) ed inferiore nel 2024 (+0,8%).

Con il tasso di disoccupazione che nelle previsioni di Confindustria resta “ancorato all’8% nel biennio”. I salari reali sono “visti in recupero dal 2024” mentre per i consumi resta una “dinamica debole” con una “ripresa rinviata al 2023” anche per “l’erosione dei redditi da parte dell’inflazione”. Nel 2023 è prevista anche una “frenata degli investimenti” (anche per “il graduale venir meno di alcune agevolazioni fiscali in campo edilizio”, e per “condizioni di finanziamento più stringenti”) che dovrebbero poi vedere una “crescita più sostenuta nel 2024”.

“Tiene l’industria italiana” con “attese sulla produzione favorevoli”. Il Commercio estero è stimato “in forte rallentamento” nel 2023, con le esportazioni che “rallenteranno bruscamente” (al +1,6% dal +9,4% del 2022) le importazioni che assisteranno ad “una frenata ancora più accentuata” (al +1,9% dal +11,8%).

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