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Airbnb, serve norma nazionale condivisa per gli affitti brevi

Svolta per i cosiddetti alloggi CAV (Case e appartamenti per vacanza). Dal 1° novembre 2018, infatti, a Milano e in tutta la Lombardia è obbligatorio indicare il “CIR”, il Codice identificativo di riferimento: si tratta, in sostanza, di un codice da indicare negli annunci di promozione e commercializzazione delle case affittate dai privati. Acceso il dibattito aperto sul nuovo obbligo tra esperti del settore, piattaforme tecnologiche per le locazioni turistiche e affittuari privati. A mettere un punto fermo sulla questione ci ha pensato la pronuncia della Consulta, che ha imposto di adattarsi al nuovo regolamento anche ai locatori che finora erano rimasti in stand-by.

La Corte costituzionale, con sentenza 84/2019, ha bocciato il ricorso contro la legge regionale 7/2018, che impone a tutti i proprietari e gli host di farsi rilasciare il CIR e di indicarlo negli annunci. “È una battaglia di civiltà che ho seguito attentamente fin dal mio insediamento e che ora trova finalmente la sua giusta vittoria” ha commentato l’assessore al Turismo, Marketing territoriale e Moda di Regione Lombardia, in merito alla decisione della Corte sull’impugnativa. Soddisfatti anche gli albergatori: “Si tratta di un passaggio di certezza, sia sul fronte delle regole applicabili nel mercato della ricettività, secondo il principio stesso mercato stesse regole”, ha osservato Fabio Primerano, componente di Giunta Apam, l’associazione albergatori di Confcommercio Milano. Meno contenti i locatori di immobili che rischiano una sanzione da 500 a 2.500 euro se non si adeguano alla normativa o riportano il CIR in maniera errata o ingannevole. In tal caso il Comune può addirittura sospendere l’attività fino a tre mesi.

La norma introduce delle novità importanti per Airbnb, la piattaforma numero uno al mondo per locazioni brevi. Dopo il via libera al CIR anche la piattaforma online si è dovuta adeguare alle novità. “La competenza sul codice da parte della Regione Lombardia non si estende ad altri aspetti della locazione: la Regione non può, quindi, limitare la libertà dei proprietari di casa di regolare il proprio rapporto contrattuale con gli ospiti”, puntualizza Matteo Frigerio, Amministratore Delegato di Airbnb Italia parlando a Fortune Italia.

Per Frigierio “la sentenza va quindi vista con favore perché chiarisce un aspetto, l’emissione e applicazione del codice, che fino ad oggi era molto discusso. Purtroppo, però, quello che non poteva fare, e che rimane quindi un problema, è l’inevitabile frammentazione generata dalla possibilità di avere fino a 21 codici identificativi in ogni Regione e Provincia Autonoma d’Italia”. Un nodo irrisolto, insomma, è la diversificazione territoriale e quindi la mancanza di una norma nazionale condivisa che, per l’AD di Airbnb Italia è una “assoluta priorità di semplificazione”. “Diventa ancora più urgente – dice Matteo Frigerio – avanzare con il tavolo di lavoro proposto dal ministro Gian Marco Centinaio (Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo, ndr) per arrivare ad una procedura di registrazione e a un codice identificativo nazionale unico per tutta la ricettività”.

Una semplificazione che per l’amministratore delegato di Airbnb Italia è urgente, “stimola l’offerta e fa fronte alla crescente domanda di viaggiatori che vogliamo scelgano l’Italia in futuro rispetto a tutte le destinazioni concorrenti”. Numeri importanti quelli di Airbnb nel mercato italiano (il terzo al mondo dopo USA e Francia): oltre 400 mila annunci e 621 milioni di euro guadagnati complessivamente dagli host. Solo nel 2018 hanno soggiornato con Airbnb in Italia 9.634.800 persone (sui 122 milioni totali nel mondo), provenienti da oltre 150 paesi.

 

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