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Ricariche delle auto elettriche, la guerra dei prezzi

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Il tetto voluto da Patuanelli e i conti dell’Arera. Ora si guarda alla legge Comunitaria. La versione completa di questo articolo, a firma di Alberto Sisto, è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno 2021.

QUESTA VOLTA NON SI È TRATTATO di una manina anonima. Ad aggiungere l’ennesima voce di costo alla già salatissima bolletta elettrica degli italiani ci ha pensato l’ex ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Nel 2020 l’ingegnere grillino, oggi ministro dell’Agricoltura, ha chiesto e ottenuto con il decreto Ristori che il carburante elettrico venduto nei punti pubblici avesse un costo non superiore al chilowattora residenziale.

Secondo l’Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia le reti e l’ambiente, lo sconto del 50% voluto da Patuanelli rischia di bloccare sul nascere lo sviluppo delle reti di ricarica stradali e scaricare sulla bolletta di tutti i costi dell’implementazione della mobilità elettrica. Non si prevedono i 15.000 mld annui delle rinnovabili, ma si tratta di cifre comunque importanti.

Per invogliare gli automobilisti al cambio d’auto e soprattutto di carburante, con l’articolo 57 del decreto legge 76 del 2020, il governo di Giuseppe Conte ha imposto all’Autorità di elaborare entro sei mesi “tariffe per la fornitura dell’energia elettrica destinata alla ricarica dei veicoli, non superiore a quello previsto per i clienti domestici residenti”. Circa 0,25 euro a chilowattora.

Troppo pochi secondo l’Autorità, che dovendo far quadrare i conti del sistema, oltre a voler lasciare libero il prezzo, come chiesto dall’Unione europea, ha previsto un costo fisso, pari agli oneri di sistema, di 0,40 euro per chilowattora a cui i distributori aggiungono il prezzo dell’energia.

Oggi si pagano dai 37 centesimi, se i fornitori come il produttore Tesla fanno lo sconto, ai 50 centesimi a chilowattora. Quel costo fisso servirà, secondo Arera, a consentire lo sviluppo della rete, che dovrà garantire di poter usare le auto elettriche come batteria di riserva per mantenere in funzione la rete, ma anche affrontare i maggiori consumi.

L’Autorità ha stimato che se “si sviluppasse una rete di ricarica privata-pubblica costituita da almeno 3 milioni di dispositivi di tipo Slow o Quick e circa 10mila di tipo fast e ultra-fast, i consumi di stand-by potrebbero arrivare a pesare circa 300-350 GWh/anno”. Questo, solo per tenerli accesi. Se poi ci si attaccano anche le auto, il consumo schizza.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno 2021. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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