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Ecco la vera riforma del fisco

tasse giustizia tributaria

Una riforma strutturale del fisco. Sono circa 50 anni che si parla della necessità di un intervento profondo che semplifichi il sistema, riveda i presupposti dell’imposizione, semplifichi la determinazione della base imponibile, rimodelli le tax expenditures. Un dibattito che si accompagna ai consueti proclami sull’imperativo di una rinnovata e rafforzata lotta all’evasione.

 

Oggi l’esigenza di una riforma è ancora più sentita alla luce della necessità di affrontare con nuovi mezzi il rilancio dell’economia all’indomani dell’emergenza sanitaria. In questo contesto c’è un’unica certezza: il sistema fiscale italiano è complicatissimo e se non sarà riformato peserà sulla ripresa e disincentiverà gli investimenti internazionali. È arrivato, insomma, il momento di agire e di farlo davvero. La prima cosa da fare è realizzare un codice tributario che riunisca in modo organico e riformuli ove necessario le quasi mille norme esistenti in materia, sapendo che la complicazione fa il gioco degli evasori.

 

Bisogna cambiare registro, ridurre l’elevatissima conflittualità tra amministrazione e contribuente in modo da difendere, proprio in un momento delicato come quello che attraversiamo, la “continuità vitale” delle imprese, garantendo nel contempo la riscossione delle entrate. Sulle violazioni per stato di necessità il fisco oggi si limita a diventare l’esattore implacabile: invece le imprese in difficoltà dovrebbero avere la possibilità di programmare un’uscita dignitosa dalla crisi, con rateazione diluita, senza arrivare al giudice fallimentare. È illogico e autolesionista ‘bastonare’ un’impresa portandola al fallimento.

 

Per venire incontro alle esigenze delle Pmi bisognerebbe innanzitutto ascoltare la loro voce, comprendere quali problemi stanno affrontando. Sarebbe senz’altro di aiuto, ad esempio, il regime dell’adempimento cooperativo con la possibilità di scrivere in bilancio per 3-5 anni l’importo delle imposte con meccanismi automatici. L’imprenditore, con un carico prevedibile avrebbe una spada di Damocle in meno sulla testa mentre l’amministrazione potrebbe concentrare l’attenzione sugli evasori totali, il vero cancro del sistema. Se ci fosse la capacità di agire con immediatezza e tempestività, ci sarebbe un’altra misura che potrebbe aiutare concretamente le imprese: consentire di riportare le perdite 2020 nella dichiarazione 2019. In questo modo si darebbe ossigeno alle pmi che potrebbero programmare e differire il pagamento all’anno successivo, quando auspicabilmente si avranno maggiori utili per far fronte all’esborso. L’erario non avrebbe perdite secche e gli imprenditori potrebbero respirare.

Altro punto su cui intervenire è lo sfoltimento degli adempimenti fiscali. Un imprenditore medio passa una quarantina di giorni l’anno dal commercialista: è una follia. L’interazione con l’amministrazione si deve limitare a 2-3 volte l’anno. A livello europeo l’Italia dovrebbe poi impegnarsi per arrivare all’adozione della proposta di base imponibile comune per le società, introdurre la web tax e ripensare il fisco energetico. In previsione delle risorse senza precedenti che arriveranno dal Recovery Fund ed eventualmente dal Mes non è il momento di preoccuparsi della mancanza di gettito. L’Italia avrà un’ iniezione mostruosa di denaro da utilizzare bene, che naturalmente compenserà il minor gettito delle imprese. Ma per spendere bene questi soldi e dare loro una valenza strutturale è necessario fare le riforme, in primis quella fiscale e tributaria, uscire insomma dal riformismo verbale e mettere in campo le modifiche che aspettiamo da anni. Sperando che non si trasformino in una controriforma.

*Francesco Giuliani, Studio Legale Tributario Fantozzi & Associati

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