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Pnrr e assistenza farmaceutica: se ne è discusso alla due giorni di Pompei

Avviare un confronto costruttivo e programmatico fra Regioni, è stato questo l’obiettivo della due giorni “La Governance Farmaceutica, accesso alle terapie, gestione e monitoraggio”. Un dibattito che ha dato voce ai maggiori esperti del settore e puntato a far nascere ideee profferti, a fornire strategie e linee guida per una crescita del comparto, alla luce delle opportunità del Pnrr e della gestione autonoma delle Regioni in materia di sanità.

A Pompei, che ha ospitato la convention, si è discusso in particolare di assistenza farmaceutica, che è uno degli ambiti del Servizio sanitario nazionale (Ssn) oggetto di numerosi interventi e provvedimenti normativi che mirano, fra l’altro, all’ottimizzazione della spesa sanitaria, in un momento storico in cui le risorse del nostro Paese risultano particolarmente contratte, mentre restano prioritarie le necessità dei pazienti a cui va garantito il rispetto del piano terapeutico.
Gli interventi degli esperti, fra cui Federico Lega, direttore centro di ricerche e alta Formazione dell’università degli studi di Milano, Achille Iachino, direttore generale dispositivi medici e servizio farmaceutico Ministero Salute, Anna Teresa Palamara, direttore dipartimento malattie infettive dell’istituto superiore di sanità, Enrico Coscioni, presidente Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, hanno aperto i lavori fornendo un quadro d’insieme che ha indagato gli aspetti più generali del comparto, e da cui è emersa la necessità di esercitare una maggiore azione programmatica coordinata, pur nel rispetto delle autonomie regionali, per poter avviare dei processi omogenei di offerta del servizio sanitario, che premi al contempo le eccellenze locali e valorizzi i casi di successo che già si stanno sperimentando fin nelle singole Asl di competenza.

Il Pnrr, in particolare, rappresenta per il settore un importante strumento di adeguamento dei processi, rispetto a quelle che sono delle direttive complesse che riguarderanno l’intero comparto. Per entrare nel vivo, citeremo gli interventi operativi previsti dal Decreto ministeriale 77/2022, che prevede l’istituzione delle Case della Comunità, un modello organizzativo dell’assistenza di prossimità per la popolazione, che prevede la realizzazione di circa 1400 realtà, finanziate appunto con risorse Pnrr e  diffuse su tutto il territorio nazionale,  concepite per declinare in maniera concreta la medicina di prossimità, necessità già emersa nel corso della recente Pandemia, ovvero di alleggerire il sistema ospedaliero rispetto alla gestione di situazioni che possano prevedere un approccio più vicino al paziente.
Anche la casa può essere intesa come ‘primo luogo di cura’, in talune circostanze, laddove l’assistenza domiciliare va intesa come un servizio del distretto per l’erogazione di interventi programmati, nell’ambito di specifici percorsi di cura e con un piano personalizzato di assistenza: trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, diagnostici, saranno prestati direttamente al domicilio dell’assistito a cura del personale sanitario e sociosanitario qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana.
Si prevede inoltre la creazione della Centrale operativa 116117, un numero europeo armonizzato – Nea –  per le cure mediche non urgenti, mentre alla Centrale Operativa Territoriale (Cot) andrebbe la funzione di  coordinamento della presa in carico del paziente e  del raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: dalle attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere fino al dialogo con la rete dell’emergenza-urgenza.
Per prevedere poi la gestione di questi nuovi strumenti operativi, sarà necessario rivedere i ruoli e le competenze degli operatori del settore, e si pensa ad istituire la figura dell’Infermiere di Famiglia e Comunità, professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica, in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera, e che interagisce con tutti gli attori e le risorse del comparto per rispondere a nuovi bisogni attuali o potenziali dell’assistito.

In questa visione, la necessità di un momento  analisi e confronto è derimente, e l’evento di Pompei ha consentito di far emergere nuovi spunti di riflessione: la necessità di mettere il cittadino al centro della sanità, nella considerazione che vale a tutte le latitudini, che il paziente abbia bisogno di prossimità e capillarità del servizio.
Gli attori che si sono alternati sul palco dell’evento hanno affrontato, fra l’altro, anche proprio l’analisi delle opportunità offerte dal citato Dm 77/2022, che definisce di fatto i nuovi modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale del Sistema sanitario nazionale. Amedeo Blasotti, Direttore generale dell’Asl Caserta, ha indicato un problema legato alla necessità di un cambio culturale, che consideri anche l’età, a volte avanzata, degli operatori del settore, o anche la mancata disponibilità a coprire ruoli e territori più marginali e, di conseguenza, che maggiormente necessiterebbero di presenze qualificate.

