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Le 3 S (più una) per una geopolitica europea

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Velasco25 Articolo

Dalla sicurezza europea alla salute del cittadino fino all’importanza della scuola. Le sfide e le strategie del Vecchio Continente di fronte ai cambiamenti odierni e futuri.

Si è detto spesso, non senza retorica, che l’Europa trova nei momenti cruciali e più delicati la forza per uno scatto di reni. È successo indubbiamente in alcuni passaggi, come per la gestione della pandemia. In altri casi però è prevalsa la sensazione di aver perso l’appuntamento con la storia. Oggi noi europei siamo nuovamente di fronte ad un bivio. La fine dell’Occidente non è la fine del mondo. È solo la fine di un mondo, quello che abbiamo conosciuto dal Dopoguerra ad oggi e che non tornerà più.

La strategia europea per un mondo più caotico dovrebbe basarsi su tre pilastri, riassumibili con 3 S.

La prima sta per sicurezza. Non ci è più concesso di essere consumatori netti della protezione militare che ci hanno garantito gli Stati Uniti. Né di contare sulle regole del multilateralismo, visto che l’unica legge che rischia di restare in piedi è quella del più forte. L’economia di guerra russa, per stare soltanto ai nostri confini, non potrà fermarsi alla sola aggressione ucraina e la minaccia alla nostra integrità va quindi affrontata innanzitutto con l’arma della deterrenza. A questo serve una difesa europea più solida e condivisa.

La seconda ‘esse’ sta per salute. Un tema cruciale per due ragioni: l’invecchiamento della popolazione europea e la dimensione di sicurezza che ha assunto, dopo Covid-19, l’intero comparto della salute e della farmaceutica, delle biotecnologie, dei dati e della ricerca. Ci sono diecimila miliardi di dollari in ricerca e sviluppo pronti ad atterrare dove le condizioni saranno più favorevoli. Su questo piano si gioca una competizione globale senza esclusione di colpi.

La terza ‘esse’ è quella di scuola. Garantire un’istruzione qualificata è l’altro aspetto della competitività dei sistemi, sempre più impegnati ad attrarre capitali, talenti e competenze.

Chi ha già inquadrato questi tre fronti in un dibattito da curve da stadio contrapposte sta rendendo il peggior servizio possibile all’Europa e al suo futuro. Semplicemente non è vero che i soldi destinati alla difesa erodano le risorse per sanità e istruzione. Si può e anzi si deve fare di più e meglio su tutti e tre i fronti. Certo, in economia le risorse sono scarse per definizione e il mondo è appesantito da uno stock di debito pubblico senza precedenti. Ma la finanza è uno strumento che deve servire obiettivi sociali, economici e politici più alti.

Sappiamo come il debito sia un fardello per le future generazioni, che dovranno ripagarlo. Ma se vogliamo che quelle generazioni siano ancora in grado di vivere in uno spazio pacifico e prospero dobbiamo mettere in sicurezza innanzitutto il loro futuro.

C’è un’ultima ‘esse’ che può tornare utile in una strategia di potenza europea per il prossimo futuro. È quella di soft power, il ‘potere gentile’ spazzato via dalla guerra. È il potere di attrarre e condizionare senza ricorrere alla forza. Non esclude ma anzi integra l’hard power, la pura forza militare.

In un mondo in cui tutte le regole stanno saltando, rimangono vincoli di un contratto sociale che non si possono recidere. Lo ha ribadito di recente il padre del soft power, Joseph Nye. L’Europa è il posto ideale del mondo nel quale riaffermare una dimensione di potere completa e complessa, che non abbia timore di esercitare la forza ma che preferisce innanzitutto declinarla nelle forme e nei modi della persuasione, dell’attrazione e della deterrenza.

Gianluca Ansalone è Docente di Geopolitica, Strategia e Sicurezza presso l’Università di Roma-Tor Vergata.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)

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