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Comprare casa in Italia? Per un lavoratore ci vogliono 70 stipendi

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Velasco25 Articolo

In Italia comprare casa rimane un sogno per molti e non bastano gli accessi agevolati al credito, perché nelle principali metropoli, Milano ad esempio, i prezzi per le zone centrali viaggiano sugli 8 mila euro al metro quadro. Il centro vive di palazzi Liberty con affitti da capogiro per nulla accessibili ad una persona con stipendio medio, seppur dignitoso. Anche il centro di Roma, Firenze o Napoli è per pochi, un’alternativa zona a traffico limitato mentre le periferie, secondo i sondaggi sempre più insicure, si svuotano diventando quartieri dormitorio. Secondo l’ultimo report del centro studi Scenari Immobiliari in collaborazione con Istat, un lavoratore per poter acquistare casa in un centro urbano in Italia deve mettere da parte, in media, circa 70 stipendi mensili.

La ricerca mette in evidenza un dato fondamentale: il costo delle case continua a crescere più velocemente degli stipendi. Negli ultimi cinque anni, le retribuzioni sarebbero aumentate – secondo ISTAT- del 6% ma il costo medio di un immobile nel centro dei capoluoghi sarebbe cresciuto del 7.3%. A essere interessate da questo fenomeno sono principalmente le grandi città e i centri turistici e universitari. Cinque sono le città che, secondo il ranking emerso da questo studio, si pongono al di sopra della media: 1. Roma (164,8 mensilità); 2. Venezia (159 mensilità); 3. Firenze (150,5 mensilità); 4. Napoli (139,7 mensilità); 5. Rimini (134,8 mensilità).

 Roma e Milano si confermano le città più care
Milano e Roma rimangono le città più care, lo sa bene chi preferisce l’affitto, anche quello rigonfiato negli ultimi tre anni post pandemia.  Nel capoluogo lombardo il prezzo medio di vendita a metro quadro è di 5.850 € e nella capitale è di 5.550 €. Nonostante questo, Roma supera Milano in termini di mensilità necessarie, 164,8 contro le 129,7 della città meneghina che comunque mantiene un rapporto molto alto tra i prezzi degli immobili e le retribuzioni necessarie per acquistarli.

La crescita di questo trend nella capitale sarebbe cominciata nel 2015, proseguendo con una costante diminuzione dell’offerta di immobili. Nel 2023 la perdita di disponibilità era di circa 41.800 case. I quartieri più proibitivi per incremento del prezzo non sono più soltanto i centralissimi: 1. Cipro (8,0%), 2. Aventino (7,8%), 3. Piazza Bologna (7,8%), 4. Merulana (7,8%), 5. Montemario (7,4%), 6. Trevi (7,3%), 7. Piazza del Popolo (7,1%), 8. Monteverde Vecchio (7,1%), 9. Clodio (6,8%), 10. Libia (6,7%).

I costi polarizzano il paese
Da una parte vi sono città come Venezia, Milano, Roma, Firenze, Como, Trento, Napoli, Rimini, Ferrara, Bologna, Torino e Verona che si collocano ben sopra la media tracciata da questa indagine, Dall’altro vi sono città dove questa soglia si è gradualmente abbassata. A Rieti il valore degli immobili segna meno 4,3% a fronte di un aumento delle retribuzioni pari al 16%. Attualmente un lavoratore che desideri comprare casa a Rieti deve mettere da parte soltanto (si fa per dire) circa 45 stipendi mensili (meno di quattro anni). Anche in molte città del Mezzogiorno il costo degli immobili è decresciuto negli ultimi cinque anni: Lecce (-8,3%), Messina (-7,4%), Benevento (-6,4%), Matera (-6,1%), Reggio Calabria (-5,9%) e Crotone (-5,5%). Tuttavia, questo trend è dovuto a una disponibilità di offerta causata dal crescente esodo dei residenti verso il centro-nord, segnando quindi un significativo mismatch tra attrattività e costo della vita.

 La “trappola” del turismo di massa
Se è vero che la progressiva diminuzione degli immobili disponibili è una variabile importante nel determinare l’aumento dei prezzi, è anche vero che questa è causata dal turismo di massa e dall’affluenza degli studenti. In questo senso, città come Venezia, Firenze, Napoli, Rimini ma anche Bologna e Verona, dove per comprare un bilocale da 60 metri quadri occorrono rispettivamente circa 107 e 106 stipendi mensili, vedrebbero circa il 90% del loro patrimonio immobiliare destinato ad affitti brevi e al mercato della ricettività, quasi il 10% agli studenti, lasciando quindi un’esigua disponibilità per i residenti, facendo così lievitare i costi per una casa: a Firenze siamo a quota 4.950 € a metro quadro, a Venezia a 4.800 €, Bologna a 3.950 €, Verona e Napoli a 3.450 € e Rimini a 3.200 €.

Soprattutto è il turismo a destare le maggiori preoccupazioni, andando a impattare negativamente non solo sui residenti ma anche anche sull’offerta per studentesse e studenti fuorisede e generando un vero e proprio “allarme affitti brevi”, che ha portato gli Amministratori locali a mettere in campo alcune misure particolari per arginare il fenomeno. A Venezia, l’Amministrazione Brugnaro ha fatto disporre, a partire dallo scorso 25 aprile, un ticket d’ingresso di 5 € rivolto ai turisti che vogliono accedere al centro storico in determinati giorni e orari, nel 2025 il ticket subirà un ulteriore aumento e arriverà a 10 € anche se la situazione non sembra essere migliorata. Negli scorsi giorni, la Sindaca di Firenze Sara Funaro ha disposto che coloro che ritireranno la propria casa dal mercato degli affitti brevi, si vedranno rimborsata l’IMU pagata nel 2024.  Una misura che fa il paio con il divieto di installare le cassette per le chiavi, le famigerate key box, che nella città del giglio diventerà efficace a partire dal 2025 ma che a livello nazionale sta già facendo molto discutere. Tenendo conto la scarsa tutela che beneficia chi decide di affittare a lungo termine, siamo certi che la soluzione sia limitare i profitti ai proprietari?

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