Il progetto di Televisita messo a punto dall’Azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio, è stato presentato dalla direttrice sanitaria, Emilia Anna Vozzella, proprio come una risposta concreta e già attuata – in particolare in collaborazione con l’Asl di Salerno – che permette di raggiungere in tempi rapidi e con tempistiche di attesa ridotte, anche pazienti che si trovano in località remote e che farebbero fatica a raggiungere i centri medici e medicali non prossimi. In questo modo si garantisce un’assistenza specializzata anche in condizioni di particolare fragilità, ed è un servizio molto apprezzato anche dagli anziani, in base alle testimonianze dirette raccolte, che smentiscono il tema della barriera tecnologica all’ingresso dovuta all’età o alla poca familiarità dei pazienti meno giovani rispetto all’utilizzo di computer e telecamere.

Le risposte alle esigenze specifiche, quindi, sono già in atto, e la programmazione delle soluzioni personalizzate, ma anche dell’accesso razionalizzato ai servizi medici ed ai farmaci, potrebbe venire dall’applicazione degli strumenti digitali nella gestione dei dati dei pazienti. Un approccio digital first, però, sarebbe prematuro, nella lettura che ne da Gennaro Sosto, Direttore generale dell’Asl Salerno, che immagina un percorso più graduale di approccio all’uso dell’Intelligenza artificiale nella gestione dei big data. I dati sanitari sono dati sensibili, e questo rappresenta una prima criticità, a cui va sommata la necessità di formare nuove risorse che siano in grado di far fronte a queste necessità che diventano importanti ai fini dell’ammodernamento del sistema sanitario locale. Questa programmazione centralizzata, potrebbe consentire un accesso ai farmaci più razionale, magari superando anche quelli che sono i vincoli burocratici che alle volte rallentano l’approvvigionamento dei medicinali, rallentando le forniture, con conseguenze anche sui piani terapeutici dei pazienti. Ne ha parlato Edoardo Nava, direttore dipartimento farmaceutico Asl Napoli 3, che ha voluto indicare, come soluzione possibile, quella di estendere anche ai provveditorati la facoltà di provvedere alle richieste di farmaci per il fabbisogno delle singole aree di competenza. Il settore, inoltre, si trova anche a dover far fronte a delle situazioni emergenziali non programmate, com’è avvenuto di recente quando, a livello nazionale, c’è stata la difficoltà di reperire qualche centinaia di farmaci, in conseguenza a situazioni dovute a problemi produttivi.

La due giorni ha confermato la necessità di un dialogo costante fra le Regioni, che viene già in pratica realizzato in maniera proficua ai fini di scambio di esperienze e indirizzi programmatici. 
I singoli sistemi locali devono poi tener conto di un’attività di coordinamento e monitoraggio esercitati a livello nazionale, ma spesso a livello di prestazioni nei confronti dei cittadini, si è assistito ad un’offerta differenziata e non omogenea, con il risultato di una declinazione differente del diritto alla salute sui vari territori. Le conseguenze di questa ‘frammentazione dell’offerta’ ha interessato anche l’assistenza farmaceutica.
Dal canto loro, le Regioni hanno messo in campo interventi mirati a ridurre il disavanzo e a non sforare i tetti di spesa stabiliti, ma questo ha aumentato spesso le condizioni di disomogeneità del servizi sul territorio nazionale che sono sfociati, in alcuni casi, in difficoltà di accesso alle terapie farmacologiche, a causa di tempistiche differenziate di fornitura, di approvvigionamenti dilatati nel tempo, e criteri di accesso alle cure che non sempre erano in linea con quelle dall’Agenzia italiana del farmaco.

Pur riconoscendo che l’autonomia delle Regioni, in tema di Sanità e in particolare di farmaceutica, è stabilità dalla legge e che ha spesso condotto a virtuose esperienze locali, è altrettanto condivisa da quasi tutti i professionisti della Sanità la necessità di omogeneizzare alcuni comportamenti regionali, per assicurare un accesso equo all’assistenza farmaceutica sull’intero territorio nazionale. 

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