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Aumentano i contratti di lavoro stabili, ma cresce la richiesta di salari adeguati

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Velasco25 Articolo

Nei primi quattro mesi dell’anno, il mercato del lavoro italiano ha mostrato segnali positivi, con un aumento significativo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, secondo quanto rilevato dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Durante questo periodo, sono stati attivati ben 2,65 milioni di nuovi contratti di lavoro, mentre ne sono cessati 2,04 milioni, con un saldo positivo di circa 610mila contratti.

Questo trend positivo è principalmente guidato dai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, che hanno registrato un aumento netto di oltre 250mila contratti, pari al 30,7% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’aumento della domanda di lavoro da parte delle aziende è una buona notizia per l’economia italiana, ma i lavoratori cercano sempre più di recuperare il terreno perduto rispetto all’inflazione. Con questo obiettivo, l’assemblea della Cgil ha annunciato l’avvio di una consultazione a partire da settembre per valutare possibili forme di mobilitazione, incluso lo sciopero generale. La Cgil intende proporre una legge di iniziativa popolare per una legge sulla rappresentanza di sostegno alla contrattazione nazionale e per un salario minimo, al di sotto del quale nessuno dovrebbe essere costretto a lavorare.

Sebbene il numero di attivazioni di nuovi contratti a tempo indeterminato sia diminuito leggermente rispetto allo stesso periodo del 2022, con una riduzione del 3,7% (pari a 512mila unità), è evidente una crescita sostenuta per le trasformazioni da contratto a termine e una riduzione dei licenziamenti e delle cessazioni da contratto stabile. Questo suggerisce che i datori di lavoro cercano di trattenere il personale che ha dimostrato di funzionare bene, in un periodo di crescita economica.

Le trasformazioni in contratti stabili nel periodo considerato sono state quasi 281mila, con un aumento del 11,3% rispetto allo stesso quadrimestre del 2022, mentre le cessazioni da contratti a tempo indeterminato sono scese poco sopra quota 563mila, con una diminuzione del 9,5% dopo l’aumento registrato nel 2022, quando è terminato il blocco dei licenziamenti legato all’emergenza pandemica.

La tendenza verso la stabilità del lavoro è ancora più evidente quando si considera il saldo annualizzato, che rappresenta la variazione tendenziale su base annua delle posizioni di lavoro. Ad aprile 2023, si registra un saldo annualizzato positivo pari a 492mila posizioni di lavoro, con una variazione positiva di 390mila unità per i contratti a tempo indeterminato e di 102mila unità per tutte le altre tipologie di lavoro. Questi dati includono un aumento di 36mila unità per i lavoratori intermittenti, 27mila per gli apprendisti, 26mila per gli stagionali, 24mila per i contratti a tempo determinato e una diminuzione di 11mila per i lavoratori somministrati.

Sebbene questi numeri siano positivi, c’è ancora una sfida per le aziende nel trovare il personale necessario. Questa difficoltà è aggravata dalla crescita economica e dalla riduzione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione sostenuta. Secondo l’Istat, il potere d’acquisto delle retribuzioni dovrebbe arretrare anche quest’anno, con i salari monetari che dovrebbero crescere in media del 2,5% e un’inflazione acquisita al 6,1%.

Per coprire le posizioni rimaste aperte, sarà cruciale rivolgersi sempre di più alle donne e ai giovani, finora più lontani dal mercato del lavoro rispetto alla media degli altri paesi europei. Tuttavia, per incoraggiare una parte di queste persone ad uscire dall’inattività, sarà essenziale affrontare il tema del salario, insieme ai tempi di vita e di lavoro e alla formazione. Solo così si potrà sfruttare appieno il potenziale del mercato del lavoro italiano e creare un futuro migliore per tutti.

 

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