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L’ex operaio che può salvare le auto elettriche: Fiorenzo Dioni si racconta

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Velasco25 Articolo

Fiorenzo Dioni, tra gli inventori dell’anno per lo European patent office, ha progettato una Gigapress in grado di rivoluzionare la produzione dell’auto.

“Mi chiamano ingegnere e dottore, ma io ho un diploma di scuola superiore, e gli ultimi tre anni ho fatto la serale. A quel tempo ho perso mio padre e ho iniziato a lavorare molto presto”. È iniziata così la carriera di Fiorenzo Dioni, che a luglio scorso – senza avere una laurea – è stato inserito tra gli inventori dell’anno dell’European patent office insieme al collega Richard Oberle (a destra nella foto in evidenza insieme a Dioni) grazie al sistema di iniezione della loro Gigapress, il bestione che permette di creare componenti di automobili molto grandi in meno tempo, saltando i normali passaggi di assemblaggio necessari con componenti più piccoli e risparmiando energia.

L’invenzione è stata sviluppata da Idra, media azienda che spedisce presse industriali in tutto il mondo dal distretto che regna incontrastato sul settore: Brescia. L’intuizione dell’allora direttore generale di Idra, Riccardo Ferrario, ora brand ambassador, è stata di anticipare i tempi, viste le richieste del mercato di aumentare la forza delle presse su modelli già esistenti.

Soprattutto di un cliente che Dioni non può rivelare per via di un NDA, ma che è con ogni probabilità la Tesla di Elon Musk, unica azienda che già nel 2015 che, quando è arrivata la richiesta, poteva aver bisogno in tutta fretta di un processo industriale molto più efficiente per abbattere i costi della produzione di veicoli elettrici.

È nata così la Gigapress, che Dioni ha progettato e sviluppato e alla quale ha applicato, con il collega Richard Oberle, l’innovativo e brevettato sistema d’iniezione 5S.

Esaudire la richiesta non era facile: bisognava passare dalle 4.500 tonnellate di ‘forza di chiusura’ di una pressa normale, che può essere usata per realizzare pezzi grandi al massimo quanto un portellone posteriore o un blocco motore, alle 9.000 di una gigapress, che sforna elementi strutturali molto più grandi.

Una macchina che pesa 760 tonnellate da progettare, costruire, assemblare, testare, smontare, trasportare – in 32 casse da 5 metri cubi – e rimontare a casa del cliente, magari dall’altra parte del mondo. In tutto, alla Gigapress lavorano circa novanta persone, dice Dioni. L’intuizione che è valsa il premio è stata quella di un nuovo sistema di iniezione delle leghe necessarie allo stampo, come l’alluminio e il magnesio. “Iniettarne 50 kg è una cosa, ma arrivare a 150 kg è una sfida. Quindi mi sono preoccupato di salvaguardare le performance del gruppo iniettore, così come energy saving, manutenzione e sicurezza dei lavoratori. Le Gigapress la fanno anche i concorrenti, ma è la parte di iniezione, il brevetto, a fare la differenza”.

Mossa da forza oleodinamica, la Gigapress di Idra rigenera l’energia che viene spesa durante la fase di iniezione del metallo, dimezzando perdite di carico e limitando i tempi di ricarica del fluido necessario per muoverla. Secondo Idra le versioni recenti della Gigapress riducono del 54% il consumo di energia. Il risultato, dice Dioni, “ha cambiato il mondo della pressofusione. Le parti strutturali delle auto sono diventate un unico pezzo in alluminio quando prima erano in acciaio elettrosaldato, con 70 pezzi da tagliare e assemblare. E così l’investimento per il produttore è limitato”.

Quanto? “In generale il risparmio è attorno al 30- 40%”.

Nonostante sia stata associata sui media ai veicoli elettrici e nonostante al momento i clienti la utilizzino effettivamente per quello, la pressa di Dioni e Oberle può essere usata anche per auto a combustione interna. D’altronde, spiega l’inventore, si tratta semplicemente di produrre componenti molto grandi con più efficienza. Ma per un settore in difficoltà come l’elettrico risparmiare sui costi di produzione diventa ancora più essenziale.

“Ora l’auto elettrica è in flessione: in Europa siamo in una fase di stasi, Volkswagen è in difficoltà, si punta molto sui biocombustibili e anche in Cina il maggior produttore, Byd, in realtà realizza molti più ibridi plug-in che auto elettriche. Lo scorso anno su 700mila veicoli assemblati solo un 10% erano completamente elettrici”, dice Dioni.

Anche Volvo, cliente di Idra che installerà le Gigapress nel suo stabilimento in Repubblica Ceca, ha rinunciato ad avere una flotta completamente elettrica entro il 2030.

Oltre a vendere la gigapress l’azienda – che ha 130 persone in Italia e decine sparse tra Cina, Usa e, di recente, Messico – vende anche il progetto, che i clienti utilizzano per fare ricerca e sviluppo. Tra questi curiosi ci sono anche i produttori di auto tradizionali di tutto il mondo, dal Brasile alla Corea, dice Dioni, premiando un’invenzione che è stata una scommessa.

“C’era il rischio che la cosa non andasse a buon fine. Il ciclo macchina per l’iniezione prevede tre fasi, noi l’abbiamo ridotta a una, con un sistema che rigenera l’energia. Ora sto studiando una applicazione che ridurrà ancora il target energetico, perché queste macchine consumano parecchio. E sono oleodinamiche, usano fluidi che sono subordinati allo smaltimento: sto lavorando per ridurli e aumentare l’uso dell’elettricità con la semplificazione della meccanica”.

Inoltre, oltre ad applicare il nuovo sistema di iniezioni alle presse più piccole, si sta lavorando alla manutenzione predittiva per semplificare il lavoro. Un concetto al quale, da ex operaio, Dioni tiene molto. “Dal 2000 sono in Idra ma faccio questo lavoro dall’84. Già dal ’79 però facevo l’operaio. Ho avuto fortuna. Oggi un percorso come il mio è molto più difficile, si cercano solo laureati mentre il salario si è abbassato. Non è vero che i ragazzi non hanno più voglia di lavorare. È vero invece che noi boomer siamo stati trattati un po’ troppo bene. Inoltre, ho quasi sempre avuto libertà di progettare e avere nuove idee. Adesso la vedo più complicata: c’è maggiore burocrazia, e la necessità di avere un risultato immediato. Quando cerco nuovi innesti, cerco persone che abbiano voglia di imparare, che abbiano studiato ma che abbiano anche curiosità e la capacità di ammettere i propri errori, perché chi sbaglia e poi accampa scuse non potrà mai imparare”.

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