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Questione di stile, Luppi (Msd Italia) e la leadership nel pharma

Nicoletta Luppi

La leadership maschile e quella femminile differiscono sotto molteplici punti di vista. Ma questo non è un problema, anzi. “Il valore aggiunto che ciascuna di esse esprime si apprezza al meglio nell’ambito di una relazione dialettica, in grado di intercettare le differenti sensibilità, consentendo un prezioso ampliamento di orizzonte rispetto al modo di gestire e valutare ogni questione”. Ne è convinta Nicoletta Luppi, presidente e Ad di Msd Italia, che invita “le donne entrate negli organi decisionali” a non ricalcare il modello maschile. Pena il rischio di ritornare a stereotipi culturali che vanificano la preziosa opportunità offerta dalla diversità di creare nuovo valore.

In un’ampia intervista a Fortune Italia, una parte della quale verrà pubblicata nel numero in edicola a giugno, Luppi analizza temi chiave per il pharma e per il Paese, dalla leadership femminile al gender pay gap, fino alla crisi della natalità.

Msd Italia è un’azienda guidata da una donna manager, pensa che una leadership femminile possa essere un vantaggio nell’intercettare le nuove tendenze in atto, dallo smartworking al sostegno della diversità? “Prima di rispondere puntualmente alla sua domanda, devo confessarle che di donne al potere ne conosco poche, troppo poche… Ricordo ancora nitidamente un episodio, occorso cinque anni fa a Cernobbio, al Forum Ambrosetti, quando l’allora Commissaria dell’Unione europea Marghrete Vestager, nel rivolgersi alla platea, esordì dicendo: “Ladies and Gentlemen, Gentlemen, Gentlemen…”.

“Da allora a oggi, la situazione è forse peggiorata. La pandemia ha impattato le nostre vite, e sicuramente accentuato le disuguaglianze e i fattori di fragilità: negli anziani, più colpiti ed esposti, i giovani, inficiati nelle opportunità educative, di relazione e di gioco, nel mondo del lavoro e nelle categorie meno protette, tra le quali l’universo femminile. Le donne sono infatti state tra le più penalizzate dalla pandemia – ricorda Luppi – per molteplici motivi: hanno avuto maggiori problemi sul lavoro perché occupate in settori più colpiti, si sono spesso fatte carico di compiti aggiuntivi durante il lockdown, come lo studio dei figli o la cura degli anziani, e stanno pagando un frustrante ritardo riguardo ai desideri di maternità”.

Così i tempi per la parità di genere si sono allungati di un’altra generazione: “Precisamente di 36 anni in più – ricorda la manager – secondo il nuovissimo Global Gender Gap Report del World Economic Forum, che come ogni anno traccia la mappa del divario di genere nel mondo. Il rapporto stima che ci vorranno in media 135 anni per raggiungere la parità su una serie di indicatori in tutto il mondo, invece dei 99 anni delineati nel rapporto del 2020″. La vedranno (forse) le figlie delle nostre nipoti.

La pandemia ha fatto crollare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. E questo “non sono in Italia, ma in tutto il mondo. In parallelo, sono diminuite le opportunità per le ragazze e le madri hanno visto ulteriormente appesantirsi il carico delle incombenze di cura.
Il numero delle donne nelle “stanze dei bottoni” è ancora troppo lontano dalla parità con gli uomini. Per inquadrare il discorso nella giusta prospettiva, occorre premettere, come evidenziato da pregevoli studi di psicologia sociale e di management, che la leadership maschile e quella femminile differiscono sotto molteplici punti di vista”, sottolinea Luppi.

E il valore aggiunto che ciascuna di esse esprime “si apprezza al meglio nell’ambito di una relazione dialettica, in grado di intercettare le differenti sensibilità, consentendo un prezioso ampliamento di orizzonte rispetto al modo di gestire e valutare ogni tipo di questione di volta in volta oggetto di analisi”. La manager ha le idee chiare: “Al di là di quello che si era abituati a pensare, non ci sono materie per natura più adatte di altre ad essere gestite da donne. Né, per converso, le donne entrate negli organi decisionali devono in alcun modo tendere a ricalcare il modello maschile, pena il rischio di ritornare agli stereotipi culturali, senza riuscire a valorizzare davvero la diversità apportata da ciascuno”.

“Penso che, come donne manager, dobbiamo avere il coraggio di affermare un modello di leadership che si differenzi da quello maschile e ci consenta di esprimere al meglio le nostre naturali propensioni e peculiarità. Se penso alla mia storia professionale in azienda, con orgoglio posso affermare di essere stata la prima donna informatrice scientifica del farmaco, la prima donna dirigente, il primo direttore di Business Unit donna … e, da ultimo, il primo presidente e amministratore delegato donna. Oggi – confida – vivo il mio ruolo di amministratore delegato con lo stesso impegno, resilienza, passione e generosità di quando ho iniziato la mia carriera in Msd. Sono orgogliosa di essere riuscita ad arrivare dove sono, semplicemente rimanendo ciò che sono e avrei voluto essere: una donna professionista, appassionata del proprio lavoro e al tempo stesso una madre e moglie presente. Ho due figli, ho voluto fortemente una famiglia e – assicura – non ho mai messo davanti la carriera alla realizzazione della mia vita privata”.

Luppi è convinta che il riconoscimento del valore della donna sia “ancora più importante oggi ai tempi di Covid-19, in quanto è emerso con chiarezza come le donne presentino una migliore attitudine a offrire le risposte giuste alla crisi, in termini di comportamenti e di “resilienza” nelle difficoltà, e nel continuare ad offrire uno sguardo positivo e di speranza. Ritengo che le donne, come dimostrato da un’ampia e consolidata letteratura, siano dotate di un grandioso potenziale e che metterle nelle condizioni di esplicarlo e condividerlo con la società sia una scelta vincente, sulla quale la politica e le aziende devono puntare per generare un ecosistema del valore, in grado di mettere in luce le peculiarità di ogni individuo e premiarne il merito”.

Fare rete tra donne è possibile, anche all’interno di un contesto aziendale. “L’azienda che ho l’onore di guidare si impegna attivamente nel costruire un contesto lavorativo sempre più inclusivo: vantiamo un tasso di occupazione femminile al 59%, con il 50% di donne all’interno del Leadership Team. Il 63% delle promozioni e delle assunzioni ha riguardato le donne e siamo stati tra le prime aziende ad aver risolto il problema del gender pay gap. Abbiamo attivato un programma di Diversity & Inclusion nell’ambito del quale, attraverso il progetto Women’s Network, promuoviamo iniziative volte a incentivare la leadership femminile. Convinti che le pari opportunità non siano una questione di quote, ma un elemento di differenziazione che genera valore”, ricorda Luppi.

“Crediamo fortemente nel valore ispirazionale di donne che abbiano saputo realizzare i loro sogni e, per questo motivo, abbiamo ospitato nella nostra azienda testimonial come Fiona May, Sara Gama, Paola Cortellesi, solo per citarne alcune, per raccontarci le loro storie.
Abbiamo realizzato un Manifesto sulla diversità e l’inclusione e messo le nostre facce per dire “Basta alla violenza sulle Donne”. E abbiamo lanciato un programma – Msd Crowdcaring  – con un capitolo espressamente dedicato a supportare progetti finalizzati a promuovere la parità di genere. È un impegno globale, di tutta l’azienda, ma anche mio personale”, ricorda la manager che, dal 2022, rappresenta Msd Italia come membro di “Valore D”, “la prima associazione di imprese, con più di 280 aziende affiliate, che ‘promuove l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva per la crescita delle aziende e del Paese'”.

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