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Rifiuti sempre più ‘cari’, tasse +76% in 9 anni

Sempre più cara, oggi la raccolta dei rifiuti si paga a peso d’oro: quasi il doppio rispetto a una decina di anni fa. Ma i servizi di raccolta restano per molti comuni al di sotto della sufficienza. A dipingere il quadro poco roseo è la Confcommercio che in un recente studio ha calcolato che la Tari (introdotta nel 2014) vale ormai 9,5 miliardi di euro, in aumento del 2,15% rispetto al 2017, ma del 76% rispetto alla spesa per la tassa sui rifiuti nel 2010 quando era di 5,4 miliardi. Ma non tarda ad arrivare la replica di Arera (Autorità di regolazione energia, reti e ambiente) secondo la quale entro la fine dell’anno verranno definiti entro la fine di quest’anno un nuovo metodo tariffario nazionale e nuove regole di trasparenza.

Un aumento generalizzato delle spese è stato registrato anche per la Tari pro-capite, che vede come infelice protagonista la Regione Lazio (261 euro, +7% sul 2017), dove non si può certo dire che il servizio sia proporzionale a quanto elargito dagli abitanti. Mentre il più basso, con 130 euro, è in Molise.

“A fronte ai costi sempre più alti – scrive l’associazione dei commercianti – calano livello e quantità dei servizi offerti dalle amministrazioni locali: solo 5 Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto) si collocano sopra il livello di sufficienza”. Il Lazio si ferma a una votazione di 3,2. Il Piemonte ha il voto più alto: 7,8. “A quasi tutte le categorie merceologiche – si legge – si continuano ad applicare coefficienti tariffari in crescita“.

Tra le attività che pagano di più ci sono – spiega la Confcommercio – ortofrutta, fiorai e pescherie con 24,3 euro al metro quadro (+2,8%), seguite dai banchi del mercato con vendita alimentare (21,3 euro al metro, in calo del 6%) e dai ristoranti e pizzerie (20,5). Proprio queste ultime attività hanno registrato l’aumento di spesa più consistente (+5,2%). Dopo il Lazio la spesa pro capite media regionale più alta è in Sardegna (254 euro ma in calo del 3,3%) e in Campania (250,9, stabile). L’incremento più elevato sul 2017 è in Umbria (+8,5% a 240,8 euro) mentre in Sicilia con un +8% si sfiorano i 200 euro medi (199,8).

Le regioni ampiamente sopra la sufficienza nel servizio di raccolta dei rifiuti insieme al Piemonte (7,8) sono la Lombardia (7,4), l’Emilia Romagna (7,2) e il Veneto (7,2) mentre il voto peggiore lo registra la Basilicata (2) seguita dalla Calabria (2,4) e il Molise (3) mentre il Lazio (3,2) ha il quarto peggior risultato.

Per Patrizia Di Dio, membro di Giunta di Confcommercio con delega all’ambiente, la proposta è quella di “avviare con urgenza azioni concrete affinché si limiti la libertà fino ad ora concessa ai Comuni di poter determinare il costo dei piani finanziari includendo voci di costo improprie, come i costi del personale, vincolando gli enti locali al rispetto di norme di legge come quella che li obbliga a tenere conto dei fabbisogni. Un servizio efficiente di raccolta e gestione dei rifiuti urbani – dice – non può che portare benefici all’ambiente, ma anche a quell’irrinunciabile esigenza di decoro, di immagine e di igiene pubblica che dovrebbe caratterizzare normalmente le nostre città. Invece, da anni, registriamo situazioni critiche specialmente in molte città del Sud. Pretendere un servizio adeguato – conclude – non è solo un’azione a tutela delle imprese ma anche e soprattutto un’azione a tutela di tutti i cittadini e della loro salute. Una città libera dai rifiuti, decorosa e pulita non può che accrescere quel senso civico che invece si sta perdendo e che rischia di alimentare una pericolosissima deriva culturale”.

Arera ha illustrato oggi gli elementi delle sue proposte sul metodo tariffario, attualmente oggetto di consultazione pubblica (aperta ancora per pochi giorni, fino al 16 settembre). Il metodo tariffario è destinato a “introdurre una graduale omogeneizzazione nel Paese, partendo da condizioni molto diversificate, sia a livello industriale che di governance territoriale”, fa sapere l’Autorità spiegando poi che eventuali variazioni tariffarie future “saranno legate alla riscontrabilità di miglioramenti nella qualità gestionale oppure a modifiche del perimetro di intervento nei servizi”. Nei confronti degli utenti, i gestori “dovranno implementare gli strumenti informativi, ad esempio predisponendo e rendendo accessibile sul proprio sito la Carta della qualità dei servizi“, continua Arera aggiungendo che saranno previsti anche obblighi specifici in materia di trasparenza dei documenti di riscossione della tariffa.

Nello specifico, sono previsti quattro diversi tipi di schemi tariffari nell’ambito dei quali ciascun soggetto competente potrà individuare la soluzione più efficace, a seconda dei propri obiettivi di miglioramento qualitativo, di sviluppo gestionale e delle peculiarità territoriali in termini di limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie. La tempistica del provvedimento, continua Arera, è scandita in particolare dall’esigenza dei Consigli comunali che entro l’anno dovranno emettere provvedimenti relativi alla tariffa e avranno così a disposizione il metodo Arera “destinato a unificare la complessa composizione ‘tariffa e imposte’ sui rifiuti urbani e assimilati, anche differenziati”. Per garantire poi un confronto continuativo con i diversi attori coinvolti nella governance del settore rifiuti, Arera ha istituito un tavolo permanente con Regioni e Autonomie locali.

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