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Manager, ancora poche donne e troppi ‘di famiglia’

Per essere davvero ‘bravi’ i manager devono essere anche delle brave persone. Aperte all’ascolto, trasparenti, capaci di condividere e includere gli altri nei processi gestionali. È questa una delle evidenze emerse da “Bravi Manager Bravi” , uno studio sul management efficace e responsabile realizzato da The European House – Ambrosetti per Federmanager. La ricerca segnala anche che in Italia ci sono troppi dirigenti d’azienda “di famiglia”, ancora pochissime donne e che bisogna rivolgere sempre più attenzione al “middle management”.

I manager devono reagire ai cambiamenti dei modelli d’impresa
“Ormai si è diffusa la percezione che tutto stia cambiando molto velocemente: la fabbrica, gli strumenti di produzione, i modelli di impresa. Però la percezione non basta, serve consapevolezza. E per essere consapevoli di quanto l’innovazione e la tecnologia stiano influenzando i paradigmi tradizionali dobbiamo farci molte domande, se possibile dobbiamo porci quelle giuste”. Parole di Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, che ha voluto interrogare i manager italiani per capire come stanno reagendo a questo cambio di modello, se sono pronti all’innovazione, quanto sono consapevoli del nuovo ruolo sociale che devono reinterpretare e quali sono i loro ancoraggi valorali.

Le pmi italiane sono poco competitive, troppi manager “di famiglia”
Partiamo da un’evidenza economica: “le nostre piccole e medie imprese producono circa il 40% del valore aggiunto di tutto il comparto manifatturiero italiano, che è quasi il doppio di quanto avviene in Francia, Germania o Spagna. Tuttavia, sono sempre meno competitive”, spiega Cuzzilla. Il problema sta nel gap di managerialità, che nelle imprese italiane si sta traducendo in minore produttività. “Il 70% delle imprese familiari è gestito da un management espressione della famiglia. In nessun altro Paese europeo si verifica questa coincidenza tra management e proprietà. Questo non fa bene né all’impresa né ovviamente alla categoria che rappresento”, fa notare il presidente di Federmanager. I manager intervistati hanno sottolineato poi anche dei trend interessanti in termini di opportunità, come ad esempio la spinta all’innovazione, il riconoscimento del talento e del capitale umano come risorse per competere, la diffusione della leadership in azienda.

I manager italiani? Sono degli “action men”
Degli “action men”, così i ricercatori Ambrosetti hanno definito i dirigenti d’azienda italiani. Sono abituati a prendere decisioni rapide, risolvere le crisi, trovare soluzioni a grandi complessità. L’execution, insieme a una connotazione “imprenditoriale”, è ciò che li caratterizza maggiormente. Per il futuro, però, i manager bravi saranno quelli capaci di fondere determinazione ed empatia, sviluppando competenze “soft”, comunicative, relazionali. L’ambito di sfida più interessante riguarda le competenze digitali. “Qui dobbiamo impegnarci come organizzazione per favorire percorsi di sviluppo professionale. La gestione della trasformazione digitale è la principale sfida per il management del futuro”, ha fatto notare Cuzzilla.

Bisogna puntare sul “middle management”
Nelle conclusioni dello studio è stato fatto un approfondimento sul middle management. Si tratta di quel corpo dirigenziale “che lavora con responsabilità per un’azienda, non siede nei cda, non è la primissima linea di comando, non c’entra nulla con i capi azienda – ha spiegato il presidente di Federmanager -Ecco le imprese devono puntare sul middle manager, investendo anche lato formazione, come figura chiave per innovare organizzazione e modelli di business.

Pochissime donne manager, le barriere di genere esistono eccome
Il campione su cui è stata effettuata la ricerca è composto da 1.631 manager, l’87% uomini e solo il 13% donne. Troppo poche. Sulla questione manageriale, “il gap femminile è ancora più significativo rispetto a quello generale nel lavoro perché è difficile fare carriera conciliando vita personale e professionale, ma anche perché le barriere di genere esistono eccome, specie in settori tradizionalmente appannaggio degli uomini come può esserlo la direzione di uno stabilimento industriale”, commenta Cuzzilla. Tuttavia, le colleghe che hanno raggiunto ruoli di vertice “si stanno dimostrando delle vere innovatrici e delle leader capaci, molto apprezzate in azienda. Bisogna solo lasciar loro lo spazio che meritano”.

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