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Lo scontro tra Poste Italiane e Antitrust sulle raccomandate

poste italiane

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha punito Poste Italiane con una sanzione di 5 milioni di euro, che è il massimo consentito dalla legge, “per aver adottato una pratica commerciale scorretta in violazione del Codice del Consumo”. Secondo l’Antitrust infatti le comunicazioni fatte da Poste italiane sulle caratteristiche del servizio raccomandate (sia nel caso del recapito che nel caso del Ritiro digitale) sono ingannevoli. Un’accusa che a Poste (che ha risposto con un comunicato) non è andata giù.

 

 

Per l’Antitrust le raccomandate non vengono recapitate con la tempistica e la sicurezza comunicata dai messaggi pubblicitari di Poste, e a volte il servizio viene “effettuato con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge. Infatti, Poste Italiane talvolta utilizza per comodità il deposito dell’avviso di giacenza della raccomandata nella cassetta postale anche quando sarebbe stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario”. Tantissimi consumatori hanno segnalato il mancato tentativo di consegna delle raccomandate, dice l’autorità, anche quando avevano la certezza di essere stati presenti nella propria abitazione, “si pensi ad esempio alle persone costrette a casa in quanto portatrici di handicap o per l’emergenza sanitaria durante il lockdown”. Tutto questo “provoca un inammissibile onere a carico dei consumatori costretti a lunghe perdite di tempo e di denaro per poter ritirare le raccomandate non diligentemente consegnate”. L’Autorità ha, altresì, accertato “la sussistenza di omissioni informative anche nei messaggi pubblicitari di promozione del servizio di ritiro digitale delle raccomandate, in quanto non viene chiarito che tale servizio è utilizzabile per i soli invii originati digitalmente”.

 

 

In un comunicato Poste Italiane ha respinto con forza le motivazioni alla base della multa dell’Antitrust: “È priva di qualsiasi fondamento l’ipotesi secondo la quale l’azienda avrebbe posto in essere azioni che ingannino i clienti in merito alle caratteristiche del prodotto raccomandata”. Il punto più contestato da Poste è quello relativo ai danni provocati al “sistema giustizia” del Paese, come scrive l’Antitrust, secondo la quale le condotte di Poste provocano “ritardi dovuti ad errate notifiche nell’espletamento dei processi, soprattutto quelli penali, con conseguente prescrizione di numerosi reati, come più volte affermato nelle Relazioni Annuali sullo stato della giustizia citate nel provvedimento”. Per Poste queste motivazioni lasciano “esterrefatti”, perché “si tratta di un servizio e di condotte che mai sono state oggetto della procedura istruttoria e che solo oggi emergono dalla comunicazione dell’Antitrust” prosegue. Peraltro, come dovrebbe essere noto, prosegue Poste, “trattasi di un servizio del tutto differente dalle raccomandate, rigorosamente disciplinato dal legislatore e in merito al quale, da decenni, Poste Italiane garantisce il corretto funzionamento del Sistema Giustizia su tutto il territorio nazionale”.

 

Quanto alle raccomandate, dice Poste, “nel 2019, sono state consegnati oltre 120 milioni di pezzi, ricevendo, nel medesimo periodo, meno di 1000 reclami relativi agli avvisi di giacenza, pari allo 0,00008% del totale delle raccomandate regolarmente gestite. Come ampiamente evidenziato nel corso del procedimento, si tratta di una dimensione del fenomeno del tutto fisiologica rispetto ai volumi complessivi del servizio erogato; peraltro, Poste – prosegue la nota – rivendica che l’assenza di condotte anomale, nel servizio di recapito delle raccomandate, è stata ripetutamente e formalmente confermata, da ultimo anche nel corso del procedimento, dall’Autorità di regolamentazione preposta al controllo delle attività postali (AGCom)”.

 

Poste Italiane inoltre “respinge totalmente l’accusa di non aver attivato misure di monitoraggio, controllo e correzione di eventuali anomalie. Già dall’aprile del 2019 sono state introdotte ulteriori azioni massive di controllo mai utilizzate prima ed ulteriormente rafforzate nel corso del procedimento così come rappresentato all’Autorità”. Infine, Poste Italiane “rivendica con orgoglio, l’attività svolta nel pieno dell’emergenza sanitaria dai propri dipendenti, che hanno prestato servizio in ogni zona del Paese e in ogni condizione senza mai interrompere un’attività essenziale per la vita dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione, seguendo scrupolosamente l’evoluzione della normativa emergenziale adottata dal legislatore”. Poste Italiane quindi “tutelerà, con fiducia nel sistema giudiziario italiano, la propria immagine e reputazione, i propri diritti e la correttezza delle proprie condotte presentando ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio” conclude la nota.

 

E pensare che per l’Antitrust la multa da 5 milioni di euro non sarebbe neanche sufficiente: “Data l’estrema gravità e frequenza della pratica ed i notevolissimi danni arrecati ai consumatori, la sanzione è stata irrogata nella misura massima. Tuttavia, la medesima non risulta deterrente in rapporto al fatturato specifico generato da Poste Italiane nel solo anno 2019 pari a 3,492 miliardi di euro. Al riguardo, non è stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva Europea 2019/2161 che fissa il massimo edittale della sanzione irrogabile al 4% del fatturato annuo” sottolinea l’Antitrust.

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