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No al Mes. No alla riforma del Mes. Che non sono la stessa cosa ma il mantra funziona comunque. Sono due posizioni ideologiche che hanno in comune il fattore Mes, Meccanismo europeo di stabilità.

 

Il primo, più tranchant, ‘no al Mes’, è la bandiera dei Cinquestelle contro quello che viene definito il ‘Mes sanitario’. Un documento approvato dall’Eurogruppo l’8 maggio ha aperto una nuova linea di credito per gli Stati, il Pandemic Crisis Support, nell’ambito del vigente Meccanismo Europeo di Stabilità. Per l’Italia ci sarebbe pronto un prestito da 36 mld, con un tasso di interesse vicino allo zero, una durata massima di 10 anni e una disponibilità quasi immediata. Unica condizionalità la destinazione dei fondi per le spese “dirette e indirette di salute pubblica, cura e prevenzione legate alla crisi Covid-19”. La tesi di chi dice ‘no’ è che la condizioni di rientro possono riverlarsi pericolose. Continua a non essere chiaro per quale ragione, in ogni caso, non si possa pensare di onorare un prestito a quelle condizioni. E, soprattutto, perché si continui a ignorare quelle risorse, nonostante le condizioni pessime del sistema sanitario, sotto pressione per la seconda ondata del Coronavirus.

 

La seconda, la riforma del Mes, riguarda l’intero Meccanismo europeo di stabilità. E coinvolge soprattutto il sistema bancario. L’obiettivo è quello di rafforzare l’Unione bancaria assegnando al Mes la funzione di ‘paracadute finale’, o backstop, del fondo di risoluzione unico delle banche. L’effetto della riforma è soprattutto quello di anticipare questo passaggio: sarà in vigore due anni prima rispetto al previsto, nel 2022. Al Mes viene anche attribuito un ruolo maggiore nella prevenzione delle crisi finanziarie e nella valutazione della sostenibilità del debito sovrano, semplificando le ristrutturazioni, che non saranno comunque automatiche in caso di richiesta di aiuto.

 

Anche in questo caso il ‘no’ agita il mondo Cinquestelle. Una lettera di 69 parlamentari grillini, inviata al capo politico Vito Crimi, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è stata firmata da 17 senatori e 52 deputati per ribadire la loro contrarietà al fondo Salva-Stati. Su questo fronte, però, anche il Centrodestra è tornato compatto contro il no alla riforma. Forza Italia, che invece sostiene l’accesso al Mes sanitario, ha chiarito di non condividere la riforma e di voler votare no il 9 dicembre, quando in Parlamento si discuterà la riforma, dopo che il governo italiano ha ritirato il veto che aveva posto.

 

In questo quadro, emergono contraddizioni evidenti che rischiano di compromettere la tenuta della maggioranza. Già la rinuncia al Mes sanitario è considerata in casa Pd un errore. Se poi si dovesse arrivare al voto contrario del Parlamento sulla riforma, sarebbe sconfessata la linea del premier Giuseppe Conte, e del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che si sono impegnati a Bruxelles ritirando il veto italiano. E sarebbe sconfessata anche la ritrovata sintonia con l’Europa del governo giallo-rosso, uno dei principali elementi di discontinuità con la precedente esperienza giallo-verde.

 

 

 

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