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Quirinale, sarà Mattarella bis all’ottava votazione

Sette votazioni andate a vuoto. Ma a qualcosa sono servite: certificare la debolezza dei partiti – divisi nelle coalizioni e al loro interno – squadernare la debolezza di leader che non tengono i loro gruppi. E il frutto di tutto questo è la svolta maturata in mattinata nelle trattative  per l’elezione del presidente della Repubblica: la decisione di pregare Sergio Mattarella di concedere quel bis al quale tante volte pubblicamente si era sottratto. Dalle 16.30 del pomeriggio lo scrutinio decisivo.

Ci si arriva dopo l’ennesimo passo falso, quello che ha portato nella notte tra venerdì e sabato a bruciare l’ipotesi del capo dei servizi segreti, Elisabetta Belloni, nome buttato nell’agone dal leader della Lega, Matteo Salvini, e  da quello del M5s, Giuseppe Conte, senza accertarsi che mettesse d’accordo la maggioranza di governo non per le sue qualità, unanimemente riconosciute come indiscusse, ma proprio per il ruolo che ora ricopre. Ci si arriva dopo che il centrodestra ha deciso di andare alla conta sul nome del presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, andandosi a schiantare contro il muro dei franchi tiratori.

E mentre tutto questo accadeva, crescevano i consensi dei grandi elettori proprio nei confronti del capo dello Stato: 16 voti al primo scrutinio, 39 al secondo, 114 al terzo, 166 al quarto, 46 al quinto (ma solo perché il centrosinistra si è astenuto) , 336 al sesto fino ai 387 del settimo.

Alla fine, arriva la resa certificata dalle parole di Salvini, tra coloro che certamente non consideravano questa come la migliore delle opzioni possibili. “Una parte del Parlamento non vuole trovare un accordo, allora chiediamo a Mattarella di restare, la squadra resta così, Draghi resta a Palazzo”, dice.

Si arrende anche l’ultimo nome che sembrava rimasto in corsa, quello di Pier Ferdinando Casini, sponsorizzato dai centristi. “L’Italia non può ulteriormente essere logorata da chi antepone le proprie ambizioni personali al bene del Paese. Certamente io non voglio essere tra questi. Chiedo al Parlamento, di cui ho sempre difeso la centralità, di togliere il mio nome da ogni discussione e di chiedere al presidente della Repubblica Mattarella la disponibilità a continuare il suo mandato nell’interesse del Paese”.

Sul campo restano le macerie di un centrodestra che, dopo aver fatto finta di volersi muovere come coalizione, si spacca in tre tronconi, con Forza Italia che disconosce Matteo Salvini come suo portavoce e Giorgia Meloni che si dice sbalordita dalla decisione di puntare su Mattarella.

Non ne esce benissimo neanche il centrosinistra, che ha altalenato in questi giorni tra tentativi di mantenere in vita il campo largo e i sospetti che Giuseppe Conte stesse in realtà facendo intelligenza con il nemico (cioè Salvini).

Sergio Mattarella è il nome dietro cui i partiti nascondono la loro debacle. Perdono tutti ma nessuno si schianta, il reiterarsi dello status quo rende più digeribile anche per Mario Draghi restare a palazzo Chigi dopo che i partiti della sua stessa maggioranza gli hanno negato l’ambizione di traslocare al Colle. Sarebbe stato lui stesso, in un incontro questa mattina, a chiedere al capo dello Stato di dare la sua disponibilità, impegnandosi a rimanere alla guida del governo. L’atto formale di richiesta del Parlamento viene però affidato ai capigruppo, andati nel pomeriggio al Quirinale.

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