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Coronavirus, il ruolo delle donne nella ricostruzione

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È arrivato il momento: le donne possono essere il motore della Fase 2. L’anno scorso saranno state molte le donne felici nel veder affidare a due personalità di valore come Christine Lagarde e Ursula von der Leyen importanti incarichi all’interno delle istituzioni europee. Le loro nomine non hanno precedenti, né al vertice della Banca Centrale né a quello della Commissione. Ora, in piena emergenza coronavirus, è ben possibile che quell’entusiasmo si sia affievolito. Almeno in Italia, ci si aspettava un pizzico di più della “gaffe” di Lagarde sullo spread o di qualche infelice uscita di von der Leyen.

 

 

Anche la veterana delle donne in posizione di altissima responsabilità in Europa, Angela Merkel, prima donna nella storia a ricoprire la carica di cancelliere federale della Germania, ha dovuto nascondersi dietro una vecchia fotografia in un importante Consiglio europeo, prima di “metterci la faccia” come sta facendo negli ultimi giorni.

 

 

Eppure, è la stessa natura oggi a voler dare una chance ulteriore alle donne rispetto agli uomini. In base ad alcuni studi, apparentemente il genere femminile risulta più resistente al Covid-19, al contagio così come ai sintomi della malattia. Per carità, lungi dall’essere invulnerabili, le donne si contagiano, si ammalano e muoiono anche loro, ma nella congiuntura angosciosa di queste settimane, la nostra struttura naturale sembra quasi spingerci a prendere coscienza di una forza inattesa e del ruolo che possiamo avere per combattere la guerra in atto contro il coronavirus e ripartire nel modo migliore una volta debellato questo terribile nemico.

 

 

E proprio noi donne possiamo e dobbiamo essere il motore del cambiamento, ripartendo da quelle attività che per prime sono state sospese con l’obiettivo di fronteggiare la crisi a livello continentale come a quello nazionale. Penso alla cultura, alla scuola e all’università che sono paradossalmente i settori in cui più forte è il rischio di assembramento e contagio, ma che sono anche quelli da cui iniziare a lavorare per la ripartenza e la ricostruzione.

 

 

L’Unesco ha lanciato una coalizione globale per l’educazione, con l’obiettivo di aiutare gli Stati ad assicurare equità, inclusione e continuità nella formazione e mitigare l’impatto della chiusura delle scuole. Secondo i dati Unesco infatti, il 91,3% degli studenti del mondo ha interrotto l’attività scolastica, per un totale di 1 miliardo e mezzo di studenti in 191 Paesi.

 

 

Il messaggio è arrivato chiaramente anche a livello locale: ad esempio LazioLab, la task force formata dalla Regione Lazio per la Fase 2, ha ingaggiato esperte del mondo accademico, tra cui Silvia Ciucciovino, che insegna diritto del lavoro all’Università degli Studi Roma Tre, a riprova che la formazione può e deve essere attore della ripartenza. Un’altra donna, Patrizia Asproni, Presidente di Confcultura, si è fatta portavoce di un appello al Presidente Giuseppe Conte sottolineando la necessità di ripartire dalla cultura per riavviare l’Italia intera, attraverso un’azione integrata a livello europeo che permetta di generare soluzioni credibili ed efficaci per la ripresa.

 

 

D’altro canto, abbiamo osservato la mancanza di una vera presenza femminile tra i protagonisti della crisi, come per la task force governativa guidata da Vittorio Colao e composta all’80% da uomini. Come affermato da Alessia Mosca, vicepresidente dell’associazione Fuoriquota e una delle deputate che ha dato il nome alla legge per ridurre il gender gap nelle società quotate, la presenza femminile avrà un valore chiave solo se da subito sarà accompagnata da un’agenda molto chiara, concentrata sull’obiettivo di ridurre al minimo le disparità di genere.

 

 

È già il momento di ricostruire il Paese: dovremo affrontare enormi problemi economici, sociali e culturali, nonché bilanciare le esigenze sanitarie con quelle economiche. Queste ed altre sfide richiedono uno sforzo di mediazione che le donne sono in grado di svolgere con intelligenza, passione ed equilibrio. Nessuno si vergogni di ricordare che sono le donne a essere naturalmente dotate in particolare di qualità come la capacità di ascolto e di negoziato, pragmatismo e di quel senso di responsabilità che oggi più che mai appaiono necessarie per contribuire alla soluzione dei problemi. Ce la faremo se le donne potranno fare la loro parte e se non si troveranno davanti strade sbarrate da altri o da altro: sta a noi impegnarci con forza perché nessuna sia costretta a tirarsi indietro.

 

Elena Di Giovanni è Board Member di GNAM (Galleria Nazionale di Arte Moderna), Co-founder e Vicepresidente Comin & Partners.

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