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Nice Footwear pronta a sbarcare a Piazza Affari

(Luxury&finance.it) – Nice Footwear si prepara a debuttare a Piazza Affari, su Euronext Growth Milan. Mentre sono in corso le attività di bookbuilding, il presidente e Ceo Bruno Conterno, racconta a Luxury&Finance strategie e obiettivi a valle della quotazione. La forchetta di prezzo è stata fissata tra un minimo di 9 e un massimo di 11 euro per azione, per una valutazione dell’equity value pre-money tra 13,5 e 16,5 milioni. Il flottante sarà tra il 25 e il 30% del capitale.

Come sta andando il bookbuilding? (che iniziato il 3 novembre si concluderà il 10, ndr)

Abbiano la sensazione che l’azienda piaccia, che le idee che abbiamo per il futuro abbiano colto nel segno gli interlocutori che abbiamo incontrato fino a oggi, quindi credo che ci sia un interesse nei nostri confronti. Dagli incontri percepiamo che il business model di Nice Footwear, il management e l’azienda piacciano.

Avete deciso il grande passo, la quotazione in Borsa. Vogliamo ricordare quali sono gli obiettivi strategici sottostanti a questa decisione?

Gli obiettivi strategici sono, innanzitutto, attraverso l’Ipo, creare un polo di eccellenza nella progettazione e produzione di sneacker nella Riviera del Brenta, distretto calzaturiero del luxury per eccellenza. In seconda battuta, l’obiettivo è creare una aggregazione di imprese che sono eccellenze in questo distretto, coordinate secondo i valori propri di Nice Footwear, ovvero di digitalizzazione, tecnologia e sostenibilità, che ci hanno permesso di avare risultati importanti in questi anni e ci hanno anche consentito di ottenere la certificazione di pmi innovativa, tra le poche nel comparto calzaturiero.

Aggregazione di imprese, con quale formula? Acquisizioni, reti di imprese o che altro?

Ci possono essere opportunità su entrambi i fronti, che andranno valutate gradualmente. Quello che pensiamo sia fondamentale è che aziende di size medio-piccola abbiano bisogno di una piattaforma quale è quella di Nice Footwear che dà loro visione, valori e organizzazione per competere in un mercato globale sempre più sfidante e complesso. Una dimensione medio piccola rischierebbe di scomparire e con essa un’eccellenza italiana legata sia alla manifattura, sia allo sviluppo del prodotto finale. Nice Footwear vuole invece farsi portavoce di questo impegno cercando di evolvere queste società e portarle a competere nel mercato internazionale.

Dunque essere facilitatori di una crescita dimensionale di cui Nice Footwear è capofila?

Si, anche se non capofila di tipo finanziario o leading investor, ma anche valoriale. Tutti questi valori che oggi il mercato globale richiede, che sono sostenibilità, blockchain, tracciabilità, digitalizzazione e riduzione degli sprechi, sono stati calati a terra da Nice Footwear negli ultimi anni. I numeri ci danno ragione: il processo funziona e vorremmo espandere questa tipologia di know how anche a questa attività.

Quindi mettere a fattore comune il vostro patrimonio di competenze e conoscenze e muovervi sui mercati internazionali con una massa critica, che poi è l’annoso problema della pmi italiana.

Questo tipo di attività oggi è demandata alle multinazionali straniere, che lo fanno per il loro marchio, ma non per diverse tipologie di prodotto. Ecco che la Nice Footwear vuole invece porsi come player italiano sul territorio che promuove questo tipo di attività.

Dossier sul tavolo per acquisire o aggregare subito dopo la quotazione entro fine anno?

Non abbiamo dossier aperti, ma abbiamo notato che post acquisizione Favaro, l’interesse nei confronti dell’attività di Nice Footwear, che comunque era un’azienda outsider e non un player riconosciuto nella Riviera del Brenta, è molto molto alto. Ci sono stati un insieme di relazioni e contatti molto interessanti che ancora oggi non hanno portato ad aprire un dossier o a una definizione di categoria merceologica o quale tipologia di azienda eventualmente aggregare, però devo dire che c’è stata un’accoglienza e un interesse nei nostri confronti molto importante. Per questo crediamo che la quotazione ci possa aiutare a dare visibilità alla Nice Footwear nello svolgimento del nostro processo.

We are green, slogan identitario. Come si sostanzia la sostenibilità nel vostro gruppo?

Crediamo di essere sostenibili per definizione perché sin dalla fondazione abbiamo promosso e sviluppato un processo produttivo fondato sulla digitalizzazione e dunque sulla riduzione dei campionari, del time to market, degli sprechi nello sviluppo delle collezioni e nel definire i progetti da portare in collezione. Il nostro processo tende alla sostenibilità e all’efficientamento per definizione. Poi, in forma volontaria, abbiamo depositato il nostro primo bilancio di sostenibilità, dove denunciamo tutti i nostri valori in termini di sostenibilità progettuale, ma anche di utilizzo di materiali ecosostenibili. Tanto che nel secondo bilancio di sostenibilità, che stiamo depositando, abbiamo definito una seconda calzatura, che non solo è sviluppata digitalmente, ma anche prodotta con materiali ecosostenibili.

La produzione?

