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Pacchi sotto lente Agcom, Amazon per ora non è un problema

amazon seller

Per il momento è un semplice avviso. Il gigante dell’e-commerce americano Amazon pur avendo conquistato in soli due anni la metà del mercato della consegna di pacchi non ha ancora, in questa attività, una forza di mercato tale da richiedere particolari accorgimenti e limitazioni nella libertà di operare. Lo scrive l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni nelle conclusioni dell’analisi di mercato condotta nel settore delle consegne pacchi pubblicata sul sito. L’analisi è un lavoro preliminare che serve a conoscere le caratteristiche di un mercato, gli operatori, i prodotti e i rapporti esistenti fra i diversi attori sulla scena.

L’interesse dell’Autorità nasce dalla dinamica molto sostenuta di questa attività frutto dell’esplosione degli acquisti on-line, cresciuti al ritmo del 20% all’anno fra il 2007 e il 2017. Nel mondo, l’industria postale al giorno d’oggi è trainata dai comparti dei servizi di recapito dei pacchi i cui ricavi, dal 2016 al 2017, sono cresciuti complessivamente di più di 10 miliardi di euro”, scrive l’Agcom anche se al prezzo di un taglio delle tariffe.

L’Italia non è stata da meno. Partiti in ritardo, i consumatori dello stivale si stanno allineando agli altri europei.

Secondo Agcom “in Italia nel 2018 sono stati effettuati acquisti on-line per un valore pari a 27,4 miliardi di euro, un valore molto basso se confrontato con quello di altri paesi europei quali, ad esempio, il Regno Unito (110 miliardi), la Germania (82 miliardi) e la Francia (65 miliardi). Tuttavia, il tasso di crescita in Italia è stato del 16% nell’ultimo anno rispetto al 9% della Germania e della Francia ed all’11% del Regno Unito”.

Prima di entrare nel dettaglio dell’analisi, gli uffici dell’Autorità tratteggiano alcune caratteristiche di fondo del mercato italiano, non proprio ottimali. La prima, descritta senza mai citare Amazon, è “la presenza di una piattaforma e-commerce verticalmente integrata che vende e consegna per se e per gli altri”. Una situazione che può limitare lo sviluppo della concorrenza e che crea situazioni paradossali perché Amazon “è al tempo stesso il principale cliente e il principale concorrente di Poste italiane per i servizi di recapito”.

La seconda caratteristica è la presenza di operatori che agiscono senza la licenza e non applicano i contratti di lavoro ricavandone “un ingiusto vantaggio competitivo”. Ma di questi problemi generali l’Autorità, che ha anche competenze di regolazione del mercato, dice che se ne occuperà in un altro momento.

Scopo dell’indagine è identificare i mercati rilevanti e capire se qualcuna delle oltre 300 aziende che operano in Italia riconducibili a soli 17 operatori – Amazon, Asendia, BRT, Citypost, DHL, Elleci, FedEx, GLS, Hermes, Milkman, Nexive, Poste Italiane, Rpost, Schenker Italiana, SDA, TNT, UPS – vi operi con una particolare forza di mercato.

I campi di gioco su cui misurare il potere di mercato individuati dall’autorità sono stati quattro e corrispondono ad altrettante tipologie dei servizi di trasporto e consegna pacchi caratterizzati per la velocità, le modalità di consegna e ritiro, a domicilio o in sede, e le destinazione dentro e fuori i confini nazionali. Il primo è il mercato delle consegne di pacchi deferred, in pratica il pacco tipo del servizio universale, consegnato in ambito nazionale. Poi l’Agcom ha identificato il mercato delle consegne di pacchi espresse in ambito nazionale, che in genere costano di più e quindi sono rivolte ad una diversa utenza. Poi i due mercati transfrontalieri, in entrata e in uscita.

L’Agcom ha registrato elevati gradi di concentrazione del promettente mercato della consegna cosiddetta deferred,. In questo comparto, gli indicatori antitrust hanno misurato valori superiori a 3.000 o anche 4.000, quando già al di sopra di quota mille l’indice HHI segnala un mercato fortemente concentrato.

Ed è proprio in questo segmento che Amazon ha avuto una prestazione straordinaria avendo costituito in Italia dei propri centri di smistamento dei prodotti acquistati: la quota di mercato è “cresciuta di 51 punti percentuali in volumi e di 47 in ricavi in soli due anni (2016-2018), fino a superare il 50%” complessivo.

Secondo l’Agcom un tale livello nella prassi antitrust “fa scattare la presunzione dell’esistenza di un potere di mercato”. Ma non sembra questo il caso. Gli uffici dell’Autorità spiegano che “Amazon è arrivata a detenere un tale livello solo nell’ultimo anno mentre per affermare, sulla base del solo parametro della quota detenuta, che vi è potere di mercato tale quota dovrebbe essere detenuta stabilmente nel tempo”. Come dire, c’è solo da aspettare.

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