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Nomine Fs, largo ai manager dell’aerospazio

Se nemmeno l’emergenza da Covid-19 riesce a compiere il miracolo di nomine indifferibili e soprattutto cruciali per la salute pubblica – come ha dimostrato la telenovela presto trasformatasi in avanspettacolo per la scelta del nuovo commissario straordinario alla sanità della Calabria – figuriamoci se può essere di sprone la necessità di dotare di un management stabile e competente campioni nazionali travolti come mai prima dal tracollo economico indotto dalla pandemia e alle prese con l’elaborazione di strategie innovative.

 

Stiamo parlando del governo – il soggetto di questa riflessione – e delle società della galassia Fs – l’oggetto – che dalla scorsa primavera aspettano il rinnovo dei vertici, ovvero di presidenti e amministratori delegati, nuovi consigli di amministrazione e nuovi collegi sindacali. Decine e decine, per non dire centinaia, di tessere di un puzzle che l’esecutivo e i partiti della sua maggioranza non riescono ancora a comporre, lasciando nell’incertezza la guida di fior fiore di aziende e in proroga le loro figure apicali.

 

Società del calibro di Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, e Anas, le due principali stazioni appaltanti del Paese – 60 miliardi di euro di investimenti nei prossimi anni per le sole ferrovie a cui si aggiungono altri decine di miliardi per le strade –, decisive per la ripresa dell’economia post pandemia, restano sospese nel limbo delle liti e del braccio di ferro tra i partiti. Insieme a Trenitalia, il principale operatore ferroviario nazionale, gestore delle Frecce Av e dei treni dei pendolari che con i lockdown nel 2020 sta perdendo qualcosa tra i 2 e i 3 miliardi di euro. E ancora Busitalia e Fs Sistemi urbani, Tx Logistics, il tunnel del Brennero, autostrade del Lazio e altre.

 

Società che hanno la necessità di ridisegnare le loro strategie e i loro business plan perché la pandemia ha cambiato le abitudini di viaggio e di mobilità degli italiani e servono vertici visionari e contemporaneamente concreti e competenti. Qualcuno potrebbe obbiettare che il rinvio è dettato non dall’arte del temporeggiare – a cui questo governo ci ha abituato – ma dalla scelta di unificare questo pacchetto di nomine con quelle, più pesanti, della holding, ovvero del presidente e dell’Ad di Fs in scadenza a marzo 2021 con l’approvazione del bilancio.

 

Senonché nel frattempo, nell’indifferenza dei ministri competenti, l’attuale Ad, Gianfranco Battisti, a quattro mesi dal termine del suo mandato, ha pensato di rivoluzionare le prime linee della capofila, sostituendo i “ferrovieri” con gli “aerospaziali” e dintorni. Nonostante i risultati raggiunti con il bilancio 2019, definito “da record” dallo stesso Battisti e che farebbe supporre squadra che vince non si cambia, sono stati rimossi e sostituiti i responsabili dell’ufficio legale, delle risorse umane, delle strategie, del risk management e della security. Senza dimenticare, è ovvio, la comunicazione, dove pure in piena crisi da pandemia sono stati assunti ben tre dirigenti. Tutti con matrice Leonardo, Aeroporti di Roma et similia.

 

Dimenticando che le ferrovie, come Battisti da “ferroviere” qual è dovrebbe ben sapere e come spiega chiunque indossi quella divisa, sono un business particolare, un’infrastruttura rigida, che va gestita da gente del mestiere.

 

Qualche anno fa un esperimento analogo, in quel caso in direzione opposta, è finito malamente in tribunale: Gianfranco Cimoli si trasferì armi e bagagli con i suoi fedelissimi dalla tolda di Fs a quella di Alitalia. Con i noti risultati. A dimostrazione, ce ne fosse bisogno, che l’aviazione civile (e militare) e le ferrovie sono due business lontani tra loro come il giorno e la notte. E che, almeno nel resto del mondo, non esistono vasi comunicanti tra i manager di mondi tanto diversi.

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