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Lavoro e metaverso, altro che social

metaverso

Tra non molto avremo a che fare con il metaverso. Prima di tutto per capire e poi per valutare i progetti più grandi che rischiano di orientarlo. Certo le quantità di denaro impiegate hanno questo potere, ma abbinare le nuove opportunità esclusivamente a Facebook e ai progetti di Zuckerberg è riduttivo.

 

DA QUESTO PUNTO DI VISTA Epic Games, casa di uno dei videogiochi più celebri al mondo, è proprio tra le più impegnate e avanzate su questo genere di piattaforma. Su Fortnite si fanno incontri, concerti con decine di milioni di spettatori, oltre che giocare. I videogiochi, non da oggi, anticipano molte innovazioni e credo che accadrà anche stavolta. Peraltro è l’unico ambito in cui a ragazze e ragazzi viene lasciato un po’ di spazio, in un mondo in cui i pensionati benestanti in buona salute lo occupano tutto.

 

Ma cosa è il metaverso? Il termine è stato coniato da Neal Stephenson nel romanzo ‘Snow crash’ del 1992, in cui gli esseri umani interagiscono in uno spazio esclusivamente digitale. Il termine si riferisce a una nuova realtà virtuale immersiva, perché avremo la possibilità di entrare in relazione con gli altri attraverso avatar a più dimensioni. Qualcuno pensa a una versione molto più evoluta della vecchia Second Life. In realtà le interfacce già oggi disponibili (visori Vr, dispositivi wearable, tute, etc.) consentono esperienze sempre più, appunto, immersive.

 

Come per tutte le novità, è già in azione la retorica tecnofoba che parla di snaturamento della condizione umana e non solo. Sia chiaro, i rischi sono sempre dietro la porta, ma crescono al ridursi della consapevolezza. Si pensi alla parola virtuale: è diventata sinonimo di finto, di plastico, di simulato, di non reale. Invece, come il termine virtuoso, deriva da virtù. Se affidiamo senza discernimento al digitale la nostra vita parallela, il rischio è che sia preminente rispetto all’altra. I cambiamenti vanno orientati e ogni vuoto colmato in modo sapiente.

 

Un esempio? Qualche anno fa lo University College di Londra ha spiato il cervello di chi guida un’automobile e ha scoperto che il Gps mette a riposo i centri cerebrali, in sostanza li impigrisce. I ricercatori hanno infatti utilizzato alcuni video per ricreare, utilizzando uno scanner Mri – Magnetic resonance imaging – le strade del popolare quartiere Soho a Londra. Generalmente, anche sulla base della propria conoscenza della città si attivano due aree del cervello per determinare la distanza e il percorso fino alla destinazione. Con i navigatori queste due aree non si accendono.

 

Certo, se questo determina una riduzione dell’attenzione alla realtà che ci circonda, l’esperienza rischia di diventare anche pericolosa. Ma soprattutto se le risorse liberate non vengono impiegate in altro modo, spostandosi, avremo soltanto un impigrimento generale.

 

L’esempio appena raccontato è utile a capire anche il metaverso. Apre infinite possibilità per aumentare le opportunità, anche cognitive, degli esseri umani. Pensate agli sviluppi del settore educazione e formazione.

 

Su quest’ultimo basti vedere come stanno cambiando i laboratori per la formazione di NokiaEdu ad Agrate. Non solo, pensate alle applicazioni crescenti in medicina, nella psichiatria. Al lavoro, alla manutenzione, all’integrazione con i nuovi modelli produttivi. Pensate già ora quanto siano interessanti le applicazioni di digital twins (gemelli digitali) in produzione, nel lavoro. Tutte queste tecnologie che abilitano una realtà ‘immersiva’ ci appaiono sempre più irriducibilmente disumanizzanti. Già oggi la nostra vita parallela online è crescente e spesso poco consapevole. Il calore di un abbraccio non sarà mai sostituibile. Ma pensiamo a quanto le persone anche vicine comunicano tramite il digitale. Senza un intervento urgente sull’educazione digitale subiremo solo gli effetti negativi di questa grande trasformazione.

 

Si tratta di riscoprire e recuperare la nostra umanità e di offrirle un protagonismo inedito. La nostra capacità di generare senso, pensiero critico, sarà sollecitata sempre di più ma è urgente un’educazione al digitale su potenzialità e rischi di cui ancora non vi è traccia in Italia. Il digitale ci ‘sposta’ e non riusciamo ancora a capire che bisogna colmare i vuoti che si creano per questo.

 

Come ci ricorda Luciano Floridi, l’educazione e il pensiero umanistico aiutano a proteggere il nostro capitale semantico, ovvero la capacità, unica degli esseri umani, di dare significato alle cose che ci circondano. Gli algoritmi più sofisticati stentano su queste capacità, ma anche la diffusa e crescente anaffettività non aiuta. Il cinismo ci avvicina alle macchine, l’ignoranza ci fa soccombere a esse.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di novembre 2021. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

 

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