NF24
Cerca
Close this search box.

Smart working, la soluzione è nel modello flessibile

donne salute

Il tema dello smart working è sempre più al centro dell’attenzione sia da parte delle aziende che del mondo politico italiano. In questi ultimi due anni la nuova organizzazione del lavoro da remoto ha permesso alle aziende di andare avanti nonostante la complessità della situazione pandemica, trovando nuovi equilibri e ridisegnando i confini del lavoro. A volte si è assistito a un dibattito ideologico (concentrato solo sulle nuove tutele sindacali, necessarie, ma talvolta intempestive rispetto all’evoluzione della questione), a volte semplicemente surreale: come se il lavoro in presenza fosse da archiviare per sempre.

Ma è certo che, come ha sostenuto Aldo Bottini, dello studio Toffoletto, De Luca, Tamajo e soci, “lo smart working abbinato a figure di smart manager sarà la chiave di volta nel lavoro, che però andrà anche adattata a una nuova visione della retribuzione che dovrà essere calibrata alla quantità di tempo impiegata per realizzare una specifica attività”. Il tema della misurazione del lavoro (tempo o risultato?) è stato al centro di un seminario organizzato da Ruling companies.

Come capita spesso con le cifre si vuole contendere il futuro. Si passa da indagini che manifestano la nostalgia dell’ufficio, e dalle scelte di grandi aziende (Google in testa) di rilanciare il lavoro in presenza, a sondaggi che invertono le preferenze, come quello presentato da Cristiana Milanesi director South Europe and global sales business partner Mars, secondo la quale solo il 12% delle persone intende tornare al modello di lavoro in ufficio mentre l’88% preferisce proseguire il proprio lavoro a casa.

Il sospetto è che tutto dipenda dal campione utilizzato: chi per un anno e mezzo ha fatto l’equilibrista tra la cucina e la camera da letto, contendendo il pc di casa ai figli in Dad è improbabile che non rimpianga il lavoro in ufficio.

Puntare alla combinazione ufficio e remoto sarà la chiave di volta. Anche in questo caso, soccorre un sondaggio, questa volta condotto da Censuswide, nel quale sono stati coinvolti diecimila impiegati d’azienda di otto Paesi europei, cioè Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svezia e Svizzera, e appartenenti a dodici settori. Lo studio, titolato “Il futuro dello smart working”, riassume quanto emerso da interviste realizzate nel corso di 14 mesi, che dunque fotografano uno scenario post pandemico in via di consolidamento. E pare che, dopo l’esperienza dei lockdown e del lavoro a distanza esteso a tutta o a parte della settimana, i dipendenti si siano abituati alla flessibilità di tempi. E non vogliano più tornare indietro.

Sul totale degli intervistati italiani soltanto il 22% potendo scegliere tornerebbe in ufficio a tempo pieno, cinque giorni a settimana, ma si limita al 20% anche la percentuale di chi preferirebbe lavorare solo in smart working. La modalità preferita, citata dal 42% degli impiegati e impiegate italiani, è quella del lavoro ibrido, un po’ da casa e un po’ in ufficio con i colleghi.

La flessibilità è il nuovo tema, ogni azienda si deve porre questo nuovo obiettivo per organizzare livelli e metodi di lavoro differenti. “Spingeremo sulla flessibilità dell’orario – ha aggiunto Cristiana Milanesi – bisognerà trovare il giusto equilibrio per costruire una modalità di lavoro che sia ibrido. Un mix di presenza in azienda unito a un approccio in smart working può funzionare. Il concetto dell’ufficio resterà sempre centrale ma assumendo un ruolo diverso più di incontro, scambio di opinioni e idee che di operatività”.

Ragionare in maniera aperta rende più flessibile il lavoro, così come puntare alle competenze del singolo sarà fondamentale nella crescita aziendale ha spiegato durante il suo intervento Alessandro Camilleri Director of Human Resource Corporate Functions Gruppo Hera.

Il lavoro ibrido dunque piace, ma comporta qualche difficoltà in più sul fronte della sicurezza informatica. Dal sondaggio di Censuswide emerge una certa impreparazione delle aziende italiane a gestire i rischi: il 39% utilizza soltanto le password per proteggere dispositivi e applicazioni, anziché affidarsi a sistemi biometrici (sati soltanto dal 13% delle aziende italiane) o all’autenticazione multi-fattore (dal 28%). I dati di questo studio portano a sottolineare un cambiamento in atto: le aziende devono ridefinire il proprio “spazio di lavoro” mettendo i dipendenti al centro, e facendo in modo che quello spazio e quelle modalità siano attrattive. Specie i più giovani potrebbero scegliere di andare altrove se si sentissero incatenati alle vecchie, rigide modalità di lavoro.

Si osservano soprattutto differenze generazionali. Ben il 53% dei giovani italiani, tra i 16 e i 34 anni, accetterebbe di trasferirsi altrove per essere assunti da un’azienda che favorisce il lavoro flessibile, mentre la percentuale crolla al 18% tra chi ha più di 55 anni. Va anche detto che il lavoro asincrono non è una modalità adattabile a tutti i contesti e a tutti i tipi d’azienda, dunque sui risultati dello studio pesano in direzione del lavoro tradizionale settori come la scuola e i servizi finanziari.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.