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Ugo Salerno, presidente e Ad del Rina, evidenzia come vadano sviluppate tutte le tecnologie utilizzabili per garantire una corretta transizione energetica. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021-gennaio 2022.

SUPERARE L’IPOCRISIA delle soluzioni – e delle normative – ideologiche, che in molti cavalcano perché torna comodo, e valutare pragmaticamente le soluzioni via via disponibili, e meno impattanti in termini di emissioni, per effetto della continua evoluzione delle tecnologie. Questa è la strada maestra da percorrere nella transizione energetica verso la decarbonizzazione, secondo Ugo Salerno, amministratore delegato e presidente del Rina, multinazionale che dalla classificazione navale, di cui è un leader mondiale, ha ampliato i suoi servizi dal settore marittimo all’industria, all’energia, ai trasporti e infrastrutture, alla certificazione, 4mila professionisti per 200 uffici in 70 Paesi.

Come ripete ogni volta che ne ha l’occasione: “Non possiamo andare in una sola direzione, pensare di coprire i fabbisogni energetici del pianeta con un’unica soluzione, le rinnovabili non bastano. Dobbiamo sviluppare tutte le tecnologie potenzialmente utilizzabili, dalla cattura della CO2 alla filiera dell’idrogeno e dell’ammoniaca, al nucleare di quarta generazione”. Esattamente quel che sostiene il World energy outlook per il 2020 dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) nell’elencare le possibili innovazioni: queste le diverse direzioni da seguire, nessuna risposta basta da sola, nessuna è pronta.

Ecco il primo esempio: “Prendiamo i trasporti, le navi. Non esiste oggi un combustibile che risponda alle normative della Ue: il gas liquefatto emette meno CO2 del combustibile tradizionale, è vero, ma con il life cycle assessment dell’intero processo la riduzione in realtà è dell’8%, una buona soluzione temporanea”. Per questo, continua, “dobbiamo lavorare a tutte le opzioni e vedere dove portano, l’evoluzione delle tecnologie sarà più veloce di quel che immaginiamo. Prendiamo il vaccino contro Covid-19: nessuno aveva previsto che in appena un anno se ne sarebbero messi a punto più di uno, siamo rimasti sorpresi. Se l’industria, la ricerca lavorano senza ideologie e preclusioni possono far evolvere tutte le tecnologie per raggiungere gli obiettivi”.

Della cattura dell’anidride carbonica si parla pochissimo, eppure in Norvegia, che ha fiutato il business, il colosso degli idrocarburi Equinor la pratica da oltre vent’anni nel suo giacimento del Mare del Nord e ora allestisce un maxi-deposito per raccoglierla dall’estero. “È una tecnologia che esiste già – spiega Salerno – cattura circa l’80% delle emissioni e consente di non abbandonare del tutto i combustibili fossili in questa complessa fase di transizione: costa circa 70 euro a tonnellata, poco più dei diritti attuali di emissione”. I nemici degli estrattori di petrolio obiettano che non si saprebbe dove stoccare i 35-40 miliardi di tonnellate di CO2 emesse nel pianeta, la Norvegia ne cattura 1 milione l’anno. “Oltre a immetterla nei tanti pozzi e depositi esausti, dove può rimanere a lungo – replica l’Ad – la si può utilizzare per produrre grafene, fertilizzanti per l’agricoltura e altro ancora”.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021 – gennaio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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