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Nuovo ‘attacco dazi’ di Trump. Pechino: conseguenze per Usa

La Cina temporeggia, e gli Stati Uniti attaccano. Per conoscere i risultati di queste due strategie opposte non resta che attendere. Ciò che è certo è che davanti a uno Xi Jinping attendista, Trump non esita ad alzare il tiro e annuncia via Twitter dal primo di settembre una nuova raffica di dazi del 10% sui restanti 300 mld di dollari di merci e prodotti cinesi importati in Usa, dopo quelli al 25% su 250 miliardi di export Made in China. Ma Pechino non resta a guardare e sottolinea che se i dazi entreranno in vigore “tutte le conseguenze ricadranno sugli Stati Uniti”. Secondo il ministero del commercio cinese, infatti, i nuovi dazi annunciati dagli Usa “violano l’accordo di giugno tra il presidente Xi Jinping e Donald Trump per riavviare il negoziato” e porre fine al conflitto con Pechino.

Nonostante Trump abbia definito “costruttivi” gli ultimi colloqui del negoziato commerciale, al presidente Usa non piace aspettare. Xi Jinping, infatti, pur volendo un’intesa, “non si sta muovendo abbastanza velocemente” spiega Trump, mettendo in evidenza che se la Cina non vuole più un accordo “per me va bene lo stesso”.

Il tycoon poi avverte: i nuovi dazi “possono salire al 25%”, tutto dipenderà da come procederanno le trattative. La mossa del presidente americano è caduta come una bomba sui mercati: il petrolio ha perso il 7,9% a New York, in quello che è il tonfo maggiore dal 2015. Wall Street, dopo aver trascorso buona parte della seduta in rialzo, ha bruciato i guadagni e chiuso in calo, con perdite dell’1%.

A pagare il prezzo più alto dell’annuncio di Trump sono stati i titoli legati ai prodotti per i consumatori, dall’abbigliamento all’elettronica, da Nike a Apple e Tiffany. E questo perché i nuovi dazi vanno a colpire proprio dalle scarpe all’iPhone.

Trump cerca di rassicurare spiegando che sarà la Cina a pagare il prezzo dei dazi e non gli americani, poi si dice non preoccupato per la reazione dei mercati azionari. Il tycoon ha deciso di usare questa ulteriore leva di pressione per accelerare trattative che vanno a rilento e promesse non mantenute. “I nostri rappresentanti sono appena tornati dalla Cina dove hanno avuto colloqui costruttivi legati al futuro accordo commerciale. Pensavamo di avere un accordo con la Cina tre mesi fa ma purtroppo ha deciso di rinegoziarlo prima di firmarlo”, si lamenta il presidente. Poi rincara la dose: “più recentemente la Cina aveva concordato di acquistare prodotti agricoli dagli Usa in grande quantità ma non lo ha fatto. Inoltre il mio amico presidente Xi aveva detto che avrebbe fermato la vendita di Fentanyl in Usa ma questo non è mai avvenuto e molti americani continuano a morire!”, prosegue, annunciando quindi le nuove tariffe.

“Non vediamo l’ora di continuare il nostro dialogo positivo con la Cina su un accordo commerciale completo e penso che il futuro tra i nostri due Paesi sarà molto luminoso”, conclude con tono apparentemente sarcastico. In realtà il tycoon teme che Pechino giochi a prendere tempo, confidando in una sua posizione più conciliante in piena campagna elettorale – quando dovrà rendere conto delle sue promesse – o nella vittoria di un candidato democratico alle presidenziali del 2020. Lo ha ripetuto anche oggi: “Cina, Iran ed altri Paesi stranieri stanno guardando ai candidati democratici e ‘sbavando’ per la piccola prospettiva di poter trattare con loro in un futuro non troppo distante. Vorrebbero poter spennare i nostro amati Stati Uniti come non mai prima”.

E nei giorni scorsi aveva lanciato anche una minaccia a Pechino, sempre su Twitter: “probabilmente aspettano le nostre elezioni per vedere se ottengono uno di quei poveracci dei democratici come l’addormentato Joe (Biden, ndr)” ma “il problema è che se e quando vincerò, l’accordo che otterranno sarà molto più duro di quello che stiamo negoziando ora…o non ci sarà nessun accordo affatto”. Un ‘no deal’ che accrescerebbe le ripercussioni di quello sulla Brexit, con conseguenze sui mercati mondiali.

Una delle cose che più sta irritando Trump è il mancato acquisto di prodotti agricoli americani, in particolare di soia, fondamentale per mantenere il consenso elettorale tra gli agricoltori. E Pechino lo sa bene. I negoziati proseguiranno a Washington il mese prossimo ma il rischio è che col passare del tempo essi siano sempre più condizionati da logiche elettorali.

La Cina non ha ancora reagito ma, proprio poco prima dell’ annuncio dei nuovi dazi, da Bangkok il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva definito l’ultimo round di negoziati “un importante passo avanti”, secondo media cinesi. “Riteniamo che fintantoché le due parti conducono consultazioni sulla base del principio di parità e di mutuo rispetto e affrontano le reciproche preoccupazioni, potranno raggiungere un accordo vantaggioso per entrambe le parti, che non servirà solo gli interessi della Cina e degli Stati Uniti, ma anche quelli dei Paesi di tutto il mondo”, aveva aggiunto prima di incontrare il segretario di stato Usa Mike Pompeo, a margine della riunione dei ministri degli esteri dell’Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico (Asean).

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