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5G, Consiglio Stato: no a rialzo prezzo proroga frequenze Fastweb e altri

Il ministero dello Sviluppo economico (Mise) e l’Agcom non dovranno rideterminare al rialzo il contributo dovuto dalle società Fastweb (che aveva acquistato i diritti da Aria, del gruppo Tiscali), Go Internet, Linkem e Mandarin per la proroga di sei anni, fino al 31 dicembre 2029, delle concessioni per i diritti d’uso delle frequenze 3,4- 3,6 ghz. Lo ha stabilito oggi la Sesta sezione del Consiglio di Stato, ribaltando il verdetto del Tar del Lazio che a maggio dello scorso anno aveva accolto i ricorsi di Telecom, Vodafone e Iliad, confermando la legittimità delle proroghe al 2029, ma imponendo ad Agcom e ministero di adeguare il prezzo pattuito a quello, fino a undici volte superiore, pagato dalle telco che avevano partecipato all’asta per il 5G nell’autunno del 2018.

Il verdetto del Tar

Telecom, Vodafone e Iliad contestavano la proroga, intervenuta mentre la procedura per l’asta per il 5G era in corso, perché riguardava frequenze gemelle di quelle per le quali (per i lotti da 700 Mhz, 3,6-3,8 Ghz e 26 Ghz) si è svolta la gara. Con la proroga, quelle frequenze, originariamente assegnate per il wimax, potranno essere utilizzate per il 5G (una tecnologia diversa) senza passare per un’asta. Per Telecom, Vodafone e Iliad, la proroga era iniqua perché, di fatto, aveva consentito a Aria (Tiscali, che poi ha ceduto la concessione a Fastweb), Go Internet, Linkem e Mandarin di aggiudicarsi frequenze del tutto paragonabili a quelle del 5G a prezzi di undici volte inferiori rispetto a quelle aggiudicate con l’asta. Proprio questa argomentazione era stata accolta dal Tar del Lazio nelle sentenze dello scoro anno. Per il Tar il Mise aveva erroneamente parametrato il contributo dovuto alla base d’asta della gara per il 5G (396,3 mln di euro) anziché al prezzo di aggiudicazione (4,346 mld).

La nuova sentenza del Consiglio di Stato

Di tutt’altro avviso il Consiglio di Stato che nelle 21 sentenze pubblicate oggi ha accolto i ricorsi presentati da Agcom, Mise, Fastweb, Mandarin, Go Internet e Linkem e rigettato quelli di Iliad, Telecom e Vodafone. I giudici hanno stabilito che la proroga decisa da Mise e Agcom è legittima perché è stata adottata in seguito a un’istruttoria approfondita e secondo le procedure previste anche riguardo al contributo fissato a carico di Go Internet, Linkem, Mandarin e Aria (a cui è poi subentrata Fastweb).

Per il Consiglio di Stato il prezzo andava parametrato alla base dell’asta per il 5G, come fatto da Agcom e Mise, e non al prezzo finale, che al momento in cui è stata concessa la proroga non poteva essere conosciuto. Questo non toglie, spiegano i giudici nelle sentenze, che in futuro l’Agcom possa tornare sulla questione, come previsto dalla delibera impugnata da Telecom, Vodafone e Iliad, che recita: “Circa la possibilità che i contributi proposti non siano certi o non trovino riscontro sul mercato, si osserva che questi ultimi andrebbero corrisposti a partire dal 2023, mentre la gara della banda 3.6-3.8 GHz è previsto avvenga a settembre 2018, secondo quanto prevede la Legge di Bilancio 2018, e quindi con ampio margine per valutare e correggere eventuali situazioni problematiche”. Per il Consiglio di Stato, dunque, “la situazione potrà e dovrà essere indagata dall’Autorità nell’ambito della sua ordinaria attività di monitoraggio del mercato e delle peculiarità del settore coinvolto, che, come evidente, si caratterizza per una rapida evoluzione tecnologica”.

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