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Parte la serie A, più povera e indebitata

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Sarà l’edizione più povera, e indebitata, da almeno dieci anni. La serie A riparte, dopo l’estate ricca (di successi) prima del calcio con il trionfo dell’Italia di Mancini agli Europei, poi dello sport tricolore alle Olimpiadi. Era la copertina del movimento sportivo in Italia, la vetrina dei gioielli tirati a lucido. Ma il torneo che inizia tra una manciata di ore sta perdendo pezzi e accumulando perdite. Trattative ferme sul mercato, ricapitalizzazioni, debiti, finanziamenti, plusvalenze fittizie, tagli al personale, stipendi spalmati. Un linguaggio da partita doppia.

Ma non è soltanto una questione di prezzi, di soldi, oppure della presenza quasi marginale ai tavoli del calciomercato. In altri paesi ci sono totem come il Barcellona in rosso per 1,3 miliardi di dollari, che perde Messi a causa del salary cup, poi il Real Madrid indebitato che non riesce a prendere Mbappè. Insomma, spende solo il Psg, con un monte ingaggi (Messi, Donnarumma, Sergio Ramos, Wijnaldum) che evidentemente sfugge all’attenzione dell’Uefa, oppure il Manchester City che punta cifre pazze sugli inglesi (Grealish, forse Kane) respinti con perdite a Wembley 40 giorni fa dagli azzurri.

In molte società, specie nei top club di Serie A, Atalanta a parte, al momento manca la visione, l’orizzonte verso il futuro. Mentre sono evidenti i tratti comuni: costi di gestione insostenibili, età media alta delle rose, poca attenzione ai settori giovanili e agli asset (centri sportivi, stadi) che possono aiutare nella ricerca di liquidità.

Ciascuna delle favorite per il titolo ha perduto il suo migliore atleta o è stato sul punto di perderlo. Donnarumma via dal Milan (al Psg), Lukaku dall’Inter al Chelsea, Dzeko dalla Roma all’Inter. Mentre la Juventus cerca ancora acquirenti nelle ultime per Cristiano Ronaldo e il suo ingaggio da 31 milioni di euro annui e il Napoli che mostra un interesse limitato a rinnovare l’accordo con Lorenzo Insigne, libero sul mercato dal prossimo gennaio.

LA LEGGE DI COVID: SERIE A, RICAVI – 18%

Ne risente, ovviamente, la qualità e la competitività, soprattutto nelle Coppe europee. D’altronde, l’ultimo rapporto annuale di Deloitte vede la Serie A perdere il 18% dei ricavi nel 2019-2020 (toccato dalla pandemia), qualche punto percentuale in più rispetto ai competitor, dalla Premier League (-9%) a Liga e Bundesliga, che è la più virtuosa e solida, conti in ordine e investimenti sui talenti locali, con un passo indietro di appena il 4%. Perdita da 400 milioni di euro, tra costi fissi non rivisti e mancati incassi al botteghino, con conti societari alla ricerca dell’equilibrio che non c’è. E non si vedono fonti d’ingresso alternative agli 840 milioni di euro messi sul piatto da Dazn per l’esclusiva delle dieci partite di campionato (tre in co-esclusiva con Sky): neppure il private equity che cercava il 10% della newco formata dalla Lega di A per la vendita dei diritti tv all’estero è riuscito a scardinare il muro dei patron di A (trovando invece sponda nella Liga spagnola). Forse perché al tavolo c’era la proprietà della Juventus, impegnata nel frattempo anche a lanciare la Superlega che avrebbe raso al suolo i tornei nazionali. Non bastano, ma soldi freschi arriveranno dalla criptovaluta: sulla maglia della Roma sarà esibito il brand DigitalBits per 12 milioni annui, ce ne sono 20 per l’Inter per mostrare sul petto il marchio Socios, piattaforma che lancia i fan token (“azioni digitali” per i tifosi, con premi e promozioni) per le società di calcio. Il fenomeno è molto più esteso in Premier League dove quasi tutti i club incassano da piattaforme digitali.

GLI AUMENTI DI CAPITALE ALLA JUVE, ALL’INTER LA FUGA DECISA A PECHINO

A proposito di Juve, solo a Torino, in tempi di crisi e contrazione dei ricavi (debiti oltre quota 350 milioni di euro), possono permettersi di mettere dentro forze fresche con due aumenti di capitale da 700 milioni di euro in altrettanti anni, riuscendo anche a potenziarsi, nonostante i debiti, con accordi praticamente in leasing con altre società. E’ il caso del Sassuolo, che ha spedito Locatelli in Piemonte dopo mesi di trattative, con primo incasso (a tranche) nel 2023. E lo stesso tipo di accordo è stato stretto tra i bianconeri e la Fiorentina per Chiesa, lo scorso gennaio. Per le società che non indossano il bianconero sono tempi ancora più duri. L’Inter che perde Antonio Conte, Hakimi, Lukaku, per ora non Lautaro Martinez per la promessa rivolta dei tifosi, è in retromarcia da prima dI Covid-19, dall’imposizione del governo cinese ai colossi nazionali (come il Gruppo Suning) a sospendere gli investimenti sul calcio occidentale. I quasi 300 milioni assicurati dal fondo Oaktree sono una scialuppa per la gestione ordinaria, il prossimo passo sarà la cessione del club. E se il Milan, ancora nelle mani del fondo Elliott che vaglia compratori, comunque arrivato in Champions League e che punta su attaccanti decisamente over 30 (Giroud, Ibra) perdendo Donnarumma, anche le altre mostrano limiti. Dal Napoli senza debiti con le banche, con discreta liquidità in cassa ma senza una visione, oltre al riconosciuto raziocinio. Da De Laurentiis preoccupato per il rosso di bilancio in arrivo (circa 50 milioni di euro) a Lotito che è costretto, per utilizzare i nuovi arrivi dal mercato, a firmare un assegno di dieci milioni di euro destinato al capitale sociale laziale, il primo intervento della proprietà in 17 anni di presidenza. E pure la Roma dei Friedkin conta ancora debiti per 300 milioni. Anche se è partita forte con Josè Mourinho, ha trovato difficoltà, ostacoli, seppur con l’investimento forse più interessante, la punta inglese del Chelsea, Abraham, 40 milioni di euro, pagamenti pluriennali e la recompra per i Blues a 80 milioni di euro.

LA CONSEGUENZA È IL CALO DEL TIFO

La tendenza, ormai ossessione, dei club a privilegiare l’aspetto finanziario rispetto alle esigenze del campo si riflette sulla passione degli appassionati. Il recente studio di StageUp e Ipsos verde i fan in calo del 2,6% in un anno, poco più di 24 milioni, con otto o poco più che tifa Juve, otto tra Milan e Inter, 2,5 milioni per il Napoli, poi le romane. Posizioni consolidate, sino all’assegnazione del prossimo scudetto.

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