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I giornalisti e la violenza no vax, ora basta

green pass

Continuare a scrivere, a raccontare, a parlare. Senza arretrare di un passo. Anzi, recuperando il terreno perso finora. È l’unica risposta possibile di fronte alla violenza no vax, o no green pass o no sistema, che continua a prendere di mira i giornalisti. Ma non si può sottovalutare o minimizzare quello che sta avvendendo senza chiedersi come si sia arrivati a questo punto. La deriva di queste ore è la conseguenza di un degrado progressivo della discussione pubblica, infiltrata dalla disinformazione e alimentata da chi ha interesse a indirizzare il disagio e l’insofferenza verso la contrapposizione, la rottura e lo scontro, anche fisico.

Dietro ai pugni in faccia al reporter di Repubblica, Francesco Giovannetti, o all’aggressione alla giornalista di Rai News24, Antonella Alba, c’è una lunga scia di melma che viene continuamente alimentata. Sono episodi ancora più gravi perché ‘preparati’ da una costante opera di denigrazione. Il mantra del ‘giornalista terrorista’ risuona nelle piazze no vax ma si respira anche nelle discussioni di tutti i giorni, nell’ammiccamento di certa politica, e anche nell’incredibile connivenza di quei sedicenti giornalisti che, pur di trovare una collocazione nel dibattito, sono pronti a prendere le distanze, a mercanteggiare la dignità professionale con il tornaconto personale.

È arrivato il momento di dire basta. Pubblicamente, come hanno prontamente fatto i Cdr di Repubblica e di RaiNews24, e come dovrebbero fare anche le istituzioni e tutte le forze politiche. L’informazione va difesa e va tutelata. Come? Prima di tutto con il lavoro. Tutti giorni, ogni giornalista per la sua parte, e insieme agli editori. Servono qualità, credibilità e autorevolezza per ridare reputazione al giornalismo. Servono le notizie, le inchieste, gli approfondimenti per riportare le fake news, a partire da quelle no vax, dove meritano di finire, nel cestino.

Ma non basta l’impegno professionale. Serve anche quello personale, nel privato, quando qualificarsi come un giornalista può diventare imbarazzante. Non si può più cambiare discorso, fare finta di niente, evitare discussioni inutili. Le aggressioni sono la manifestazione più evidente e deteriore, vanno condannate e punite. Ma vanno anche prevenute, con uno sforzo culturale, con l’educazione, con gli argomenti della verità, spesso più complessi e meno intuitivi di quelli della propaganda. È faticoso ma necessario.

 

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