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Vaccini Covid, differenze e meccanismi d’azione

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I vaccini anti-Covid non sono tutti uguali. Da quando è stato isolato e identificato il virus Sars-CoV-2 e ne è stata resa nota la sequenza genetica, a gennaio 2020, in tutto il mondo è iniziata la corsa a un siero sicuro ed efficace contro Covid-19. Una corsa che in tempi record ci ha portato già i primi prodotti usati nel mondo. Ma se tutti i vaccini attualmente in studio sono stati messi a punto per indurre una risposta immunitaria diretta contro la proteina Spike, usata dal virus per infettare le cellule, esistono però delle differenze tra i vaccini. Non solo legate alla temperatura di conservazione. A ‘censirle’ sono i medici anti-bufale diDottore, ma è vero che?, il portale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo).

Le differenze sono riconducibili ai differenti approcci tecnologici nello sviluppo del farmaco, che nel caso specifico si possono ricondurre a quattro principali tipologie:

 

1) Vaccini attenuati: contengono una versione viva ma indebolita di Sars-CoV-2, ottenuta rimuovendo i geni responsabili della virulenza. I sieri contro la tubercolosi e il morbillo sono due esempi di vaccini attenuati. Al momento sono solo tre i vaccini contro il coronavirus, in corso di sperimentazione in India e in Turchia, prodotti a partire da questa tecnologia.

 

2) Vaccini inattivati: si parte da una versione inattiva del Sars-CoV-2, ottenuta coltivando il virus in laboratorio e rendendolo inattivo con l’impiego di metodi fisici o chimici. I sieri contro la poliomielite, l’epatite A e l’influenza, per fare qualche esempio, sono vaccini virali inattivati. Questo tipo di approccio ha il vantaggio, rispetto alla tipologia precedente, di sollevare meno criticità sul piano della sicurezza. “È la tecnologia più rudimentale”, spiega Simone Lanini, dirigente medico dell’Istituto Spallanzani e coordinatore del gruppo di ricerca sul vaccino ReiThera, a ‘Dottore ma è vero che’. “E per questo in Europa e in nord America probabilmente non verrà mai approvata per motivi di sicurezza e immunogenetici, mentre è in corso di sperimentazione in Cina e in India”. Il vaccino dell’azienda cinese Sinovac Biotech è di questo tipo.

 

3) Vaccini a subunità: contengono la proteina S di Sars-CoV-2 o parti di essa, che il sistema immunitario utilizza per indurre l’immunità. In laboratorio la proteina viene prodotta all’interno di bioreattori da lieviti o batteri e successivamente viene estratta, purificata e iniettata nell’individuo, spiega Lanini. “Questa tecnologia dovrebbe essere utilizzata anche in Europa: al momento la sta utilizzando Sanofi, ma è ancora agli studi clinici di prima fase”.

 

4) Vaccini genetici: invece di iniettare direttamente la proteina S, questi vaccini trasferiscono all’individuo la parte del materiale genetico di Sars-CoV-2 che contiene le istruzioni necessarie per costruirla. In pratica, suggerisce Lanini, “è come se si usassero le cellule stesse dell’organismo come piccoli bioreattori”. Nei vaccini genetici a mRna, come quelli di Pfizer e Moderna il materiale genetico del virus viene veicolato nella cellula attraverso nanoparticelle di lipidi (grassi), che si fondono con la membrana cellulare.

 

Nei vaccini genetici a vettore virale, invece, si utilizzano come vettori virus innocui, come gli adenovirus, opportunamente modificati attraverso tecniche di ingegneria genetica. Il vaccino di ReiThera, quello di Oxford AstraZeneca e quello del centro di ricerca russo Gamaleya sono veicolati tramite vettore virale. “I vaccini genetici hanno il vantaggio di essere più convenienti dal punto di vista economico”, chiarisce Lanini, “perché è meno costoso produrre un mRna piuttosto che produrre l’intera proteina e poi purificarla”.

 

C’è poi la questione della sicurezza. Uno degli equivoci più diffusi sui vaccini a mRna è che siano in grado di modificare il Dna della cellula, provocando alterazioni genetiche. Ma in realtà, come spiegato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, gli mRna hanno il solo compito di trasferire informazioni da una parte (il nucleo) all’altra (il citoplasma) della cellula, compiendo un percorso a senso unico. Proprio per questo si chiamano messaggeri. Dunque, non hanno la possibilità di attraversare la membrana che separa il nucleo dal resto della cellula ed entrare in contatto con il Dna. Inoltre l’mRna del vaccino non rimane a lungo nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione.

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