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‘Lunar City’: la piattaforma Metaverso per viaggiare nello Spazio

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Velasco25 Articolo

L’incontro di Alessandra Bonavina con l’affascinante mondo dello Spazio si deve alla sua carriera da documentarista.

Dopo aver seguito per un anno e mezzo l’addestramento dell’astronauta Paolo Nespoli, e aver girato sia alla Nasa che nel centro di addestramento e ricerca spaziale russo Star City, adesso è impegnata nello sviluppo di una piattaforma Metaverso edutainment.

Si chiama ‘Lunar City’ e consentirà di viaggiare nello Spazio fino alla Luna, immergendosi in uno spazioporto del futuro pur rimanendo sulla Terra.

Bonavina ne ha spiegato funzionamento e potenzialità a Fortune Italia, ripercorrendo le tappe del percorso che le hanno permesso di svilupparla.

Quando ha iniziato a interessarsi allo Spazio?

Nasce tutto dai due film che ho diretto, Expedition (2017) e Lunar City (2019), un lavoro che mi ha consentito di entrare nel cuore del mondo dello Spazio e di parlare con gli astronauti. Prima non conoscevo nulla dell’argomento.

Ho fatto studi umanistici, per cui il mio background non è scientifico. Avevo lavorato per tanti anni come consulente per Rai Cinema documentari e da poco avevo la mia società di produzione cinematografica quando l’Asi e l’Esa mi proposero di realizzare un film sulla missione ‘Expedition 52/53’ di Paolo Nespoli.

A me è sembrata l’opportunità della vita, quindi ho accettato subito e senza esitazioni.

E poi com’è andata?

Da regista-sceneggiatrice, sono diventata anche imprenditrice. L’Esa e l’Asi mi hanno infatti aperto le porte dei centri di addestramento, ma il documentario l’ho prodotto da sola. È stata un’esperienza straordinaria.

Per girare alcune scene di Expedition ho avuto il privilegio di accedere a Star City, un luogo in cui è molto difficile entrare, al centro di addestramento Europeo dell’Esa a Colonia e al Johnson Space Center della Nasa ad Houston.

Qui, nell’auditorium, si è anche tenuta la premiere del documentario per i dipendenti del centro spaziale americano, che sono rimasti stupiti dal lato intimistico del film.

Nel 2017 il documentario è stato presentato a Venezia, mentre Nespoli era già in missione: in quell’occasione ci fu il primo e unico collegamento dallo spazio con un festival del cinema.

Il secondo documentario, Lunar City, ha invece una storia più travagliata.

Esatto. Il film, un racconto sulla Luna che verrà girato in cinque sedi della Nasa di cinque Stati diversi, è rimasto nelle sale tre giorni. E a causa della pandemia non ha potuto fare tutto il percorso nelle scuole a cui io tenevo particolarmente.

Anche in questo caso si trattava di un prodotto edutainment, con valore scientifico. Durante il lockdown, perciò, mi sono chiesta come farlo arrivare comunque agli studenti. E così mi è venuta l’idea di creare una piattaforma che raccogliesse e sviluppasse i contenuti del film.

Progetto che non a caso prende il nome del film. Di cosa si tratta?

La piattaforma Metaverso Lunar City è progettata per essere un luogo di interazione con ambienti spaziali reali. Dalla mia esperienza con gli astronauti mi ero accorta, infatti, di quanto sarebbero state utili delle visualizzazioni iper-realistiche che le consentissero di entrare, anche emotivamente, nell’addestramento e di ridurre al minimo i margini d’errore degli esperimenti.

La piattaforma sarà implementata in diverse direzioni: educational, scientifica, di ricerca tecnologica e di entertainment. Al momento è in fase di sviluppo e nel 2025 ne verrano aperte alcune aree. Tra queste lo spazio cinema, destinato ai progetti con le scuole, e un’area riservata alle università e alle Agenzie spaziali.

