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Consiglio Stato, no a compagini miste in elenco associazioni forensi del Cnf

avvocati Cnf Consiglio Stato

 

All’elenco delle associazioni specialistiche forensi maggiormente rappresentative tenuto dal Consiglio nazionale forense (Cnf) non possono essere ammesse compagini a composizione mista, ma solo associazioni composte in via esclusiva da avvocati. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, accogliendo un ricorso presentato da una serie di associazioni forensi che si erano opposte all’iscrizione nell’elenco tenuto dal Cnf dell’associazione Aidlass, che annovera tra gli iscritti, oltre a 800 avvocati, anche studiosi di diritto del lavoro, magistrati, sindacati e imprese.

Il ricorso e il no del Tar

Il Cnf aveva ammesso l’iscrizione dell’Aidlass all’elenco della associazioni forensi maggiormente rappresentative con una delibera dell’ottobre 2013, subito impugnata al Tar da una serie di altre associazioni – l’Associazione avvocati giuslavoristi italiani (Agi), l’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (Aiaf), l’Unione Camere penali italiane (Ucpi), l’Unione nazionale delle Camere degli avvocati tributaristi (Uncat) e l’Unione nazionale delle Camere civili (Uncc) – tutte assistite dagli avvocati Giancarlo Tanzarella e Giovanni Corbyons, che avevano ritenuto il provvedimento viziato sia dal punto di vista formale che sostanziale. In primo grado il Tar del Lazio, con una sentenza del 2014, aveva respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile, in quanto l’iscrizione dell’Aidlass all’albo del Cnf non comportava “alcuna lesione concreta, diretta e attuale nella sfera giuridica delle ricorrenti”.

Il verdetto del Consiglio di Stato

Di diverso avviso i giudici della Sesta sezione del Consiglio di Stato, che hanno ritenuto il ricorso fondato, annullando il provvedimento del 2013 che aveva ammesso l’Aidlass “quale associazione forense specialistica, con salvezza dell’ulteriore attività di riesame”, si legge nella sentenza.

“Pare al Collegio che, a colpo d’occhio, l’Aidlass sia più un centro studi e formazione, che la libera unione di avvocati aventi una specializzazione forense in una data branca dell’ordinamento”, esordiscono i giudici, per poi bacchettare il Cnf – che in giudizio si era schierato a sostegno della legittimità dell’iscrizione dell’associazione – evidenziando anzitutto i “molteplici errori procedurali in cui il Cnf incorse nell’accettazione e nella disamina dell’istanza di riconoscimento e prima iscrizione di Aidlass”. Sfugge al Collegio, proseguono, “perché mai il Cnf, il quale per composizione e grazie all’apporto dei suoi uffici di diretta collaborazione possiede significativi strumenti per evitare procedimenti incongrui, tenda a minimizzare i predetti errori. Infatti, vi fu un’istruttoria non perspicua nell’accettazione dell’istanza di Aidlass, pervenuta, una prima volta, non sottoscritta e, una seconda volta, per posta elettronica semplice e non certificata”.

Solo gli avvocati ammessi nelle associazioni

Quanto al merito, il Consiglio di Stato chiarisce anzitutto che “l’attività libero-professionale forense (in sé, quindi e non in quanto più o meno collegata ad altre e differenti professionalità) è già da tempo considerata come attività economica di prestazioni di servizi e, quindi, l’appartenenza di ciascun singolo avvocato ad un’associazione specialistica costituisce l’attestazione, nei confronti della clientela, di un elemento qualificativo di richiamo commerciale. Il ruolo che l’associazionismo professionale forense svolge, nel mercato delle professioni legali, s’incentra nella circostanza che ciascun’associazione specialistica comprende solo avvocati i quali, a loro volta, dedicano la propria attività in modo prevalente allo specifico settore dell’ordinamento rappresentato dall’associazione stessa”.

Il rischio di conflitto di interessi

Proprio per questa ragione, prosegue il Consiglio di Stato, alle associazioni forensi specialistiche possono essere associati “solo avvocati, non anche meri giuristi oppure cultori o appassionati della materia, per l’associazionismo dei quali si rinvengono altre libere formazioni sociali, ossia non coinvolte istituzionalmente nel Cnf”. In caso contrario, argomentano i giudici, “si avrebbe una situazione di potenziale ma concreto conflitto di interessi coi doveri d’indipendenza e d’autonomia esigibili dalla figura professionale degli avvocati del libero fòro”. Questo, spiegano, “a causa della presenza nelle associazioni, volte per compito di legge essenzialmente a praticare e realizzare le specializzazioni nella professione forense, di talune categorie contigue ma differenti (magistrati), se non ontologicamente estranee a quest’ultima (non giuristi, imprese), cosa, questa, che potrebbe addirittura configurare associazioni anche del tutto prive di avvocati”.

Il caso dell’Aidless

Per quanto in particolare riguarda l’Aidless, secondo il Consiglio di Stato, “il fatto di porre il diritto del lavoro al centro dei suoi interessi culturali non la rende, per ciò solo, associazione di avvocati del lavoro […] né la rende immune da tali conflitti” poiché “tra i suoi associati vi sono esponenti delle associazioni sindacali e delle parti datoriali – dato, questo, in sé non illecito e, in taluni casi, virtuoso negli enti ove son composti i conflitti sociali e del lavoro – nel caso in esame tali esponenti, essendo portatori diretti di interessi rispetto ai quali il libero fòro ha un dovere di terzietà”. Secondo i giudici questo è incompatibile con “i doveri di terzietà” delle associazioni iscritte al Cnf. “Il compito del libero fòro – concludono – è di affiancare l’una o l’altra parte nell’affermazione dei rispettivi bisogni di tutela (anche stragiudiziale) e di dar loro supporto tecnico-giuridico ai rispettivi convincimenti circa l’interpretazione e la corretta applicazione della legge, in un confronto dialettico avanti la magistratura, terza per attribuzione istituzionale. Pertanto, non è possibile predicare l’esistenza di un’associazione forense che tolleri, anzi propugni al proprio interno, pur quando essa coadiuvi il Cnf, la commistione istituzionale di tutti questi ruoli, fuori da quegli eccezionali casi ove l’ordinamento, in modo espresso ed a garanzia di supremi o rilevanti interessi, consenta a tali fini la compresenza di portatori di plurime e distinte esperienze e professionalità”.

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