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Di Maio e il tifoso Draghi

La colpa è di chi non fa il tifo per l’Italia. Di chi avvelena il clima. Il concetto resta lo stesso: chi non sventola la bandiera giusta si mette contro, si siede nella curva avversaria. E’ uno schema tutt’altro che nuovo, frequentato da tanti, in tutte le fasi storiche e politiche. Eppure, un elemento di novità c’è: l’insistenza con cui lo schema si ripete, ormai con una cadenza quotidiana, si combina con la scelta di riservare lo stesso trattamento a chiunque non assecondi l’incedere del ‘cambiamento’: poco importa se si sta parlando di un giornalista, di un avversario politico, di un follower, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella o del presidente della Bce Mario Draghi.

La sintesi migliore viene dalle parole del vicepremier Luigi Di Maio: “Secondo me siamo in un momento in cui bisogna tifare Italia e mi meraviglio che un italiano si metta in questo modo ad avvelenare il clima ulteriormente”. L’italiano di cui parla, Draghi, non è un passante e di mestiere fa il presidente della Banca centrale europea. E il suo avvelenare il clima è tutto in una serie di risposte piuttosto lineari: per non danneggiare le banche italiane, sarebbe il caso di “ridurre lo spread e non mettere in dubbio la cornice istituzionale che sorregge l’euro”; per stare in Europa “è necessario rispettare le regole”; comunque, “finanziare il deficit non è nel mandato” della Bce.

Oggi Draghi, senza rispondere ovviamente a Di Maio, ha lasciato agli atti un intervento che serve a ricordare il ruolo delle banche centrali. “Sono potenti, indipendenti, non elette e la loro credibilità dipende dall’indipendenza: la Banca centrale non deve essere soggetta alla politica o alle esigenze di bilancio, deve essere libera di scegliere gli strumenti più appropriati per compiere il proprio mandato”. Non lo ha scritto, né avrebbe mai potuto farlo, ma la chiusura del cerchio è che il presidente della Bce, che delle banche centrali è espressione, se facesse il tifo per l’Italia nella declinazione che ha in mente il leader Cinquestelle dovrebbe cambiare mestiere.

Di Maio può e deve continuare a dire quello che pensa, senza compiere per questo un reato di lesa maestà. Ma quello che dice, e che evidentemente pensa, ha un peso proporzionale al ruolo che occupa. E quando il vicepremier di un governo sostiene che il presidente della Bce deve fare il tifoso sta dicendo una cosa evidentemente lontana dalla realtà.

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