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Le inflazioni non sono tutte uguali

inflazione economia

Le cause, le conseguenze e le politiche necessarie ad affrontarle cambiano di situazione in situazione, da Paese a Paese. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di maggio 2022.

In un famoso articolo apparso su Esquire nel 1935, Ernest Hemingway osservava con preoccupazione l’ascesa europea dei fascismi e scriveva che i rimedi alle difficoltà di un Paese mal gestito sono l’inflazione e la guerra; entrambi portano un sollievo temporaneo, ma inesorabilmente anche una rovina permanente. L’inflazione di cui parla Hemingway è quella della Germania che portò Hitler al potere. La guerra è il secondo conflitto mondiale. Successivamente è ricapitato negli anni ‘70 che spirali inflattive coincidessero con periodi di turbolenza geopolitica. La grande inflazione che colpì buona parte dei Paesi occidentali negli anni Settanta fu intervallata dalla guerra dello Yom Kippur in Israele nel 1973 e dalla rivoluzione iraniana del 1979.  La sincronia fra periodi inflattivi e tensioni geopolitiche in Paesi ricchi di risorse energetiche non è una coincidenza. Ma le inflazioni non sono tutte uguali: le cause, le conseguenze e le politiche necessarie ad affrontarle cambiano di situazione in situazione, da Paese a Paese.

Ora veniamo ai giorni nostri. Fra marzo 2021 e marzo 2022, il Consumption Price Index (Cpi) – l’indice dei prezzi al consumo statunitense – è passato da 265,02 a 288,71, equivalente a un’inflazione annuale dell’8,5%. In Europa, l’Harmonized Index of Consumer Price (Hicp) per i 19 Paesi dell’area euro è cresciuto tra febbraio 2021 e febbraio 2022 del 5,9%. La stima per il mese di marzo – il valore effettivo viene rilasciato da Eurostat a fine aprile – è di un’inflazione al 7,3%.

Due unioni di Stati. Due indici dei prezzi. Due inflazioni. Entrambe alte, altissime se confrontate con la storia di questo indicatore. L’inflazione statunitense non toccava i valori attuali dal dicembre 1981, quella europea è la più alta registrata dal 1999, quando l’Eurostat ha iniziato a rilasciare l’indice dei prezzi dell’area euro.

I prezzi crescono perché la domanda è troppo elevata rispetto all’offerta: troppi soldi inseguono pochi beni e servizi. Sebbene ci sia sempre un eccesso di domanda dietro tassi di inflazione elevata, questo eccesso può essere causato da una domanda che cresce più dell’offerta, oppure perché l’offerta di beni e servizi si contrae relativamente alla domanda.

Negli Usa, l’analisi dei dati macroeconomici sembra puntare l’indice verso un’inflazione da eccesso di domanda. Dal quarto trimestre 2020 all’ultimo trimestre 2021, il prodotto interno lordo è cresciuto a un tasso annualizzato medio del 5,4%, con velocità doppia rispetto alla crescita registrata in periodi di uguale durata prima di Covid. Il tasso di disoccupazione a marzo è stato del 3,6%. Il total unfilled job vacancies – che misura il numero di posizioni lavorative che le aziende non riescono a coprire – ha toccato a marzo la cifra record di 12 milioni; a febbraio 2021 le posizioni senza lavoratori erano poco meno di 8 milioni.  Altri indicatori sono coerenti con un’economia surriscaldata. Fra febbraio 2021 e febbraio 2022, i salari sono cresciuti del 5,5% – erano cresciuti del 3,1% fra il febbraio 2020 e il febbraio 2021. L’aumento del prezzo del petrolio sta sicuramente giocando un ruolo sulle dinamiche inflattive. Tuttavia, il fatto che anche se depurati da energia e cibo i prezzi corrano a un tasso annuale del 6,5%, suggerisce che più che degli shock all’offerta, l’inflazione sia una conseguenza non voluta del coronavirus relief package con il quale l’amministrazione Biden ha immesso nell’economia americana 1.900 mld di dollari.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di maggio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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