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La Nadef delle buone notizie. Ma va difesa (e serve Draghi)

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Una Nadef in cui ci sono sostanziali buone notizie. Ma che non deve essere fraintesa: l’indicazione della crescita del pil al 6%, sopra ogni attesa, è un dato che va compreso e difeso. Per una serie di ragioni che devono essere ricordate. Innanzitutto, stiamo parlando di un rimbalzo, di una fase di crescita che segue la brusca e rovinosa caduta causata dalla pandemia Covid. Tanto che i livelli pre crisi potranno essere raggiunti solo nel 2024. Perché questo avvvenga e si possa pensare a una crescita più sostenuta dal 2025 serve un’efficace attuazione di tutto il Pnrr. Non solo. Insieme al pil, va considerato l’andamento dei conti pubblici.

Come avverte il ministro dell’Economia Daniele Franco, “dal 2024 in poi, la politica di bilancio dovrà essere maggiormente orientata alla riduzione del disavanzo strutturale e a ricondurre il rapporto debito/pil al livello precrisi (134,3 per cento) entro il 2030”. Vuol dire che i prossimi due anni di politica di bilancio ancora espansiva saranno decisivi. E che la completa realizzazione del Pnrr “resta la grande scommessa per i prossimi anni, in un contesto mondiale che è forse il più complesso ed articolato della storia recente. È una scommessa che l’Italia può vincere con la coesione interna, il buon governo e un forte radicamento europeo”.

In queste parole di Franco ci sono le indicazioni di massima per il futuro e anche una conseguenza logica che lui non può esplicitare. Per assicurare coesione interna, il buon governo, e un forte radicamento europeo serve Draghi a Palazzo Chigi. Oppure, in uno scenario che non preveda l’attuale premier in carica, un governo che sia in grado di assicurare tutti e tre i fattori. E questa, nella condizioni attuali, è una gigantesca incognita che pesa anche sulle previsioni economiche della Nadef.

La crescita

Nella premessa alla Nadef, firmata dal ministro dell’Economia, ci sono tutti gli elementi che contribuiscono a disegnare un quadro positivo. La crescita del Pil reale nel primo semestre dell’anno in corso “ha oltrepassato le previsioni e gli indicatori più aggiornati fanno ritenere che il terzo trimestre registrerà un altro balzo in avanti del prodotto. Pur ipotizzando un fisiologico rallentamento della crescita negli ultimi tre mesi dell’anno, la previsione annuale di aumento del Pil sale al 6,0 per cento, dal 4,5 per cento ipotizzato nel Def in aprile”. Guardando oltre, non mancano i rischi. In particolare, “le prospettive di ulteriore recupero del Pil nei prossimi trimestri sono legate in primo luogo all’evoluzione della pandemia e della domanda mondiale, ma saranno anche influenzate dalle carenze di materiali e componenti e dai forti aumenti dei prezzi dell’energia registrati negli ultimi mesi, fattori che impattano anche sui costi di produzione delle imprese e possono ostacolarne i piani di produzione”. Pur riconoscendo questi rischi, “la visione che ispira le nuove previsioni macroeconomiche del Governo per il 2022-2024, qui presentate, è positiva”. Il ministro evidenzia come “una concreta possibilità di recuperare gradualmente normali livelli di apertura nelle attività sociali, culturali e sportive, contribuirà a raggiungere il livello di Pil trimestrale precrisi entro la metà del prossimo anno”. Conseguita questa prima tappa, “comincerà la fase di vera e propria espansione economica, che porterà la crescita del Pil e dell’occupazione nettamente al disopra dei ritmi registrati nell’ultimo decennio”. La nuova previsione tendenziale indica tassi di crescita del Pil reale pari al 4,2 per cento nel 2022, 2,6 per cento nel 2023 e 1,9 per cento nel 2024. Queste proiezioni, che sono state validate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, “porterebbero il Pil al disopra del trend precrisi nel 2024; dal 2025, anche grazie ai due anni rimanenti del Pnrr, vi sarà una concreta opportunità di accrescere il prodotto, l’occupazione e il benessere dei cittadini italiani in misura ben superiore a quanto si sarebbe potuto immaginare prima della crisi”.

I conti pubblici

Se il pil è tornato a correre, lo fanno anche il deficit e il debito. Nel 2021, la previsione di deficit della Nadef scende dall’11,8 per cento del Pil nel Def al 9,4 per cento. I livelli di indebitamento netto previsti per i prossimi anni si abbassano marcatamente, con una traiettoria che approda ad un deficit del 2,1 per cento nel 2024 contro una stima programmatica del 3,4 per cento nel Def. Il più alto livello di Pil e il minor deficit fanno anche sì che il rapporto tra debito pubblico e prodotto non salga ulteriormente quest’anno, come previsto nel Def, ma scenda invece al 153,5 per cento, dal 155,6 per cento nel 2020. Sono comunque numeri che imporranno una netta inversione di tendenza. Dal 2024 in poi, la politica di bilancio “dovrà essere maggiormente orientata alla riduzione del disavanzo strutturale e a ricondurre il rapporto debito/pil al livello precrisi (134,3 per cento) entro il 2030”.

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