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11 settembre, l’economia non è sprofondata

L’11 settembre 2001 ha cambiato tutto. Le relazioni internazionali, gli equilibri geopolitici, la società occidentale. E anche l’economia, a livello globale. A vent’anni esatti di distanza, c’è però un dato che merita di essere riletto con attenzione. Un evento epocale, per la portata delle vittime dirette, più di tremila, e di quelle indirette, molte di più, considerando i danni collaterali che si sono protratti per anni, non ha causato una crisi economica irreversibile, come invece si è temuto subito dopo gli attentati alle Torri gemelle.

I fatti, enormi, della mattina dell’11 settembre 2001 rimarranno per sempre nella memoria di chi li ha vissuti. Vanno ricordati sempre, comunque, prima di qualsiasi altra analisi. Quattro aerei di linea furono dirottati da 19 terroristi di al Qaida. Due aerei si schiantarono contro la Torre Nord e la Torre Sud del World Trade Center. In poco meno di due ore, crollarono tutte e due, causando anche il crollo parziale o totale di tutti gli altri edifici del complesso. Un terzo aereo si schiantò sul Pentagono. Un quarto aereo precipitò in Pennsylvania, dopo una rivolta dei passeggeri contro i dirottatori.

La portata di quello che successe in poche ore è ancora oggi difficilmente quantificabile e circoscrivibile.

La società americana, prima di tutto, e quella occidentale per estensione, furono stravolte nella loro identità. Furono violate nelle loro fondamenta, si frantumarono certezze e vacillarono le prospettive di intere generazioni. Il terrore e la paura declinarono rapidamente in una vulnerabilità mai percepita prima. E, soprattutto, si innescò una generalizzata difficoltà di guardare al futuro. Tutti elementi che, per definizione, incidono sulla fiducia, uno dei capisaldi dell’attività produttiva.

Eppure, quei fatti enormi non intaccarono i fondamentali dell’economia. La reazione fu più rapida di quanto si potesse immaginare e i danni economici, soprattutto quelli finanziari, prodotti dall’11 settembre si riveleranno più contenuti rispetto a precedenti crisi di sistema, come nel 1987, e a quelle che arriveranno dopo, a partire dal crollo della Lehman Brothers nel 2008.

L’11 settembre Wall Street rimase chiusa, così come nei cinque giorni successivi. Piazza Affari perse il 7,47% in chiusura. Meno peggio del 6 ottobre 2008 (-8,24%) e del 24 giugno 2016, il giorno dopo il voto favorevole al referendum sulla Brexit (-12,46%) e, soprattutto, del 12 marzo 2020, con la crisi del Coronavirus (-16,92%).

Il 17 settembre 2011 la Borsa di New York riaprì. Il Dow Jones lasciò sul campo il 7,1%, meno di un terzo rispetto al record negativo registrato nel ‘Black Monday’ del 1987, quando il crollo fu del 22,6%. Il 21 settembre, in tutto, erano comunque andati virtualmente in fumo circa 1,4 trilioni di dollari.

Ma c’è un altro dato significativo. Il pil americano è cresciuto oltre le aspettative nel primo trimestre del 2002, registrando una crescita del 5,8% e mandando in archivio, a pochi mesi dall’11 settembre, la più breve recessione della sua storia. Un rimbalzo che segna una netta divaricazione tra le conseguenze economiche e quelle politiche, sociali e storiche degli attentati dell’11 settembre.

 

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