I marchi del lusso ci ricordano l’abilità italiana di raggiungere risultati straordinari partendo dal nulla. In una fase di grandi incertezze, basterebbe voltarsi indietro per guardare con fiducia al futuro.
Se cammini per la Quinta Strada di New York o nei pressi di Rodeo Drive a Los Angeles, è difficile non avvertire il richiamo di un certo orgoglio italiano. I marchi che campeggiano nelle vie più prestigiose dello shopping del lusso mondiale sono in gran parte italiani. Gucci, Fendi, Bottega Veneta, Loro Piana, Valentino: sono nomi italianissimi, evocativi di storie e famiglie italiane (seppure oggi, in seguito ai passaggi di proprietà, in mani straniere). È il destino che accomuna queste straordinarie avventure imprenditoriali, con un’eccezione, peraltro recente, come l’acquisizione di Versace da parte del gruppo Prada.
I protagonisti sono uomini e donne fuori dal comune, gente senza padrini, visionari assoluti con un bagaglio infinito di creatività e gusto italiano, pochi capitali di partenza ma la determinazione di riuscire a ogni costo. Lavoro e sacrificio, è la lezione che viene dai Grandi che hanno fatto grande l’Italia, che ne hanno segnato l’ascesa tra le potenze manifatturiere del mondo, i veri ambasciatori dell’italianità oltreconfine.
Pensate che per far conoscere l’Italia abbia fatto di più Valentino Garavani o, che so io, metà dei ministri della Prima Repubblica? In questo numero ospitiamo l’intervista esclusiva a Giancarlo Giammetti, che di Valentino è stato compagno di vita e alter ego imprenditoriale, in un connubio indissolubile sin dai primi passi della maison fondata nel 1957. “A guidarci non sono stati i piani commerciali ma l’ambizione a fare sempre meglio”, ci ha raccontato Giammetti, insieme a un gustoso aneddoto: la madre di Valentino, a fine giornata, raccoglieva tutti gli aghi caduti e li metteva nel talco per pulirli, cosicché potessero essere riutilizzati all’indomani. Sono queste storie a ricordarci come si possa creare tutto dal niente.
L’eccellenza italiana, che oggi si manifesta, per esempio, negli straordinari risultati dell’industria nazionale del pharma e dell’agroalimentare, non è un miracolo calato dall’alto ma il risultato di lavoro, fatica, dedizione. C’è il quid degli italiani, un tratto di specialità che gli stranieri sanno riconoscere e apprezzare meglio di quanto noi stessi facciamo. L’estro italiano di cui si parla è il medesimo che ci rende orgogliosi pensando all’epoca in cui eravamo i padroni del mondo: l’antica Roma.
I romani hanno dato i nomi ai giorni e ai mesi. Hanno ispirato poeti e artisti in ogni tempo, da Dante a Hollywood. Hanno dettato le regole della guerra, dell’architettura, del diritto che vigono ancora oggi. Elon Musk e Mark Zuckerberg vivono nel mito di Roma, nel bene o nel male tutti si sono rifatti a Roma, tutti sono convinti di essere successori ed eredi dell’antica Roma: l’Impero Romano d’Oriente, il Sacro Romano Impero, Mosca ‘la terza Roma’, l’Impero britannico. Napoleone si fa incoronare imperatore. Il Campidoglio di Washington è ispirato al Pantheon di Roma, ‘e pluribus unum’ è il motto degli Stati Uniti (da tanti Stati diversi nasce una sola Repubblica). A volte basta voltarsi indietro per guardare con fiducia al futuro.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)