Nel 2026, poi, dovremmo riuscire ad attivare le altre aree con tanti contenuti di intrattenimento e anche i viaggi live sulla ISS e sulla Luna.

Come è arrivata a svilupparla?

Inizialmente ho concentrato tutte le idee che avevo in un progetto chiamato ‘Travel Space Real Time’ e l’ho condiviso con Thales Alenia Space, società leader nella costruzione di moduli spaziali e che quindi avrebbe potuto dotarli di tutto il necessario per i collegamenti in real time. I vertici dell’azienda si sono dimostrati interessati e hanno impostato un piano di fattibilità per capire se sarebbe stato possibile realizzare il tutto a livello tecnologico.

Il progetto è risultato fattibile: nel 2022 è stato depositato un brevetto e ora è presente in 81 Paesi. L’idea è quella di combinare i dati spaziali con le più innovative tecnologie digitali, superando di fatto le attuali limitazioni dei sistemi per le comunicazioni Spazio-Terra e Terra-Spazio.

Questo gioca un ruolo chiave nel segmento downstream della New Space Economy (l’economia legata allo Spazio che, secondo una stima del World economic forum, raggiungerà un valore di 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, ndr).

L’aspetto della piattaforma sarà quello iconico di uno spazioporto del futuro, in cui saranno presenti anche degli store e un merchandising targato Lunar City, realizzato in collaborazione con l’Esa.

Ecco, quali sono i suoi partner principali?

Innanzitutto le agenzie spaziali, che sono partner importanti. Chiaramente Thales Alenia Space con cui condivido, e ne sono molto fiera, al 50% il brevetto dell’invenzione tecnologica.

Poi Altec, società partecipata sempre da Thales Alenia Space e dall’Asi, che si occupa dell’addestramento degli astronauti e del monitoraggio di esperimenti nello Spazio, e Vection Technologies specializzata in tecnologie digitali e AI.

A chi si rivolge la piattaforma?

Sicuramente al grande pubblico, ma non solo. Ci sono le Agenzie spaziali, gli enti di ricerca e le università, le scuole e l’industria aerospaziale. E poi, in futuro, potrebbe rivolgersi anche alle istituzioni: la telepresenza avanzata consentita dai nostri collegamenti potrà infatti essere utile a gestire catastrofi naturali o questioni di sicurezza nelle città.

Com’è stato entrare a far parte di un mondo che solo di recente si è dimostrato più attento
alla parità?

Di questo settore apprezzo molto il fatto che non si facciano troppe distinzioni. Una buona idea è una buona idea, a prescindere da chi l’abbia avuta. E viene sempre trattata con rispetto.

Per me è stato sicuramente più complicato entrare in un sistema di questo tipo senza avere un background scientifico, ma penso di dovere molto alla mia esperienza da documentarista, che mi ha permesso di fare dell’approfondimento un metodo di lavoro e di pensare sempre alla visione d’insieme.

Mi rendo conto di partecipare a riunioni in cui incontro quasi esclusivamente uomini. Ho conquistato però considerazione e credibilità sul campo attraverso il mio lavoro.

Nella sua società Next One Film Group – che è promotrice del suo ultimo progetto – come gestisce il rapporto con i suoi collaboratori?

Venendo dal cinema, un mondo che si caratterizza dall’unione di competenze, sposo il lavoro di squadra come principio e penso che il rapporto con i collaboratori debba essere orizzontale. Non ho dipendenti fissi, ma collaboro con professionalità diverse, e di cui mi fido, a seconda della tipologia di lavoro.

Ho notato che quello della fiducia è un tema ricorrente per chi lavora nello Spazio, a cui si lega anche l’importanza della cooperazione internazionale.

La prima cosa che ho chiesto a Nespoli quando l’ho conosciuto è stata se, prima del lancio di una missione, avesse paura. Mi ha risposto di no, perché si fidava di chi lavorava con lui.

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