Asiatica. Il commitment è effettuare lo stesso processo con la produzione made in Italy con Favaro Manifattura Calzaturiera. Avendola acquisita a maggio, è un percorso in divenire, ma contiamo che nel 2022, post Ipo, questa esperienza sviluppata in altre nazioni verrà implementata anche in Italia.

Una sorta di reshoring?

Sì, ma si tratta della nostra interpretazione del reshoring in Italia. Dobbiamo essere corretti intellettualmente e dire che determinate categorie di prodotto e su determinati punti di prezzo non è possibile ad oggi effettuare un reshoring completamente italiano. Oggi il nostro impegno con le acquisizioni fatte e probabilmente con quelle a venire è cercare sempre di più di valorzzare una produzione made in Italy per quei brand che se lo possono permettere.

Come è composto il capitale sociale del gruppo?

Da un socio di maggioranza, Bruno Conterno e da un socio fidelizzato nel tempo, Francesco Torresan, nostro product manager che ci ha accompagnati in questo percorso di crescita e sviluppo.

Quale sarà il flottante?

Tra il 25 e il 30% dl capitale, inclusa la Greenshoe.

Avere sedi all’estero (Shanghai, Hong Kong), vi ha aiutati in un momento in cui si deve affrontare il rincaro delle materie prime e le difficoltà dei trasporti?

Abbiamo sempre voluto governare la supply chain, sia dalla progettazione, con softwear nativi, sia nella produzione, assumendo personale e ristrutturando aziende direttamente in loco. Dunque l’apertura di Shanghai è stata voluta perché abbiamo personale dipendente assunto da Nice Footwear che va direttamente nelle factories, gestisce la logistica e ci permette di avere un controllo in tempo reale sulle nostre produzioni. All’inizio tutto ciò ha comportato un aumento dei costi. Se si fosse andati a fare del brokeraggio in Asia, i costi sarebbero stati molto più bassi. Ora avere strutture dirette ci consente di avere meno disagi da questo puntio di vista. Abbiamo i disagi che hanno tutti, ovviamente, ma riusciamo a governare meglio rispetto ad altri player che hanno demandato a terzi questo tipo di attività.

Quali i nuovi mercati che volete conquistare?

Concluderemo i lavori, e crediamo entro il 2021, della showromm a Parigi, dietro al Louvre. Da li in poi, post Ipo, l’obiettivo è entrare in mercati strategici quali potrebbero essere gli Usa, dove lavoriamo già con due multinazionali ma non siamo presenti con una nostra piattaforma. Quindi Dubai ed Emirati Arabi, dove non siamo presenti, ma il nostro made in Italy è estremamente apprezzato.

Più licenze o marchi di proprietà nel futuro?

In realtà investiremo in tempi piuttosto rapidi nelle collaborazioni, nei progetti speciali e dunque nella produzione, progettazione e sviluppo dei campionari per marchi terzi luxury. Con Favaro vogliamo incrementare le collaborazioni con brand luxury.

Chiusura d’anno?

Torniamo ai livello pre Covid in termini di fatturato. I costi della quotazione li abbiamo già messi a budget. Sono quelli standard.

Avete comunque scelto un buon momento per quotarvi, visto l’andamento dell’azionariato, in particolare italiano. Le sirene dell’alta inflazione sono ben governate. Ma perché la Borsa e non una forma diversa di finanziamento?

Abbiamo creduto fortemente che essere italiani in questo momento storico è ‘cool’. Siamo stati pubblicamente elogiati dalla presidente della Commissione europea come paese che ha reagito in modo eccellente alla pandemia. Abbiamo un presidente del Consiglio rispettato a livello mondiale che restituisce un’immagine di un’Italia preparata, precisa e capace, sia a a livello di comunità europea, sia di G20. La sorte ci aiuta: vinciamo gli Europei di calcio, le Olimpiadi.. abbiamo un Paese che cresce in termini di Pil più delle stime. Allora, abbiamo pensato che quella figura dell”italiota’, che è un po’ vecchia, di quello ‘che ci mette una pezza’ è passata. Siamo cool. Essere italiano oggi fa figo. Anche a livello europeo e mondiale. La figura dell’italiano trafficone non c’è più. Ora abbiamo la sensazione che essere italiano sia motivo di orgoglio a livello internazionale e questo ci è sembrato il momento di dare anche un messaggio. E allora, perché la Borsa? Perché e un messaggio chiaro: ci sono aziende che, anche se operano in un comparto tradizionale, hanno voglia e intenzione di mettersi in discussione. Vogliamo dare un messaggio chiaro al mercato e al distretto: evolvere si può e possono nascere opportunità che vengono anche comunicate e condivise a livello internazionale. Avere la divisa della Borsa verrà compreso sia dai nostri clienti sia dai nostri compagni del segmento calzaturiero.

Nice Footwear nasce nel 2004 ed è specializzata in sviluppo, produzione e commercializzazione di scarpe sportive con brands propri, in licenza e per conto terzi, tra cui Kronos, Ellesse, Conte of Florence, Fred Mello e G-Star RAW. Nel 2020, emette il primo Minibond quotato su ExtraMotPro3, viene iscritta nella sezione speciale del settore moda sportiva come PMI innovativa e presenta il suo primo Bilancio di Sostenibilità. Nel 2021 l’Azienda evolve il proprio posizionamento ed entra a far parte del lusso Made in Italy con l’acquisizione di Favaro Manifattura Calzaturiera.

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