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Fermare le imprese per il Coronavirus, sì o no?

Con l’Italia ferma, e il Coronavirus che continua ad avanzare, potrebbero arrivare presto misure ancora più dure. A partire dalla regione più colpita, la Lombardia, che sta chiedendo al governo di adottare un vero e proprio ‘coprifuoco’. “E’ il tempo della fermezza. Ho incontrato i sindaci dei capoluoghi lombardi e il presidente di Anci Lombardia, chiedono tutti la stessa cosa: chiudere tutto adesso (tranne i servizi essenziali) per ripartire il prima possibile. Le mezze misure, l’abbiamo visto in queste settimane, non servono a contenere questa emergenza”, ha scritto sulla sua pagina Facebook il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Vorrebbe dire fermare completamente le attività produttive, chiudere fabbriche e negozi, per tentare di chiudere la partita con l’epidemia nel più breve tempo possibile. Al fianco di Fontana, ci sono anche i leader dell’opposizione, convinti che la serrata per almeno 15 giorni sia una misura necessaria.

Nettamente contraria all’ipotesi, Confindustria si schiera per ottenere dal governo misure che contemplino l’esigenza di fermare i contagi con quella di non compromettere definitivamente l’attività d’impresa. “Il giusto e necessario proposito di fronteggiare l’emergenza sanitaria non può e non dove aggravare l’emergenza economica che sta già piegando l’intero sistema produttivo del Paese. I provvedimenti fin qui varati dal governo, se rispettati da tutti con scrupolo e responsabilità, offrono una soluzione equilibrata alla grave situazione del momento contemperando esigenze diverse ed evitando di provocare danni che potrebbero rivelarsi irreparabili”, avvertono gli industriali, aggiungendo anche un altro elemento di riflessione: “L’immagine dell’Italia nel mondo, già fortemente compromessa, ne uscirebbe tra l’altro definitivamente distrutta con un effetto di spiazzamento per le nostre imprese che non potrà che ripercuotersi sui fatturati e l’occupazione”.

La posizione del governo, decisiva, sembra in questo momento attendista. Palazzo Chigi puntualizza, smentendo la ricostruzione del leader della Lega Matteo Salvini: “In ordine alla richiesta di introdurre misure di contrasto del contagio ancora più severe, che contemplino una serrata generale, il presidente Conte non ha escluso affatto la possibilità di adottare misure più restrittive, ove necessarie”. Le parole del premier Giuseppe Conte aggiungono particolari allo scenario. “Vi assicuro che il governo continuerà a rimanere disponibile e risoluto, come sin qui ha sempre fatto, ad adottare tutte le misure necessarie a contrastare con il massimo rigore la diffusione del contagio e ad aggiornare queste misure costantemente. Continueremo a raccogliere le istanze degli amministratori territoriali, come facciamo con videoconferenza quotidiana, e continueremo a porre a base delle nostre autonome decisioni politiche le valutazioni del comitato tecnico-scientifico. Faremo in modo che le misure tengano sempre conto di tutti i fondamentali interessi in gioco e siano sempre efficaci e adeguate rispetto all’obiettivo prioritario di contenere il contagio e di tutelare la salute dei cittadini”.

La difesa delle imprese e la considerazione delle ripercussioni economiche restano, del resto, una delle priorità. Confindustria ha inviato al governo una nota nella quale ribadisce l’urgenza d’intervenire con politiche anticicliche fondate sul rilancio degli investimenti pubblici, l’adozione di misure per garantire liquidità alle imprese, l’ampliamento dell’uso degli ammortizzatori sociali, interventi di carattere fiscale. E una prima risposta in questo senso è arrivata dal governo. Uno degli aspetti su cui si sta lavorando per aiutare famiglie e imprese, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli parlando a Radio Capital “è quello della liquidità, che va garantita, e questo lo si fa con la sospensione dei pagamenti, di mutui, bollette, tributi. Dobbiamo ragionare su tutto territorio nazionale”.

Serviranno soldi, molti, sarà necessario fare deficit e sarà importante finalizzare con precisione gli interventi. È chiaro, però, che una cosa è intervenire in un quadro duramente colpito ma in movimento e un’altra è farlo nel caso in cui si dovesse ripartire dopo uno stop totale. Da un parte c’è l’assoluta necessità di fermare l’epidemia, dall’altra quella di salvare il salvabile di un tessuto produttivo già in grande sofferenza.

 

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