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Coronavirus, il cortocircuito della comunicazione

Le decisioni sono difficili e il lavoro che c’è dietro è tanto. Ma lo schema reiterato della comunicazione preventiva, senza un provvedimento pronto, crea un cortocircuito difficile da giustificare. Il discorso del Premier Giuseppe Conte va bene se arriva insieme a un testo puntuale, dettagliato, su decisioni che impattano milioni di italiani.

Diventa debole, addirittura controproducente, se arriva come questa notte, e come già avvenuto in tutti i passaggi di questa ormai lunga crisi, senza gli elementi fattuali che lo devono sostenere. E senza la possibilità di un contraddittorio con la stampa, sulla propria pagina Facebook.

Non si è detto fino a quando saranno in vigore le nuove norme, il 3 aprile fanno sapere subito dopo fonti di governo, ne’ nel dettaglio quali imprese chiudono e quali restano aperte. Non si sono date spiegazioni sufficienti a capire come si vuole gestire uno dei passaggi più complessi della storia del Paese. Non basta dire “rallentiamo ma non fermiamo il motore produttivo del Paese”. Servono informazioni trasparenti e indicazioni inequivocabili.

La comunicazione ha delle regole, elementari, soprattutto quando è comunicazione di crisi: si devono dire cose certe e non si devono alimentare dubbi, soprattutto quando si parla di conseguenze così gravi per il Paese. Altrimenti, meglio non parlare.

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